www.faronotizie.it - Anno XIX - n. 216 - Aprile

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Cento anni fa, il 25 gennaio 1912, una dama illustre dell’alta borghesia italiana dell’800, entrava nel Convento delle Carmelitane di Paray-le-Monial a Parigi col nome di Suor Maria di Gesù: era la marchesa Alessandra di Rudinì vedova Carlotti, 36 anni di età, madre di due figli rispettivamente di 16 e 15 anni, ex amante di Gabriele D’Annunzio per tre anni.Quando molti anni fa lessi la sua biografia Tre abiti bianchi per  Alessandra, la Marchesa Carlotti nata di Rudinì, di Lucy Napoli Prario – Arnaldo Mondadori Editore-1957, V edizione, rimasi molto impressionato dalle vicende umane e soprannaturali di quella donna. Apprezzai anche il titolo, perchè i tre avvenimenti, cioè la Prima Comunione (maggio 1887), il matrimonio (ottobre 1894) e l’entrata nel monastero, cioè la vestizione (gennaio 1912), corrispondenti ai tre abiti bianchi, segnano la vita di Alessandra. Direi che scandiscono tre tempi o tre atti di un dramma che potrebbe essere anche letterario, tanto esso è originale e complesso.

Il primo abito bianco….o I° tempo
Era nata il 5 ottobre 1876 a Napoli da Antonio Starabba, latifondista siciliano e uomo politico, due volte Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia e da Maria Barral, di nobile casato francese, donna mite e religiosa, ma di salute malferma tanto che sarà ricoverata in clinica per un certo tempo e morirà nel 1896. Si erano sposati  nel 1864 e avevano avuto due figli, Carlo, e Alessandra. Non è superfluo dire qui  che la famiglia Rudinì è espressione fedele di quell’800 aristocratico e liberale che dominava la scena economica e politica del tempo e che viveva nell’abbondanza di beni e di denaro. Alessandra respirerà quest’aria di sufficienza e indipendenza, protetta anche dal prestigio e dall’autorevolezza del padre, che gestisce il latifondo e il potere politico con abilità e con successo.E’ anche una splendida ragazza. Oltre la prestanza fisica -a sedici anni misura 1,82 in altezza- è evidente in lei la intelligenza e la sicurezza di sé. Del padre avrà anche quel non so che di spregiudicatezza e di arroganza, mentre dalla madre erediterà non poco di bontà, di delicatezza, di riflessività e di religiosità.

Prima Comunione
A Roma, nel collegio del Sacro Cuore di Trinità dei Monti, riceve la Prima Comunione, nel maggio 1887, e nello stesso giorno anche la Cresima. A questo giorno Alessandra si è preparata con entusiasmo: ha 11 anni. E’ esuberante e trasgressiva: per una delle sue trasgressioni – ha versato inchiostro nell’acquasantiera della cappella  producendo l’immaginabile scompiglio- viene espulsa dal collegio. Ma quel giorno del suo primo abito bianco resterà un richiamo significativo, una memoria che per un certo tempo sarà anche tacitata, ma non sarà mai disprezzata o rifiutata. Ricorderà che quel giorno, mentre pregava, si era sentita come in una nuova dimensione di coscienza e di esperienza…e che aveva avuto la visione di una porta sulla quale era scritto Nulla, Nulla, Nulla, si tre volte Nulla. Passerà per proseguire gli studi, nel Collegio “SS. Annunziata” a Poggio Imperiale a Firenze. E’ un collegio tenuto da laici, quindi più tollerante e meglio rispondente al desiderio del padre, il quale non è credente, anzi è ateo e anticlericale. Per Alessandra è il tempo più difficile della vita, perchè coincide con l’età della crescita e della crisi morale. Non potrà evitare il confronto tra fede e ragione, tra cultura positivistica e cultura cattolica.  Fresca ancora della educazione cattolica ricevuta, vivrà momenti di sincera preghiera e si dibatterà nel difendere la sua fede…mail nuovo indirizzo educativo, la nuova cultura, il nuovo contesto psicologico…la renderanno…senza fede. Tra l’altro, ha avuto effetto deleterio nella sua coscienza la lettura della Vita di Gesù di Ernest Renan (1826-1892), esegeta e storico anticattolico francese. In merito scriverà: “Il giorno che mi fu dato a leggere quel libro nefasto fu uno dei più tristi della mia vita. Sentii allora che la vita perdeva la sua unica ragione di essere, e piansi amaramente”. E così per Alessandra comincia l’avventura spirituale e morale. Per le donne della sua condizione sociale il copione è già scritto: in genere una vita tra parassitaria ed edonistica, con una fede di facciata o esplicitamente abbandonata. Ma per Alessandra all’interno di questo comun denominatore ci sarà un fattore misterioso che turberà lo stato di omologazione sociale e la richiamerà a muoversi secondo ispirazioni e aspirazioni sul momento non intelligibili.

