Uno degli oggetti che ricordo molto volentieri nella casa dove passai l’infanzia, era la stufa tedesca di colore nero posizionata in tinello che scaldava la maggior parte delle stanze. Mamma lasciava a me il compito di caricarla con legna e carbone , per poterlo fare dovevo salire sullo sgabellino e aprire lo sportello nella parte alta. Mi piaceva vedere il fuoco, sentire il calore che emanava, passare le serate vicino a giocare, a parlare tra noi e con i vicini, riscaldarci, sentire il rumore della legna bruciare. La maggior parte delle case erano riscaldate con stufe come la nostra, noi avevamo anche la economica a legna per cucinare e per scaldare l’acqua, sostituita in seguito dal fornello alimentato dalla bombola del gas.
La tedesca restò al suo posto per parecchi anni poi venne rimpiazzata con una a kerosene che, era moderna, ne parlavano bene, ma non dava lo stesso calore affettivo della precedente. Legna, carbone e in seguito le taniche di kerosene abitando all’ultimo piano le depositavamo in solaio, la bombola del gas veniva sostituita ogni volta che terminava. Per l’ acquisto ci si rivolgeva a Dante Marco e Riccardo che avevano un grande deposito poco distante da casa pieno all’inverosimile di legna che tagliavano sul posto, carbone, tutto trasportato a destinazione con motocarri Moto Guzzi . Il maggiore dei tre, Dante, era il capo, parlava poco con tutti fratelli compresi, quando lo incontravo e lo salutavo mi rispondeva con un sorriso, mai una volta con un ciao nè da piccolo, nè da grande, superavano tutti e tre i due metri di altezza ed erano appassionati di basket. Quando consegnava la legna o il gas, Dante diceva a malapena quanto costava, Marco non andava oltre i convenevoli, Riccardo era l’opposto, socievole, parlava, buono, sempre contento, i fratelli ordinavano lui eseguiva . Di fianco al cancello d’ingresso del loro deposito tenevano un cane lupo nero sempre in gabbia e legato, pelo corto lucido, arrabbiato e molto cattivo con tutti poverino, oltrepassato questo ci si trovava in un contesto con montagne di legna e carbone, bombole del gas, taniche di kerosene, macchinari, furgoni, motocarri , era un po’ difficile orientarsi, capire la collocazione delle varie abitazioni e talvolta trovare qualcuno di loro . Quando non si riusciva li si chiamava tramite un campanello posizionato all’esterno di un piccolo ufficio, udibile nonostante i rumori dei macchinari. In una piccola parte del labirinto abitavano i tre fratelli e due anziani zii in pensione che, al contrario dei nipoti erano molto piccoli di statura. Di uno ho pochi ricordi poiché morì che ero ancora piccolo, l’altro si chiamava Vittorio, Vittorino per tutti. Passava spesso a trovarci, si fermava da noi e con tutti i vicini a parlare poiché si allontanava raramente da casa.Aveva un modo molto strano di camminare, avanzava a fatica dondolando, portava sempre camicioni lunghi per coprire una crescita spropositata del sacco dei testicoli dovuta da un’orchite mal curata in giovane età che aveva compromesso una vita normale. Quando ordinavamo legna e carbone venivano tutti e tre i fratelli a portarla, caricavano le ceste sulle spalle e facevano le cinque rampe di scale fino alla soffitta senza parlare, senza sbuffare, quando chiamavamo perché era finita la bombola del gas veniva sempre Dante. Suonava il campanello, andavo ad aprire e mi trovavo davanti questo omone con la bombola appoggiata sulla spalla che si doveva abbassare per entrare, faceva il solito sorriso a me e alla mamma, la sostituiva incassava e se ne andava. Il loro modo di relazionarsi era uguale con tutti gli abitanti del quartiere, c’erano, erano utili per l’approvvigionamento dei materiali che vendevano ma erano quasi invisibili, nessuno ne parlava, frequentavano poco i bar vicini, avevano pochi amici e passavano il loro tempo al lavoro e con le famiglie. Con il passare degli anni, dopo la scomparsa della madre e degli zii ristrutturarono tutto, il villaggetto prese una forma normale, si riuscivano ad individuare meglio le abitazioni. Dante fu il primo a sposarsi con Eugenia amica d’infanzia di mamma che gli diede due figli, Michela e Davide, Marco si sposò più tardi, la moglie molto educata parlava ancora meno del marito, dalla loro relazione nacque una figlia, Riccardo visse con la mamma fino alla sua scomparsa e non si sposò. Tutto procedeva nella normalità fino a quando la sfortuna entrò nella casa di Dante. Il figlio più piccolo Davide, causa un sasso tirato da un compagno mentre stava giocando perse un occhio. Fu un colpo durissimo per la famiglia e per lui condizionato da una menomazione che incise molto nella crescita e nel carattere. Non passò una bella infanzia, crescendo incappò in cattive compagnie che lo portarono in un brutta via da dove, nonostante i tanti aiuti ricevuti dalla famiglia, dagli amici, dagli addetti ai lavori, non riuscì ad uscirne. Con il passare degli anni lo si vide ritornare sempre meno a casa, causa la chiusura dei genitori con gli esterni non si avevano notizie, quando raramente capitava di incontrarlo provavamo tutti un grosso dispiacere perché era rimasto il bravo ragazzo di sempre e sembrava impossibile la sua trasformazione. La madre una donna forte fino a quel punto rimase molto colpita dall’incidente e dal comportamento del figlio, cominciò ad isolarsi, ad uscire sempre meno, non accettava consigli e conforto da nessuno e il suo dispiacere annegò nel fondo del bicchiere e mori’ ancora giovane. L’altra figlia aveva un carattere splendido, il suo lavoro di impiegata in un agenzia di viaggi che svolgeva molto bene la teneva occupata e le dava soddisfazioni, sempre allegra, gentile un cuore veramente grande con tutti, una vita normale nonostante i fatti accaduti ma, la sfortuna era in agguato anche con lei. Cominciò ad andarle tutto storto, perse il lavoro improvvisamente e da quel momento la vita iniziò ad essere con lei troppo dura. Cercò in tutti i modi di contrastare gli eventi, si adattò a fare qualsiasi lavoro pur di mantenere la propria indipendenza, purtroppo nei momenti di sconforto si avvicinò ad un vizio già vissuto in famiglia e i problemi aumentarono. Nel frattempo la maggior parte dei magazzini in passato pieni di legna e carbone si svuotarono, alcuni restarono vuoti altri vennero adibiti a garage e affittati . Quando arrivò la pensione Dante e Marco, stanchi, con poca voglia e poco lavoro chiusero l’attività. Dante, dopo una vita di duro lavoro e grossi dispiaceri si mise a disposizione dei figli per qualsiasi aiuto. Si mantenne in forma praticando sport, cominciò a frequentare le amicizie, era leggermente più socievole e, se ci si fermava a parlare risultava anche simpatico. Marco non ebbe problemi, assistette sereno alla crescita della figlia, al matrimonio e alla gioia di diventare nonno. Di Riccardo non ho notizie, essendo molto più giovane dei fratelli presumo abbia continuato a lavorare, il suo carattere di sicuro avrà senz’altro agevolato una vita tranquilla e serena.