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Le donne: soggetti e oggetti della letteratura

Scritto da Maria Teresa Armentano il 1 gennaio 2016
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L’idea di questo articolo mi è stata suggerita dalla rubrica Briciole di donne condotta su Faronotizie da Antonella Antonelli: poetessa e scrittrice,  che scrive riflessioni coinvolgenti in uno stile personale, molto elegante  con una qualità della scrittura  al contempo  incisiva ed esaustiva . Le poesie dedicate alle protagoniste delle sue Briciole  colgono sempre l’essenza dell’essere donna in un mondo ostile al femminile. Nell’aprile 2015 la poetessa ha dedicata a Irene Nemirovsky, una meravigliosa scrittrice  franco- russa morta ad Auschwitz  questa sorprendente lirica.

La valigia di mia madre

Hanno chiesto di te Irene
come tu fossi qui e non
altrove.
Hanno chiesto di te
come tu stessa chiedi
senza domande né voce.
Inquadrature fisse nei soggetti.
Solo orbite nude
che attraversano menti essiccate
ma, mi hanno chiesto di te
dei tuoi scritti smarriti
nella valigia di mia madre
dietro il tuo inchiostro
a disegnare
l’aria di un requiem.
Mi hanno chiesto di te
della tua firma
per metà soffocata dalla cenere
e ho dovuto rispondere
le hanno legato
un palloncino al polso
hanno coperto con uno spago
la polvere dei numeri scritti
al posto del suo nome.
Solo chi ha ali piccole
fugge dalla gabbia

La vita di Irene è tutta in quella valigia, emblema dentro cui si potranno ritrovare i sogni spezzati, le speranze infrante, le illusioni perdute, le pagine  non scritte di un romanzo  ancora in nuce travolto dal buio dell’orrore. La valigia,  oggetto materiale salvata dalla furia nazista da Denise la figlia della Nemirovsky , e i libri soggetti della memoria   salvati dalla cenere muta di Auschwitz   coincidono con il sacrificio della  donna,   che  si leva alta,  oltre la gabbia della perversità umana, sconfiggendo la crudeltà degli uomini con le ali  ampie e leggere della sua scrittura, a riprova  che si può cancellare il nome con un numero ma non  l’anima di chi lascia un segno sulla carta e nella storia. Irene è altrove , il palloncino rosso legato al suo polso non   è  scomparso nel fumo acre di un forno, non si è lacerato per il dolore,  spinto sempre più in alto  si trattiene  a volare  volteggiando nel cielo oscurato e minaccioso per disegnare  con l’ inchiostro preferito di Irene  una preghiera.

La poesia seguente è dedicata alla prima donna premio Nobel per la letteratura. Si trova a pag. nove di una raccolta intitolata “Da crisalide a farfalla”  della poetessa Antonelli edita nel 2011.Il titolo, che esemplifica anche la storia dell’autrice,  appare adatto all’esistenza di Selma e di ogni donna che ha combattuto contro  la cecità  dell’ignoranza e la  forza
dell’ emarginazione. Ogni parola della lirica, graficamente isolata ma intensamente  congiunta alla successiva,  conduce all’idea bellissima del volo  dell’immaginazione.  Immersa nella luce  che   avanza e nel  chiarore prima dell’alba, appare  Lei Selma, la donna  solitaria a illuminare l’infinito ,  salvata  dalla bellezza   e dal prodigio delle  parole che dominano l’oscurità. Il volo di Selma  è dedicato alle donne  ancorate all’insostenibilità del loro essere  che non sanno  innalzarsi oltre e valicare  i confini.

 A Selma Lagerlöf

 Il volo dell’immaginazione
Tieni il vento
solitaria
non c’è oscurit
davanti a te
solo un nuovo giorno
sarà il tuo  volo
più rapido dell’alba
a illuminare
l’infinito

Per entrambe le scrittrici una sola domanda: perché le donne per essere protagoniste devono  ricoprire il ruolo di vittime?
Antigone , Didone donne immortali sono divenute tali per volontà  di uomini che  non conoscevano l’animo femminile o che amavano le  forme create dalla loro mente.  Simbolo e vittima dell’irrazionalità femminile come Virgilio la dipinge,  Didone è  nella realtà storica vincitrice del duello tra l’inganno e l’amore, il pius Enea non è che una comparsa scialba sul palcoscenico della vita della regina che, identificatasi con la città da lei costruita, decide la sua rovina e la sua morte per il tradimento di sé   che si è abbandonata al ruolo di donna debole cedendo al sentimento. Lei  ridiventa protagonista rinunciando alla vita con un gesto consentito solo agli uomini, scelta di morte che le due eroine prediligono opponendola all’amore , al rimpianto e al non senso della loro esistenza. Antigone protagonista in epoche diverse , proiettata nell’immaginario di uomini lontani nel tempo (Sofocle e Alfieri) resta pur sempre agli occhi di chi sa leggere la sua scelta  non eroina sacrificata all ‘arroganza del potere rappresentato da Creonte ma donna determinata nell’affermazione di sé  che respinge l’amore per Emone per riaffermare un legame indissolubile: quello del sangue. Vittima  ma  anche libera e ribelle nell’attuazione del suo desiderio di morte.