Il secondo abito bianco….II    tempo
Papà Antonio è orgoglioso di quella figlia bella e intelligente che ora ha 17 anni, perciò in grado di aprirsi all’alta società e ai salotti. Anche alle corti europee. Difatti ecco l’opportunità di un viaggio per l’Europa insieme al papà uomo di governo. A Pietroburgo, fra un valzer e un altro, Alessandra suscita la simpatia del granduca Sergio, che la chiede in sposa. Lei rifiuta, nonostante l’insistenza del padre…perchè, tra l’altro, non intende abbandonare la fede cattolica…lei che ora si dichiara non credente… Al ritorno, a Firenze, in un casuale incontro, conosce il marchese Marcello Carlotti da Garda. Si fidanzano e si sposano nell’ottobre 1894: lei ha 18 anni, lui 27. segue un lungo viaggio di nozze per l’Europa, quindi la stabile dimora di una villa sul Garda, le giornate spensierate di Alessandra con le cavalcate nei boschi, gli incontri di salotto, le prime alla Scala…poi la nascita del primo figlio, Antonio, nel 1896, e del secondo, Andrea, un anno e pochi mesi dopo. Ma…Marcello è ammalato. Si tratta di una grave malattia polmonare. Con un po’ di lettura retrospettiva degli avvenimenti…ci si accorge che i segni di questa malattia cominciavano a manifestarsi già al tempo del matrimonio: quella certa stanchezza e assenza alle quali faceva riscontro l’esuberanza e la vivacità di Alessandra . Ma si erano accettati. Avevano dato prova di intelligente benevolenza reciproca…fra speranze e brutti presentimenti. Ora Alessandra non si arrende alle difficoltà, ma è consapevole della dura prova nella quale è costretta a stare. Un giorno si sorprende a pregare, ma non sa quale Dio ….Durante una cavalcata nel bosco, in una chiesetta s’inginocchia davanti al crocifisso e implora Signore! Signore! Sa bene che Marcello è ateo, ma non le va che muoia così, senza sacramenti. Avverte richiami verso la fede abbandonata, chiede consiglio e aiuto anche a un prete, amico di famiglia, mons. Francesco Serenelli, il quale troverà il tempo per arrivare  in casa e il modo per conversare anche con Marcello. Ma le cose precipitano verso la catastrofe. La malattia di Marcello è irreversibile, è per la morte, di fronte alla quale Marcello è coscientemente senza speranza cristiana. Marcello è un materialista convinto. Da molti pensatori e scrittori ha attinto sufficienti motivazioni culturali. Un giorno dice alla moglie:”Sento che non vivrò più a lungo e poiché è mia convinzione che tutto abbia fine con noi, ti confesso che mi è altrettanto penoso che presto tutto sarà come se non fossi mai esistito. Mai più saremo insieme, mai più godrò della tua bellezza. Oh Sandra! Perchè la nostra vita deve finire così? “Dai suoi studi gli torna in mente la poesia Ad Postumum di Orazio (Ode XIV) e la recita, poi, rivolto alla moglie, che dolcemente cerca di interromperlo, dice: “Mio padre morì mentre diceva questi versi:

Eheu fugaces, Postume, Postume,
labuntur anni…..
Liquenda tellus et domus et placens
uxor”

