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Il Direttore vendite

Scritto da Massimo Palazzo il 1 febbraio 2013
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Il direttore vendite della multinazionale farmaceutica Ciba Geigy ora Novartis, per la quale ho lavorato e dove ho avuto la fortuna di conoscerlo ed apprezzarlo, si chiamava Paolo Paolini. Nato  ad  Arezzo si era trasferito a Saronno per lavoro e dopo anni nella divisione etica  era passato ai  prodotti da banco. Io passavo spesso davanti a questo colosso e   fantasticavo  quanto sarebbe stato bello  lavorarci fino a quando, un giorno vidi un loro annuncio sul Corriere della Sera . Non avevo mai inviato un curriculum, non so perché quella volta lo preparai e lo inviai, come si usava,  alla loro casella postale.
Venni, contro ogni mia errata previsione, dopo pochi giorni contattato ed invitato a presentarmi in sede per un colloquio, trovai parecchie persone nella sala d’aspetto in attesa di essere ricevute, quando fu il mio turno entrai sereno, discutemmo delle mie  esperienze, degli studi, dei  programmi, a come avrei affrontato il  lavoro qualora fossi stato scelto. Mi richiamarono  dopo pochi giorni, mi fecero altre domande, mi mostrarono  prodotti, materiali, zone di lavoro, risposi ad alcuni test scritti , infine venni informato che dopo questo incontro  ne avrebbero chiamati tre per la scelta definitiva che sarebbe stata del direttore vendite. Ricevetti anche la terza chiamata, quasi non ci credevo, il mio scetticismo su quella  che consideravo una non possibilità aveva fatto strada, ora mi sarei giocato  il sogno di entrare a far parte di una grande multinazionale . Venne il giorno fatidico, ritornai nella stessa sala d’ attesa, di diverso rispetto alle  volte precedenti che era affollata ora eravamo rimasti in tre. Fui il primo ad essere chiamato e dalla parte opposta della scrivania oltre ai  soliti  che mi avevano già colloquiato c’era il Dottor Paolini . Mi salutò  facendomi  una buona impressione, pensai subito  ad una  persona buona , mi fece accomodare, dopo poche domande di normali convenevoli mi disse di restare tranquillo, continuando il colloquio me lo fece notare di nuovo perché vedeva la mia gamba muoversi velocemente. Alla terza volta gli risposi che ero tranquillo, forse continuando a ripeterlo mi sarebbe veramente venuto il nervoso. Non restammo molto a parlare, sapeva già tutto di me, le domande non furono  molto differenti da quelle fatte in precedenza, voleva conoscermi personalmente e sincerarsi di quello che avevano riferito i suoi collaboratori, prima di chiudere  mi fece un’ultima  domanda . Mi chiese perché avrebbe dovuto scegliere me e non le due persone che aspettavano fuori? Gli risposi che non conoscendole non potevo esprimere nessun giudizio o fare confronti, non era nelle mie abitudini, non spettava me dover scegliere, quello che dovevo dire l’avevo detto, scherzosamente gli augurai di fare una buona scelta. Mi salutò sorridendo, mi avrebbero fatto sapere a breve  la loro decisione. Non posso dire di essere uscito soddisfatto da quest’ ultimo incontro, non potevo fare o aggiungere altro, era una questione di fortuna. Era però successo un fatto strano, prima vedevo il colosso da fuori e sognavo, ora lo avevo visto seppur in parte da dentro, essere entrato in quelle stanze, negli uffici, messo il pass sul taschino, avere conosciuto il direttore vendite aveva stimolato la mia fantasia, ero rimasto attratto da tutte queste componenti e il desiderio maggiore sarebbe stato di farne parte, far vedere al Dott Paolini la voglia che avevo di lavorare e di imparare. Passarono pochi giorni e  arrivò la comunicazione definitiva, mi avevano scelto,  avrei ricevuto in seguito ulteriori notizie per il corso di formazione. Baciai la lettera che ancora conservo, il sogno si avverava, aspettai con impazienza l’arrivo del mese di settembre per iniziare, ero felicissimo.
