Nel panorama artistico del XVII secolo in Olanda i quadri del pittore De Witte sono in mostra in questo periodo alle scuderie del Quirinale insieme con altri cinquanta e più famosi dipinti, in Italia poco conosciuti , di maestri olandesi del ‘600. Vissuto a Delft, contemporaneo di Johannes Vermeer, come il più conosciuto suo conterraneo, De Witte usa la luce quasi sempre proveniente da un’unica fonte per illuminare gli interni che dipinge. Un quadro, purtroppo non in mostra, “Interno con donna alla spinetta” conservato al museum Boijmans van Beuningen di Rotterdam ha ispirato il libro “Le ore del silenzio “ prima opera della scrittrice Gaelle Josse che si è soffermata sulla figura della donna di spalle immaginandone vicende e segreti in forma autobiografica.
Il quadro rappresentato sulla copertina del libro cattura e suggestiona per l’aria di quiete e di silenzio che vi si respira. Le stanze, in fuga prospettica, ricche di particolari sono inondate dalla luce filtrata dalle tende che lascia in penombra gli oggetti su cui la luce gioca e che disegna sui pavimenti riquadri geometrici fusi con i riflessi delle finestre. Il suono della spinetta non riesce a rompere l’atmosfera incantata e silenziosa della casa che avvolge di mistero la figura femminile parzialmente visibile nello specchio. Probabilmente De Witte aveva in mente il quadro “Lezione di musica” del suo contemporaneo più famoso e vissuto a Delft Johannes Vermeer. Nel quadro, che quest’ultimo aveva realizzato tempo prima (1662),appartenente alla collezione privata di Buckingham Palace di Londra ,non in mostra alle scuderie del Quirinale, si ritrovano gli stessi elementi: la donna di spalle riflessa nello specchio, i riquadri del pavimento e la brocca quasi trasparente. La scritta sulla spinetta “ La musica è compagna della gioia e balsamo per il dolore” sembra esser stata scritta per la figura femminile rappresentata da De Witte: la donna dal volto nascosto che cela i suoi tormenti d’amore e le sue ansie affidandole al sollievo che la musica è capace di offrire.
La scrittrice Gaelle Josse presenta la sua protagonista Magdalena van Beyeren come una donna cui la solitudine è cara, pronta a confessare la sua storia a un diario per mettere ordine nel suo cuore e ridare un po’ di pace alla sua anima. E’ suo il desiderio di essere ritratta di spalle davanti alla spinetta che rappresenta la sua memoria e la sua voce. Emanuel De Witte paragonato a Vermeer , elogiato come un grande talento dalla stessa protagonista, non ha fatto caso all’ iscrizione in latino incisa sul coperchio della spinetta “Musica laetitiae comes medicina dolorum” ma l’omissione dell’artista non cancella il compito affidato alla musica che consola quando è possibile ed è compagna nella gioia e nel dolore. La storia è breve ; le pagine del piccolo diario vanno dal 12 novembre al 16 dicembre 1667. In una delle pagine in cui si fa cenno alla pittura di Vermeer e al suo modo di dipingere, Magdalena scrive :”Ma la vita è così, nasconde una quantità di porte segrete di cui non si sospetta neppure l’esistenza fin tanto che qualcuno non venga a bussarvi. Scopriamo allora un volto sorprendente che a malapena accettiamo come il nostro, tanto differisce da quello che mostriamo di solito, e al quale ognuno è abituato”.
La penombra della stanza e il segreto d’amore della donna, rivelato nel diario,fondendosi ,creano il fascino del quadro in cui come spettatori ci addentriamo in punta di piedi per non turbare l’aura misteriosa che ne emana. Tema ricorrente tra i pittori olandesi del xvii secolo è la rappresentazione di strumenti musicali e di concerti o musiciste. Tali scene sviluppano il linguaggio metaforico dell’amore come dimostra la tecnica del quadro nel quadro presente nei dipinti esposti al quirinale. Sia“la mezzana”, dipinto da Dirk van Baburen di proprietà della suocera di Vermeer, che l’amorino, figure entrambe presenti nei quadri di Vermeer , forniscono la chiave di lettura di due dipinti rappresentanti due giovani donne al virginale o spinetta: la riflessione sull’amore puro rivolto ad una sola persona in contrasto con l’amore profano o sensuale infatti, i due dipinti di Vermeer differiscono di poco nel soggetto e nel tema: le due giovani donne ,una in piedi e l’altra seduta appartenenti a una collezione privata di new york e alla National Gallery di Londra sono state eseguite da Vermeer negli ultimi anni di vita(1670-1675) al visitatore forse interessano le notizie documentarie , al contrario l’osservatore non può che essere coinvolto dall’atmosfera così rarefatta, evocante non il suono delle note ma il silenzio che emana dai quadri. Le donne guardano verso lo spettatore ma i loro volti non comunicano una particolare emozione. E’ la luce cristallina che crea, insieme con il colore, i riflessi e le trasparenze, che trasformano questi spazi intimi in pitture dense di poesia, ristoro per gli occhi di chi guarda e vive in una società talvolta debordante di immagini violente e volgari. E’ anche vero che nelle opere della maturità del maestro olandese la luce, meno soffusa che nei quadri degli anni sessanta , delinea nettamente i bordi degli oggetti e pervade i dipinti di un’eleganza raffinata, anche se fredda e decorativa , ma ciò non impedisce di goderne e di rimanerne avvinti, sbalorditi dalla trasfigurazione che avviene. In fondo sono scene di vita quotidiana di una ricca borghesia mercantile ambientate in interni più o meno lussuosi ma resi così intensi da raccontarci molto più. Lo sguardo è catturato dalle spinette uguali con decorazioni marmorizzate e coperchi in cui sono raffigurate scene diverse di paesaggio . Nonostante il carattere apparentemente realistico, i paesaggi riflettono gli stati d’animo dell’artista che si esprime o in toni delicati o in colori luminosi, in particolare l’azzurro per cui il pittore usava i costosi pigmenti ottenuti dal lapislazzulo. Al di là della rappresentazione esatta c’è qualcos’altro: una visione. E’ forse per cercare questa esile traccia che Marcel Proust uscì per l’ultima volta dal suo appartamento parigino nel 1921 per recarsi a una mostra dove erano esposti tre Vermeer, citato nella Recherche, fra cui “la Veduta di Delft” che Proust considera uno dei quadri più belli del mondo.
Nel 1866 da un esperto d’arte suo estimatore, ThéophileThoré- Burger, Vermeer veniva definito la “sfinge di delft” forse perché la sua grandezza si rivela in soggetti che per altri artisti potrebbero essere di maniera o secondari o anche a causa della carenza di dati biografici . In verità per un ammiratore dei suoi quadri la definizione giusta sarebbe “ il pittore della quiete”.
L’itinerario , iniziato con una domanda, lascia aperti molti interrogativi . Chi, spinto da curiosità intellettuale, desidera approfondire e scoprire i segreti della pittura olandese del Seicento, troverà le risposte alle scuderie del Quirinale.