(Ahimè, o Postumo, o Postumo, gli anni rapidi precipitano… bisogna lasciare la terra, la casa e la dolce moglie).
La mattina del 29 aprile 1900 Marcello spira mentre tende la mano sulla coperta , nel vuoto, invocando ancora “Sandra! Il matrimonio è durato 5 anni. Ora la marchesa Alessandra di Tudini è anche la vedova Carlotti: che ha 24 anni, è madre di due figli, è sola ed è libera di ritagliarsi una vita su misura. L’agiatezza economica le consente di muoversi a discrezione  e a piacimento nelle scelte e nella scelta di vita. Riguardo alla fede permane la conflittualità  insieme a un desiderio che qualcosa accada, qualcosa che modifichi lo stato attuale. Il fatto che ora non possa  fare a meno di esprimersi anche in preghiera  è sintomatico: vuol dire che la trascendenza o il soprannaturale  s’impone come una categoria  di pensiero ineliminabile, irriducibile.

Intermezzo
E’ in questo tempo, precisamente nell’inverno del 1900, dopo una permanenza a Roma dal padre e dal fratello, che accade qualcosa dai risvolti misteriosi. Decide di andare in Spagna in carrozza passando per la Francia. A Pou deve interrompere il viaggio perchè il cavallo è sfinito . Raggiunge S. Sebastiano in Spagna con un altro mezzo e qui incontra miss Evelyn, una ricchissima donna inglese, conosciuta a Pietroburgo, che è lì col suo panfilo, a diporto, e che le propone di raggiungere con lei per mare Casablanca in Marocco. Alessandra accetta e, là giunti , intraprendono una spedizione all’interno del territorio, con tanto di cammelli, cammellieri, guide, tende, utensili e provviste: una vera carovana per un’avventura che, però, a un certo punto s’interrompe, perchè le due donne s’accorgono che c’è il tentativo da parte degli arabi, di impadronirsi del carico e di abbandonare a se stesse le donne. Le quali, pistole alla mano, reagiscono prontamente e riescono a vanificare il tentativo e a normalizzare tutto. Dopo di che accade il fatto che Alessandra  non potrà dimenticare. Costretta a sostare in un paesino  per  alcuni giorni per una improvvisa febbre di Evelyn, una sera una delle due guide rimaste fedeli, Hassan, musulmano, le disse che l’aveva vista la sera precedente fuori dell’abitato, sola, mentre pregava, quindi le proponeva di andare a parlare col marabutto, il quale le avrebbe parlato del profeta e di Dio, e ciò avrebbe dato pace alla sua coscienza. Alessandra capì subito che Hassan si riferiva a quel che realmente era accaduto: lei si era appartata fuori dell’abitato e aveva pregato con queste parole: “Io ti chiedo il dono di credere in te, o Dio, secondo i dogmi della tua Chiesa, di credere nella divinità di Gesù Cristo, alla sua Incarnazione nel seno  di una Vergine, alla sua presenza reale nell’Eucaristia e nella SS Trinità: Voglio credere! Desidero credere!…”Alessandra accettò di andare dal marabutto. Il quale  le disse: “Signora, tu sei italiana, sei giovane, hai perduto tuo marito. Tu cerchi. Che cerchi ora? c’è molto frastuono nella tua anima, frastuono. Non l’ascoltare, non l’ascoltare, perderesti il tuo tempo…Ma perchè sei venuta? Tu cerchi Dio…bene. Tutti gli uomini cercano Dio. Ogni uomo che in un certo qual modo si eleva, raggiunta questa elevazione, cerca Dio. Ma se tu non riesci a credere nel tuo Dio, come puoi credere in un altro Dio, più lontano dalla tua comprensione, dalla tua sensibilità, dal tuo spirito? Tu hai molta immaginazione, Signora. Qui sta il male.  Perche tu vuoi cambiare religione? Per ognuno va bene la propria religione. Resta dunque nella tua religione, che è la migliore per te. Egli (Cristo) ha detto: “Donna, credimi, viene l’ora nella quale voi adorerete il padre né su questa montagna, né in Gerusalemme. Si avvicina l’ora, ed essa è già venuta, nella quale i veri adoratori  adoreranno il Padre nello spirito e nella verità, perchè è questi adoratori che il Padre vuole. Hai tu pensato mai che, in definitiva, il tuo Dio è in te, ed è in te che devi cercarlo? Sì …tu vuoi sapere…sapere…Bene. Tu avrai tutto: splendore, ricchezze, amore, e…sofferenza, povertà….freddo…tu avrai freddo….una montagna molto alta…tutta bianca. Bianca…”. Così le aveva parlato il marabutto, una figura ascetica, quasi atemporale, ora guardandola in faccia, ora astraendosi quasi in trance, seguendo i suoi pensieri. Alessandra si trovò fuori, nella luce, come in fuga da una esperienza di forte intensità emotiva. Come interpretare quelle parole? Cosa attendere?