Mi presentai più in forma che mai con il mio miglior vestito, venne a prendermi una segretaria con il pass definitivo con il mio nome che guardai  incantato,  mi accompagnò nello studio del Dott Paolini. Con una semplicità disarmante per il ruolo che occupava mi accolse come un padre accoglie un figlio, mi fece capire di essere entrato in un grosso gruppo, in una grande famiglia, mi spiegò in breve il programma dei giorni seguenti. Parlammo anche del precedente colloquio, aveva visto  in me  voglia di lavorare, di imparare gli era piaciuta la sfrontatezza con la quale lo avevo affrontato. Era sicuro che non lo avrei delusolo diceva con  sincerità lo percepivo, non mi sbagliai io con le mie sensazioni  e non si sbagliò lui. Mi affidò a chi doveva istruirmi per conoscere le dinamiche aziendali augurandomi buon lavoro, rendendosi disponibile per qualsiasi problema. Mi sentii lusingato e accompagnato da un padre affettuoso al primo giorno di scuola. Era fino a quel momento andato tutto perfettamente, ero meravigliato, estasiato, mi sentivo come in  una scenografia e una trama di un film che non si sa da chi  e come fosse stata stabilita. Da quel giorno la mia stima nei suoi confronti non smise mai di crescere, più lo conoscevo e più apprezzavo la sua intelligenza, come usasse la sua dialettica con precisione disarmante, ancora oggi rimane un esempio per la passione e lo scrupolo per il  lavoro, molto di più per la correttezza verso il prossimo, la grande lealtà . Di tutti i direttori con i quali ho lavorato è quello dal quale ho imparato di più, se ho avuto un maestro con il quale ho potuto confrontarmi si tratta proprio di lui. Complice il fatto che io andassi spesso in azienda avevo molte più occasioni di incontrarlo e frequentarlo rispetto ai miei colleghi  è stata una grande fortuna.  Passavo nel suo ufficio perché ero contento di vederlo, vedere la sua faccia simpatica, apprezzare quanto fosse meticoloso, informato su tutto. La sua esperienza scientifica e commerciale era infinita, lo tempestavo di domande per imparare, lui era contento, lo percepivo, mi stimava. Per tutto il periodo che lavorammo insieme per educazione mi diede del lei chiamandomi per nome colorandolo con simpatiche affermazioni toscane .Quando partivamo per le riunione all’ estero lo passavo a prendere a casa, andavamo insieme all’aeroporto, non parlavamo di lavoro,  mi raccontava con delicatezza della sua famiglia, della moglie e la figlia sempre nei suoi pensieri. Era in ogni momento disponibile,  educato e spontaneo, alle riunioni nazionali attendeva l’arrivo di tutti  per dare il benvenuto  ricordando nomi e particolari, nessuno poteva rimanere indifferente a  queste sincere manifestazioni.  Se ci fermavamo  più giorni sceglieva località che nel tempo libero si potessero visitare , rilassarsi, sciare, nuotare.
Quando si raggiungevano i viaggi premio voleva che l’organizzazione si superasse affinché tutto andasse alla perfezione, pretendeva  particolari agevolazioni per far si che tutti potessero portare le mogli e creare cosi un buon affiatamento e una festa. Fu un periodo stupendo, nessuno prendeva in considerazione altre offerte, si stava bene, l ‘azienda era la migliore e poi c’ era lui, una garanzia. Il suo credo era che non ci dovesse mancare  niente e niente mancava, ad ogni riunione  trovavamo un regalo all’arrivo, nei viaggi all’estero quando era prevista  una serata libera, ci consegnava personalmente una busta con i soldi  per pagarci una cena, non sarebbe stato necessario ma lui era un signore. Studiava e preparava le condizioni commerciali in modo semplice, ci presentava  tutte le possibili argomentazioni  utili, le risposte alle obiezioni, le informazioni scientifiche, le strategie e i programmi della concorrenza,  ce le spiegava e ci caricava, quando parlava non volava una mosca l’attenzione era totale. Alla fine riassumeva tutto  in un libro che era considerato  vangelo da studiare, imparare e , come diceva lui modificare a nostro piacere per raggiungere il risultato. Ascoltava sempre i pareri di tutti , non l’ho mai sentito parlar male di nessuno nemmeno della concorrenza, ci ha sempre insegnato ad esaltare i nostri pregi, noi eravamo la Ciba Geigy erano gli altri che si dovevano preoccupare. Inutile dire che per una persona del genere vai alla guerra anche disarmato, io e i colleghi ci sentivamo nel posto migliore, pochi hanno scelto di cambiarlo e si sono amaramente pentiti.
