Il terzo fratello di nonna Angela era Aldo , bravo e discreta persona come tutti i componenti della famiglia Belli. Ultimo dei fratelli rispetto ai quali si era completamente disinteressato della carriera, non perchè non ne avesse le capacità ma, per avere più tempo per i suoi sport preferiti. Il principale era lo sci, camminava in montagna, nuotava, andava in bicicletta, fumava le nazionali senza filtro al ritmo di minimo due pacchetti al giorno, passatempi che grazie ad un fisico forte praticò fino agli ultimi giorni di vita. Una delle sue più grandi soddisfazioni fu quando da giovane, curioso di vedere Roma, partì da Varese con la bicicletta nera con i freni a bacchetta senza cambio e andò a visitarla, non contento ci ritornò una seconda volta. Sposato con Gina, una donna piccola e fragile che lo accompagnava con infinita pazienza in ogni luogo e lo aspettava, casalinga completamente a lui dedicata, non praticava sport, non ebbero figli.
Aldo lavorò fino alla pensione per la ditta Aermacchi di Varese fabbrica che costruiva aerei, non avevano come coppia se non per le trasferte e per le sue frequentazioni sportive particolari esigenze, vissero in totale accordo e amore fino alla morte di lei che lo lasciò solo poco prima della pensione. Non era il tipo d’uomo che lasciava trasparire particolari emozioni perchè parlava poco, oltre che alla moglie, era affezionato alla sorella, mia nonna che passava spesso a trovare. Se non fosse stato per lei non l’avremmo mai visto preso com’era a organizzare le sue trasferte. Quando era per casa la maggior parte del tempo lo passava in giardino a fumare, fumava e pensava, accendeva a ripetizione anche tre sigarette di seguito poi rientrava in casa seguiva la nonna indaffarata nei suoi lavori poi ritornava sotto il pino e ricominciava a fumare, se arrivava il buio si faceva fatica a vederlo perché era sempre abbronzatissimo.
Con il passare degli anni le sue abitudini non cambiarono, da pensionato durante il periodo estivo usufruiva di un circolo privato in riva al lago di Varese riservato ai lavoratori della fabbrica per la quale aveva lavorato. Quando andai a trovarlo mi mostrò la piccola imbarcazione a motore che possedeva. Mi portò a fare un giro, arrivati in mezzo al lago si tuffò poi si avvicinò a me disteso a pelo d’acqua nello stile del morto invitandomi a godere del fresco e del paesaggio. Non essendo mai stato io un buon nuotatore e considerando la brutta fama di tale lago feci presente che se fosse successo qualcosa avrei fatto fatica ad aiutarlo, ridendo continuò imperterrito a divertirsi. Quando morì sua sorella incassò male il colpo, era sempre stata il suo punto di riferimento, la sua seconda mamma e questo dolore lo avvertì molto, veniva lo stesso a trovarci ma era diventato ancora più silenzioso. Intanto gli ottanta erano passati, era diventato un po’ sordo, quando partiva con la sua Fiat 127 se ne accorgevano tutti per via delle accelerate degne di una formula uno. Nonostante l’età continuava a frequentare la montagna in estate e in inverno fintanto che, i medici cominciarono a sconsigliarlo ad andare a sciare con la consueta costanza poiché, se si fosse rotto qualcosa sarebbe stato un problema per la guarigione e per il fatto che viveva solo. Non la prese molto bene, disquisiva spesso con noi di questo quasi a cercare sostegno per le sue teorie, per fortuna prevalse fino ad un certo punto la ragione perchè secondo lui il fisico era ancora in grado di sostenerlo. Eliminò lo sci, intensificò le camminate in montagna, e l’uso della bicicletta nonostante avesse sempre in bocca quelle puzzolenti sigarette. Alle visite mediche per il rinnovo della patente lo trovarono sempre in forma e lui continuò a guidare. All’improvviso arrivò il crollo che lo rese immediatamente non autosufficiente. Lo portammo in un albergo sul lago trasformato in casa di riposo per persone con questo genere di patologie e passavamo più volte al giorno a controllare la situazione. I momenti di lucidità erano sempre meno, ne combinò di tutti i colori ma per sua fortuna il calvario durò solo una settimana poi partì per un viaggio senza ritorno e smise di soffrire. Francamente fu un bene perché era un’enorme tristezza vederlo ridotto cosi.