L’avventura dannunziana
L’avventura dannunziana inizia col primo incontro, quasi casuale nel foyer di un teatro romano, nella primavera del 1903, quindi con l’effettiva convivenza nel febbraio del 1904 – un anno di corteggiamento – e finirà nel gennaio del 1907; durerà 3 anni. Gabriele è il poeta D’Annunzio, molto trasgressivo anche nella sua vita privata. Alessandra è la marchesa di Rudinì, estrosa e ribelle. Sono due figure straordinarie. Sembrano, ma non lo sono, attori che recitano, agiscono, e subiscono: nella loro umanità, variamente sensibile e contraddittoria, consumano il dramma che li vede vincitori  e vinti. l’amante-poeta chiamerà Nike (Vittoria) Alessandra per la sua classica bellezza. Alessandra ha varcato il cancello della Capponcina, la assai nota villa del poeta , una sera di febbraio, dopo una decisione rapida e netta, rompendo ogni indugio e gettandosi alle spalle ogni problematica morale e convenzionale. Ha voluto dare a se stessa e agli altri una prova di orgoglio, dimostrando così di  non lasciarsi condizionare da censure provenienti da se stessa, dalla famiglia e dalla società. Si è assunta la responsabilità del gesto e delle conseguenze. Alla Capponcina si esprimerà e si imporrà in atteggiamenti e atti chiaramente dimostrativi della sicurezza di sé e della padronanza della situazione. Sarà la brillante nuova donna  dell’intraprendente poeta. Sarà in tutto rispondente , per intelligenza e per raffinatezza, a quel che la nuova condizione esigerà. Avrà tempo e modo per esibirsi in sfarzo e mondanità. Insomma…il copione corrisponde al personaggio….

Anche qui giorni di sofferenza
Ma…la vita non è un copione già scritto per essere recitato. C’è per  Alessandra  anche il non previsto: si preparano giorni nei quali si constata la fragilità delle nostre difese e l’irrompere violento nella vita di quel che non si vuole: ci saranno i giorni della malattia, del dolore, della caduta degli idoli. Ci sarà la sorpresa di avere un male all’utero e di doversi sottoporre a intervento chirurgico. Temerà di morire. La morte!? E’ una realtà che ha vissuto nel marito. E’ un tema sul quale la distrazione ha scarsa presa. La fede, benchè  tacitata intimamente, si ripresenta e la spinge a chiedere i sacramenti. Che, ovviamente, le saranno negati per la convivenza irregolare col poeta: lei ne soffre. L’intervento chirurgico avviene il 29 maggio 1905. E’ alla Capponcina da appena 15 mesi. Pochi giorni dopo sarà necessario un secondo intervento. Seguiranno giorni parzialmente sereni, ma l’incantesimo è rotto. Conversando descriverà al poeta questo tempo con i noti due versi di Lucrezio:

….medio de fonte leporum
surgit amari aliquid, quod in ipsis floribus angit
(in mezzo alle dolcezze nasce qualcosa di amaro che rattrista fra gli stessi fiori).