Dopo tanti anni passati meravigliosamente e con ottimi risultati l’azienda decise di cambiare direttore vendite. Fu un fulmine a ciel sereno, non capivamo e non riuscivamo a sopportare di  dover fare a meno della sua presenza, non ci sembrava possibile continuare senza la sua guida, il suo affetto, i suoi consigli. Chi arrivò al suo posto era preparato, portò le sue idee, le sue convinzioni ma non aveva la sua umanità, eravamo abituati bene, i confronti erano inevitabili, qualcosa si ruppe, non fu più lo stesso ambiente. Nel giro di pochi anni la maggior parte  non si riconosceva più nell’azienda, noi  la memoria storica eravamo considerati non più persone con nome e cognome ma sigle e numeri, la nave stava andando alla deriva.
Il risultato negli anni seguenti fu un fuggi fuggi inarrestabile. Il Dott Paolini restò  per un breve periodo libero, quando  mi recavo a Saronno dove lui abitava provavo piacere incontrarlo, parlargli, era molto interessato ai viaggi che facevo voleva gli raccontassi i particolari come quando andai a Gerusalemme e mi diede un foglietto con un desiderio da inserire in una fessura del muro del pianto. Lo vedevo spaesato non era abituato a gestire tanto tempo libero, non lo trovai mai arrabbiato, non portava rancore manteneva sempre intatta la sua classe. Si  ricordarono presto della sua bravura e bontà, venne richiamato alle sue mansioni  e ci restò fino alla pensione per la fortuna della stessa e di tutti i suoi collaboratori.  Lo persi di vista ma avevo sue notizie e gli inviavo tramite amici comuni i saluti quando cambiai città e regione e non lo vidi più .
Un giorno mi avvisarono che era stato chiamato come direttore in cielo, non me lo aspettavo non ci credevo, avevo scartato l’ipotesi, ero impreparato, ci restai malissimo, per tanti, tanti giorni non pensai ad altro. Mi resi immediatamente conto di aver fatto un errore madornale, non c’era più tempo per riparare e mi addolorava molto, me ne pentirò finche vivrò per non averlo più cercato, sono stato stupido, egoista, maleducato, non riesco a capire e non lo capirò mai come possa aver avuto un comportamento del genere, non è nel mio dna, non mi sono riconosciuto. Era tardi, l’avevo combinata grossa, non  potevo esimermi dal  cercare il numero di telefono e  chiamare la moglie. Mi ha risposto una donna serena, gentile e disponibile, si è ricordata di me, ne abbiamo parlato, io con grande fatica, lei con grande dolcezza e serenità. Mi è venuto in mente quello che confidenzialmente mi diceva il Dottore, a casa ad aspettarlo c’era una grande donna, aveva ragione.
La telefonata ha aumentato a dismisura il dispiacere, mi ha dato enorme tristezza aver avuto una tale mancanza di rispetto, educazione e gratitudine nei confronti di un  uomo come lui. Nei giorni seguenti ho pensato ai momenti passati insieme, alle sue battute toscane, al suo buffo modo di ridere. In una piccola chiesetta vicino a casa ho acceso candele e detto preghiere, dicono che i primi tempi che l’anima lascia il corpo ne ha bisogno, spero di averlo aiutato.
Ovunque sia andato gli auguro di essere felice. Con sincero affetto e stima.