L’idea di questo articolo mi è stata suggerita dalla rubrica Briciole di donne condotta su Faronotizie da Antonella Antonelli: poetessa e scrittrice, che scrive riflessioni coinvolgenti in uno stile personale, molto elegante con una qualità della scrittura al contempo incisiva ed esaustiva . Le poesie dedicate alle protagoniste delle sue Briciole colgono sempre l’essenza dell’essere donna in un mondo ostile al femminile. Nell’aprile 2015 la poetessa ha dedicata a Irene Nemirovsky, una meravigliosa scrittrice franco- russa morta ad Auschwitz questa sorprendente lirica.
La valigia di mia madre
Hanno chiesto di te Irene
come tu fossi qui e non
altrove.
Hanno chiesto di te
come tu stessa chiedi
senza domande né voce.
Inquadrature fisse nei soggetti.
Solo orbite nude
che attraversano menti essiccate
ma, mi hanno chiesto di te
dei tuoi scritti smarriti
nella valigia di mia madre
dietro il tuo inchiostro
a disegnare
l’aria di un requiem.
Mi hanno chiesto di te
della tua firma
per metà soffocata dalla cenere
e ho dovuto rispondere
le hanno legato
un palloncino al polso
hanno coperto con uno spago
la polvere dei numeri scritti
al posto del suo nome.
Solo chi ha ali piccole
fugge dalla gabbia
La vita di Irene è tutta in quella valigia, emblema dentro cui si potranno ritrovare i sogni spezzati, le speranze infrante, le illusioni perdute, le pagine non scritte di un romanzo ancora in nuce travolto dal buio dell’orrore. La valigia, oggetto materiale salvata dalla furia nazista da Denise la figlia della Nemirovsky , e i libri soggetti della memoria salvati dalla cenere muta di Auschwitz coincidono con il sacrificio della donna, che si leva alta, oltre la gabbia della perversità umana, sconfiggendo la crudeltà degli uomini con le ali ampie e leggere della sua scrittura, a riprova che si può cancellare il nome con un numero ma non l’anima di chi lascia un segno sulla carta e nella storia. Irene è altrove , il palloncino rosso legato al suo polso non è scomparso nel fumo acre di un forno, non si è lacerato per il dolore, spinto sempre più in alto si trattiene a volare volteggiando nel cielo oscurato e minaccioso per disegnare con l’ inchiostro preferito di Irene una preghiera.
La poesia seguente è dedicata alla prima donna premio Nobel per la letteratura. Si trova a pag. nove di una raccolta intitolata “Da crisalide a farfalla” della poetessa Antonelli edita nel 2011.Il titolo, che esemplifica anche la storia dell’autrice, appare adatto all’esistenza di Selma e di ogni donna che ha combattuto contro la cecità dell’ignoranza e la forza
dell’ emarginazione. Ogni parola della lirica, graficamente isolata ma intensamente congiunta alla successiva, conduce all’idea bellissima del volo dell’immaginazione. Immersa nella luce che avanza e nel chiarore prima dell’alba, appare Lei Selma, la donna solitaria a illuminare l’infinito , salvata dalla bellezza e dal prodigio delle parole che dominano l’oscurità. Il volo di Selma è dedicato alle donne ancorate all’insostenibilità del loro essere che non sanno innalzarsi oltre e valicare i confini.
A Selma Lagerlöf
Il volo dell’immaginazione
Tieni il vento
solitaria
non c’è oscurit
davanti a te
solo un nuovo giorno
sarà il tuo volo
più rapido dell’alba
a illuminare
l’infinito
Per entrambe le scrittrici una sola domanda: perché le donne per essere protagoniste devono ricoprire il ruolo di vittime?
Antigone , Didone donne immortali sono divenute tali per volontà di uomini che non conoscevano l’animo femminile o che amavano le forme create dalla loro mente. Simbolo e vittima dell’irrazionalità femminile come Virgilio la dipinge, Didone è nella realtà storica vincitrice del duello tra l’inganno e l’amore, il pius Enea non è che una comparsa scialba sul palcoscenico della vita della regina che, identificatasi con la città da lei costruita, decide la sua rovina e la sua morte per il tradimento di sé che si è abbandonata al ruolo di donna debole cedendo al sentimento. Lei ridiventa protagonista rinunciando alla vita con un gesto consentito solo agli uomini, scelta di morte che le due eroine prediligono opponendola all’amore , al rimpianto e al non senso della loro esistenza. Antigone protagonista in epoche diverse , proiettata nell’immaginario di uomini lontani nel tempo (Sofocle e Alfieri) resta pur sempre agli occhi di chi sa leggere la sua scelta non eroina sacrificata all ‘arroganza del potere rappresentato da Creonte ma donna determinata nell’affermazione di sé che respinge l’amore per Emone per riaffermare un legame indissolubile: quello del sangue. Vittima ma anche libera e ribelle nell’attuazione del suo desiderio di morte.