Constatazione  e quasi presentimento …perchè improvvisamente si presentano gravi complicazioni per la sua salute. E’ necessario un terzo intervento, questa volta più difficile e pericoloso. Ci sarà un medicinale unico, straordinario, la strofantina, che, iniettato nel corpo di Alessandra, la riconsegnerà alla vita. Le sofferenze sono state forti e molte. Si è dovuto ricorrere alla morfina. Di essa Alessandra porterà qualche effetto. Ma non sarà morfinomane. Ancora altri giorni accettabili, a Marina di Pisa tra la pineta e il mare, nell’estate e nel primo inverno del 1906…Nel gennaio del 1907 Alessandra ritiene che sia giunto il tempo di mettere la parola “fine” alla sua avventura, anche se ancora questa parola non la pronunzia. Questa volta varca il cancello della Capponcina, in uscita, verso la stazione di Firenze in direzione di Roma. Sarà la fine. E anche un inizio di qualcos’altro. Perchè, nella nuova condizione psicologica, si farà più pressante il desiderio di una direzione definitiva, e vorrà rendersi conto più esattamente  di certe spinte, ora più frequenti, verso la fede praticamente abbandonata. Ma si sentirà più coinvolta nella verifica di una spinta  che da tempo non le concede sosta, quella verso la vita religiosa carmelitana, nella quale vede la compiutezza della sua esistenza. E’ un ideale che non l’ha abbandonata neanche nella incoerenza morale della sua condotta: finanche alla Capponcina, un giorno, tra la sorpresa dei presenti, aveva detto: mi farò monaca carmelitana! Lo scrittore cattolico Francois Mauriac (1885-1970) Nobel per la letteratura 1952, scrivendo di S. Margherita da Cortona , dice “Ella fece molto male, e lo fece in presenza di Qualcuno che già l’aveva scelta, l’aveva marcata del suo segno”. E’ certo che Alessandra non è uno spirito bizzarro, che ama baloccarsi fra le contraddizioni. E’, invece, una creatura di alto potenziale intellettivo e morale che cerca la sua realizzazione non in uno schema ordinario di verità  ma in uno schema superiore  di una verità che sente come esigenza e come chiamata senza averne ancora chiarezza: è la vita di fede… e di monaca carmelitana, alla quale arriverà e nella quale si realizzerà. Ma per descriverla bisogna ricorrere alle categorie teologiche dell’ascetica e della mistica.

Il terzo abito bianco….o III° Tempo
Con la parola ascetica s’intende, nella accezione elementare del termine, quel progetto di perfezione che la persona tende a realizzare nella sua vita mediante un serio impegno, che comprende anche fatica e sacrifici. Con la parola mistica s’intende quella esperienza particolare o sensibile di Dio nell’atto del suo comunicarsi alla creatura umana, in vari modi e con vari effetti. Come è evidente, siamo in tema religioso, anzi di fede, e di fede cattolica. E si tratta anche di due concetti che ben si addicono alla personalità di Alessandra: sono due concretezze, due dinamiche morali e soprannaturali che pervadono la sua vita secondo varie modulazioni.

Un rilievo confidenziale
So bene che nei confronti della santità non c’è un atteggiamento univoco in campo laico. So anche che c’è una consistente corrente letteraria e filosofica che rifiuta  l’ascetica cristiana, anzi talvolta la irride, la ritiene antiumana….e riguardo alla mistica la diffidenza è pregiudiziale…. Vorrei quindi far notare che questo terzo tempo della vita di Alessandra è inavvicinabile senza la seria accettazione dei due termini. Mi viene in mente Dante, quando nel Secondo Canto del Paradiso avvisa i lettori a rendersi conto del nuovo argomento – la fede e la teologia – e invita a seguirlo solo quelli che si sentono idonei e disposti a quel nuovo mondo poetico e mistico. A conforto e delizia dei lettori-lettrici trascrivo i versi:

“ O voi che siete in piccioletta barca,
d
esiderosi d’ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca

tornate a riveder li vostri liti;
non vi mettete in pelago, che, forse
perdendo me, rimarreste smarriti.