Ho scelto di leggere in questo periodo romanzi nati dalla fantasia e non delle scrittrici e che abbiano come protagoniste figure femminili. A lungo si potrebbe raccontare della straordinaria capacità di aderire alla realtà trasformandola in dramma  delle creatrici di  gialli e noir come la famosa Agatha Christie e la meno conosciuta  norvegese  Karin Fossum  divenuta  celebre quando dal suo romanzo” Lo sguardo di uno sconosciuto”  fu tratto un film interpretato magistralmente da Toni Servillo.  In loro si possono riconoscere la cura del particolare, la descrizione spesso sorprendente di interni e di ambienti naturali che evidenziano la  caratteristica delle  scrittrici di sottolineare ciò che potrebbe sfuggire all’occhio di un osservatore dell’altro sesso. Più interessante il discorso sul perché le donne  scelgano di scrivere dei conflitti interiori e dell’amore e dell’odio passioni contrastanti e si lascino travolgere dall’onda dell’esasperazione dei sentimenti  oltrepassando gli argini della razionalità.  L’amore nei romanzi, che le hanno  come protagoniste,  è indicato con aggettivi forti: terribile , molesto, perverso,  spietato e non riguarda solo gli uomini ma la parte di sé  da amare incondizionatamente: i figli. L’ossessione di Isabelle, , verso la figlia Amy vittima della paura di amare della madre che le impone  di respirare l’aria opprimente del perbenismo nell’omonimo romanzo di Elisabeth Strout(Pulitzer nel 2009),  l’amore cancellato  di Letty verso Alex e Luna  resi orfani dall’ incapacità di cura materna  nel romanzo di Vanessa Diffenbaugh e l’amore terribile di Calista e Pilar protagoniste del testo di Catherine Dunne “Un terribile  amore” a cui i figli vengono sottratti con la violenza  sono il quadro complesso  in cui si confondono emozioni e desiderio di non tradire se stessi uscendo da un vortice amaro che risucchia l’esistenza. Il terribile amore è quello di una società   in cui “Certi uomini  usano  come armi i pugni, ma altri l’amore “ come dice la madre di una delle due protagoniste. Nel romanzo della Dunne il tema della violenza degli uomini sulle donne   all’interno della famiglia  e del loro disagio  è ancora più forte  perché  la storia è ambientata negli anni ’60- ‘70 in cui non si parlava  attraverso i mezzi d comunicazione della vergogna e del timore della donna che si sente responsabile della violenza subita quando  l’unico sostegno   su cui fondare la ribellione era il proprio coraggio.  Calista vive lo stesso dramma di Sibilla Aleramo la scrittrice dei primi del’900  che  racconta nella sua autobiografia “Una donna” la lotta sostenuta per la sua libertà e separazione dal marito  e paga  il suo desiderio di essere se stessa con la sottrazione del  figlio nato dallo stupro  . Anche  a Calista  il marito toglierà i figli ma lei come la Clitemnestra della tragedia greca, costretta a sposare l’assassino di suo marito e suo figlio, ordirà una terribile vendetta trasformandosi da vittima in carnefice.  Ma si dirà questo avveniva in anni lontani e oscurantisti… Tornando alla realtà  e   leggendo le statistiche degli Stati Uniti, si evince che, ogni tre anni, il numero delle donne uccise supera quello delle morti verificatesi a New York l’11 settembre e di quelle causate tra i soldati nella guerra in Afghanistan, per tacere del soggetto di una serie televisiva italiana che racconta i tragici esiti   dell’ “amore criminale”.

Nel 2008 Concita De Gregorio scrive un saggio dal titolo “Malamore. Esercizi di resistenza al dolore”.

Il dolore delle donne che sopportano uomini violenti e non riescono a liberarsene in nome di una presunta  superiorità femminile che si esercita  nel tollerare la sopraffazione, sottende la resistenza alla sofferenza ; spesso sono artiste celebri che sopportano padri e mariti violenti, credendo di poter gestire l’ira di un uomo perché più forti. Ma questa sofferenza si può chiamare amore?  No, Malamore  come suggerisce il titolo. Le donne non devono mettersi alla prova , al contrario  devono affrancarsi dal dovere di dimostrare qualcosa  che può diventare il tormento della loro esistenza. Nella letteratura come nella vita  soffrono, piangono,  si suicidano, vengono uccise in nome dell’  amore.  Omnia vincit amor,  ancora Virgilio  grandissimo poeta, assolutamente lontano dalla  comprensione  dell’anima femminile,  è la grande falsità che contraddice nella sostanza la volontà delle donne di appartenere a se stesse prima che agli uomini.

 

One Response so far.

  1. Antonella Antonelli scrive:

    Ringrazio la professoressa Maria Teresa Armentano, non solo per aver scelto di parlare della mia rubrica e della mia poesia, ma per aver scelto di parlare della donna in maniera approfondita e realistica, con quel distacco sereno che solo la consapevolezza può dare.
    Certo, non dovremmo più argomentare sulla diversità tra i sessi, ma questa diversità esiste e si perpetua allo stesso modo, la bilancia ancora pende : per fare un albero ci vuole un fiore, per fare un uomo una madre e una donna, a volte, purtroppo, non sono sufficienti.
    Antonella Antonelli