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I dolci della memoria

Scritto da Alfredo Zavanone il 1 agosto 2012
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Alcuni dolci caserecci di antica tradizione non sono mai stati pubblicati e da secoli si tramandano per via orale di madre in figlia, arricchendosi via via di nuovi particolari che ogni massaia apporta grazie al proprio ingegno e fantasia. In questo modo si crea una sempre nuova influenza culturale nella cucina quotidiana che con queste antiche prelibatezze ci ricordano le giornate della nonna e delle corti nobiliari.

LA TORTA DEL LATTE
Uno dei più popolari è la “Torta del latte” ancora oggi presente in molti Paesi del Monferrato e delle Langhe, dove alcune usanze si ripetono in concomitanza con il calendario liturgico. Durante la Quaresima e a novembre, per i Santi e l’estate di San Martino (11 novembre) si prepara questo dolce che segna l’inizio del lavoro nei campi e del nuovo anno agricolo e la procedura è molto semplice: 2 litri di latte bollito e 1 kg di pane raffermo(più è secco e meglio si “sposa” al latte). In passato si usava latte appena munto mentre oggi la macerazione del pane avviene nel latte caldo per un tempo molto breve, poi si aggiungono alcuni cucchiai di zucchero, 50 grammi di polvere di cioccolato(oggi si ripiega su quello al latte) e 2 tuorli d’uovo, mescolando il tutto. L’impasto viene poi sistemato in un tegame, messo in forno e fatto cuocere per 50 minuti. Per ottenere una crosta dolce si aggiunge zucchero vanigliato ed il raffreddamento deve avvenire all’interno del forno da cucina. Servire tiepido, ma anche raffreddato è ottimo, ed il costo degli ingredienti è di 3 euro al massimo per un dolce per 6/8 persone.

LA TIRA’
Dopo anni, nel Comune di Mirabello Monferrato, le autorità locali hanno sentito il dovere di proteggere un semplice dolce locale: la Tirà. Quando il pane, per ragioni di costo, veniva preparato in casa una volta alla settimana, era tradizione usare l’impasto del pane(farina, acqua, lievito) per creare una focaccia di 30 cm, “tirando” con l’uso del mattarello la sfoglia per ridurre lo spessore, e da questa semplice operazione è derivato il nome popolare di “Tirà”(sfoglia tirata). Ricoperta da un po’ di zucchero, veniva infornata e cotta con il pane ed era poi il dolce per i ragazzi o nipotini. Oggi è un dolce assai apprezzato, viene confezionato da alcune pasticcerie con marchio di tutela De. Co.

IL BISCIONE LONGOBARDO
Questo dolce viene confezionato e cotto nel forno di casa e nella Lomellina(Pavia) fare il “bison” (nome dialettale) è una tradizione in concomitanza con le ricorrenze locali, costa pochi euro e soddisfa a fine pasto i commensali. Farina bianca e 4 uova per un kg di farina, impastare con acqua tiepida, aggiungere zucchero, 50 grammi di uva sultanina ed una stecca di cioccolata ben tritata. All’impasto aggiungere lievito in bustina e collocare il tutto in una casseruola da forno, dandole la forma di una “esse” spargendo sopra zucchero a velo per ottenere una crosta dolce. Con alcuni pezzetti di cioccolata simulare gli occhi e la bocca del “biscione” e mettere in forno a 60/70 gradi per un’ora. Fatto raffreddare all’interno del forno va servito freddo, dura diversi giorni, è ottimo se servito con un buon bicchiere di moscato ed è adatto con i vini dolci.
Il costo non supera i 5 euro per un “biscione” di oltre un kg ed ogni massaia, quando prepara l’impasto, spesso aggiunge l’uva sultanina, frutta candita e cioccolato amaro tritato e come dolce risale all’epoca asburgica(1700) sotto la corte di Maria Teresa d’Austria, la donna che fece grande Milano grazie alle sue riforme(ancora valide dopo 250 anni) ed aveva al proprio servizio un bravo fornaio/pasticciere ed un’inserviente originaria della Lomellina che preparava pane, dolci e biscotti di vario tipo oltre al “biscione” apprezzato da tutti.
Maria Teresa era l’illuminata Duchessa di Milano che ha donato alla città alcuni importantissimi monumenti fra i quali il Teatro alla Scala, la Pinacoteca di Brera, la Biblioteca Braidense, Palazzo Reale e la Madonnina) e con i suoi tanti figli(16) conduceva una vita domestica molto semplice: ai suoi amici, ospiti e sudditi offriva sempre i prodotti che provenivano dal forno di corte, e tutti apprezzavano la sua generosità.
Lo stemma del “biscione” si ritrova ancora oggi sulle facciate degli storici castelli della pianura risicola del Pavese.