L’acqua ch’io corro giammai non si corse

v
oi altri pochi….
…..
…..
metter potete ben per l’alto sale
vostro navigio, servando mio solco
inanzi a l’acqua che ritorna eguale”
Par. II, 1 – 15

Non solo mondanità, anche cultura
La personalità di Alessandra non è completa se è vista solo in ciò che ha di mondano. Alessandra è anche una donna colta , una mente impegnata nell’apprendimento, nella ricerca, nell’approfondimento. Dai suoi scritti (andati poi perduti), dalle conversazioni, dalle lettere risulta chiaramente la sua attenzione al mondo classico greco e latino, a quello biblico, teologico filosofico, alla questione religiosa anche all’ascetica e alla mistica….
Personalmente ritengo che forse anche a questa faccia della sua personalità si deve quella moderazione o misura che le consentì di passare attraverso la foresta incantata della mondanità senza rimanerne completamente catturata. E le consentì anche di stare dentro la fatica dell’attesa di altro, di ricomporre in sé continuamente un mondo umano e spirituale, nel quale né il sesso, né l’ambizione, né la intelligenza, della quale era consapevole, potevano costituire valore assoluto, perchè l’assoluto lo sentiva in altro e altrove.

Chiedere e accettare la guida: due preti
Nella seconda parte della vita di Alessandra, dal matrimonio in poi , ci sono stati due preti  che hanno svolto un ruolo importante nella sua maturazione spirituale. Il primo è mons. Francesco Serenelli, di Verona, uomo di grande spiritualità e competenza. Il secondo è l’abbè Gaston Gorel, francese, cappellano della famiglia Carlotti e precettore  dei figli della marchesa (figura ecclesiastica frequente a quei tempi), prete anche lui di grande spiritualità e competenza. Si direbbe che i due preti sono su misura di quanto quella donna aveva bisogno: difatti Alessandra non teneva nascosto il suo dramma, cercava aiuto, aspettava risoluzioni, non si stancava di discutere…e quei due preti rispondevano, spiegavano, consigliavano, indirizzavano… tanto che dall’accidentato percorso del dopo-morte del marito e del dopo-avventura dannunziana….Alessandra potè uscirne…verso la fede…e verso il convento delle carmelitane. La documentazione di quel percorso è importante, se si pensa che nella cosiddetta direzione spirituale, la cosiddetta sintonia col Mistero, teologicamente con l’azione dello Spirito, devono essere faticosamente riscontrate nell’intreccio dei fattori umani, delle persone e delle circostanze.  Ma quei due preti…sono veramente bravi: Alessandra comprende dalle loro risposte che la pace della coscienza, che lei cerca, non è mai un correre invano; che, anzi, è ciò che lei deve perseguire e attendere con pazienza. A Lourdes, dove l’abbè Gorel le ha consigliato di andare, sarà spettatrice di un miracolo che la porterà alla conversione; avrà poi via libera dallo stesso abbè verso il Carmelo, dove si sentirà finalmente “arrivata” e dove per lei comincerà un’altra via dolorosa che sarà proprio quella corrispondente al modello lungamente cercato.