Ho scelto di leggere in questo periodo romanzi nati dalla fantasia e non delle scrittrici e che abbiano come protagoniste figure femminili. A lungo si potrebbe raccontare della straordinaria capacità di aderire alla realtà trasformandola in dramma delle creatrici di gialli e noir come la famosa Agatha Christie e la meno conosciuta norvegese Karin Fossum divenuta celebre quando dal suo romanzo” Lo sguardo di uno sconosciuto” fu tratto un film interpretato magistralmente da Toni Servillo. In loro si possono riconoscere la cura del particolare, la descrizione spesso sorprendente di interni e di ambienti naturali che evidenziano la caratteristica delle scrittrici di sottolineare ciò che potrebbe sfuggire all’occhio di un osservatore dell’altro sesso. Più interessante il discorso sul perché le donne scelgano di scrivere dei conflitti interiori e dell’amore e dell’odio passioni contrastanti e si lascino travolgere dall’onda dell’esasperazione dei sentimenti oltrepassando gli argini della razionalità. L’amore nei romanzi, che le hanno come protagoniste, è indicato con aggettivi forti: terribile , molesto, perverso, spietato e non riguarda solo gli uomini ma la parte di sé da amare incondizionatamente: i figli. L’ossessione di Isabelle, , verso la figlia Amy vittima della paura di amare della madre che le impone di respirare l’aria opprimente del perbenismo nell’omonimo romanzo di Elisabeth Strout(Pulitzer nel 2009), l’amore cancellato di Letty verso Alex e Luna resi orfani dall’ incapacità di cura materna nel romanzo di Vanessa Diffenbaugh e l’amore terribile di Calista e Pilar protagoniste del testo di Catherine Dunne “Un terribile amore” a cui i figli vengono sottratti con la violenza sono il quadro complesso in cui si confondono emozioni e desiderio di non tradire se stessi uscendo da un vortice amaro che risucchia l’esistenza. Il terribile amore è quello di una società in cui “Certi uomini usano come armi i pugni, ma altri l’amore “ come dice la madre di una delle due protagoniste. Nel romanzo della Dunne il tema della violenza degli uomini sulle donne all’interno della famiglia e del loro disagio è ancora più forte perché la storia è ambientata negli anni ’60- ‘70 in cui non si parlava attraverso i mezzi d comunicazione della vergogna e del timore della donna che si sente responsabile della violenza subita quando l’unico sostegno su cui fondare la ribellione era il proprio coraggio. Calista vive lo stesso dramma di Sibilla Aleramo la scrittrice dei primi del’900 che racconta nella sua autobiografia “Una donna” la lotta sostenuta per la sua libertà e separazione dal marito e paga il suo desiderio di essere se stessa con la sottrazione del figlio nato dallo stupro . Anche a Calista il marito toglierà i figli ma lei come la Clitemnestra della tragedia greca, costretta a sposare l’assassino di suo marito e suo figlio, ordirà una terribile vendetta trasformandosi da vittima in carnefice. Ma si dirà questo avveniva in anni lontani e oscurantisti… Tornando alla realtà e leggendo le statistiche degli Stati Uniti, si evince che, ogni tre anni, il numero delle donne uccise supera quello delle morti verificatesi a New York l’11 settembre e di quelle causate tra i soldati nella guerra in Afghanistan, per tacere del soggetto di una serie televisiva italiana che racconta i tragici esiti dell’ “amore criminale”.
Nel 2008 Concita De Gregorio scrive un saggio dal titolo “Malamore. Esercizi di resistenza al dolore”.
Il dolore delle donne che sopportano uomini violenti e non riescono a liberarsene in nome di una presunta superiorità femminile che si esercita nel tollerare la sopraffazione, sottende la resistenza alla sofferenza ; spesso sono artiste celebri che sopportano padri e mariti violenti, credendo di poter gestire l’ira di un uomo perché più forti. Ma questa sofferenza si può chiamare amore? No, Malamore come suggerisce il titolo. Le donne non devono mettersi alla prova , al contrario devono affrancarsi dal dovere di dimostrare qualcosa che può diventare il tormento della loro esistenza. Nella letteratura come nella vita soffrono, piangono, si suicidano, vengono uccise in nome dell’ amore. Omnia vincit amor, ancora Virgilio grandissimo poeta, assolutamente lontano dalla comprensione dell’anima femminile, è la grande falsità che contraddice nella sostanza la volontà delle donne di appartenere a se stesse prima che agli uomini.
Ringrazio la professoressa Maria Teresa Armentano, non solo per aver scelto di parlare della mia rubrica e della mia poesia, ma per aver scelto di parlare della donna in maniera approfondita e realistica, con quel distacco sereno che solo la consapevolezza può dare.
Certo, non dovremmo più argomentare sulla diversità tra i sessi, ma questa diversità esiste e si perpetua allo stesso modo, la bilancia ancora pende : per fare un albero ci vuole un fiore, per fare un uomo una madre e una donna, a volte, purtroppo, non sono sufficienti.
Antonella Antonelli