Finalmente…. nel ….Carmelo?!!
Nel luglio 1911 Alessandra arrivava a Parigi, a Paray-leMonial e bussava alla porta del Convento delle Carmelitane. Era lì per incontrare la superiora, mère Marie de Jesus. Sperava che dal colloquio scaturisse il sì ufficiale della accettazione della sua domanda a suo tempo inoltrata. Come difatti avvenne. Sullo sfondo dei due battenti dell’antico portone che si aprivano parve ad Alessandra di rivedere quel Nulla, Nulla, Nulla che aveva visto il giorno della Prima Comunione mentre era in preghiera. Ma si ricordò anche che lo stesso scritto su un portone identico a quello che ora le si apriva davanti, le era apparso ultimamente, dopo l’avventura dannunziana, durante una cavalcata nel bosco. Si rese conto che quelle parole corrispondevano alla spiritualità del Carmelo, quindi alla sua vita.La via era stata lunga. Non lineare, non piana, mai in piena luce solare. Se nelle cose della nostra vita bisogna ammettere una correlazione tra le condizioni favorevoli di partenza e l’esito positivo di arrivo….è innegabile che per Alessandra  queste condizioni non c’erano state….apparentemente…Ma ce n’erano state …di altro genere…e precisamente: che Alessandra  aveva capito bene che per uscire dalla sua ambiguità non bastava lei sola, che c’era bisogno di altri: inoltre, che la necessità e il dovere di attendere e di pazientare non erano in contrasto con l’indeterminata attrazione verso la vita contemplativa. In questo stato psicologico aveva saputo comunicare  a mons. Serenelli e all’abbè Goral il tema e il problema del suo volersi far suora… e aveva accettato le loro risposte. Alessandra aveva anche capito che quella sua segreta aspirazione, che ad altri poteva sembrare una assurdità, comportava anche il modo di intendere e di vivere la fede, cioè l’accettare la lettura che Dio faceva della sua vita: difatti il tracciato della sua vita, quello già percorso, e quello presumibilmente da percorrere – era madre di due figli – non concordavano esattamente con quello che ordinariamente porta al Carmelo. c’era bisogno di un segno, anzi di più segni. Che, forse, lei avvertiva, cioè quel cosiddetto soprannaturale che guida senza dirti esattamente come e dove e che avvertì come presenza amica che ti fa buona compagnia. Perchè qui veramente di soprannaturale si deve parlare, cioè di quella dimensione della fede, nella quale, per l’azione dello Spirito, avvengono fatti  che trascendono l’umano, ma interessano l‘umano, anzi diventano fatti umani, reali, quasi ordinari. La straordinarietà di questi fatti è nel modo nuovo di vedere e di gestire la propria vita, nel constatare qualcos’altro che ti arriva senza toglierti il proprium, nella sensazione, che è esperienza, che la tua temporalità la avverti come sostenuta e pervasa da una supertemporalità, che il tuo progetto lo vedi come perfetto solo in questa novità che ti raggiunge…E attendi che il progetto diventi realtà.

Verso il Carmelo….!!
Il 28 ottobre 1911 Alessandra è in viaggio verso Paray-le-Moniol per l’ingresso definitivo nel Carmelo. La sua domanda è stata accolta. il problema dei figli risolto: da essi si è accomiatata nel modo che si può immaginare. Alla stazione di Lione quel giorno c’è l’abbè Gorel per salutarla: Alessandra ricorda bene che il via libera verso il Carmelo è venuto da lui, dopo una lunga e laboriosa direzione spirituale. Il 25 gennaio 1912 sarà il giorno della sua vestizione, il 26 aprile 1912 il giorno della sua professione, il 29 maggio il giorno della sua velazione (velo nero).
E incominciano subito le prove dolorose. Non avranno sosta. Ma la vita di carmelitana di Alessandra  è quella autentica: preghiera, sacrificio, offerta in quella sintesi di ascetica e di mistica facilmente rilevabile. Il cammino di perfezione sarà costante e consisterà nella fedeltà alla spiritualità del Carmelo. Saprà stare dentro il mistero della partecipazione e della unione alle sofferenze redentive di Cristo. Dopo appena alcuni anni di Carmelo ecco la notizia quindi il
percorso della malattia dei figli e poi… la morte: Andrea muore il I° giugno 1916 (ha 19 anni), Antonio il 25 dicembre dello stesso anno (ha 20 anni), Alessandra dovrà stare in mezzo a questi avvenimenti da carmelitana contemplativa e da madre, in viaggio  sui treni e nell’intimo della sua anima, vivendo nella mente e nella carne da suora tutto ciò che costituisce il suo passato remoto di sposa e di madre. Alessandra dopo essere stata maestra delle novizie, sarà anche Priora del convento e sarà la realizzatrice di fondazioni prestigiose – tre monasteri – finchè anche per la sua salute i segni del logoramento e le sofferenze si faranno evidenti. Tra novembre 1930 e gennaio 1931 deve sottoporsi a quattro interventi chirurgici: saranno sette con i tre precedenti. Il 2 gennaio 1931 per Alessandra è la parola “fine” della sua avventura umana, che era stata anche avventura morale e soprannaturale. Aveva 56 anni!