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Il mese dei morti e i sogni

Scritto da Massimo Palazzo il 1 novembre 2015
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Il primo contatto con la morte lo ebbi da piccolo quando, dopo una lunga e sofferta malattia ci lasciò  la Signora Frattini  amica della nostra famiglia. Andammo alla recita del  rosario e  mi  impressionò vederla  immobile con gli occhi chiusi ,  un colorito che non sembrava il suo e non capivo perché non mi salutasse , non si muovesse. La mamma mi disse che il Signore l’ aveva chiamata in cielo, questa risposta non mi convinse molto perché, come faceva ad essere andata in cielo se era lì nel suo letto?  A peggiorare i miei dubbi ci pensò zio Carlo, burlone come al solito, che alla  stessa domanda sostenne si fosse  dimenticata di respirare. Questa sua affermazione riempì la mia testa di pensieri negativi e paure,  quando  mamma mi preparò per andare a dormire  la paura diventò ancora più forte . Lo stesso zio che aveva sempre la battuta pronta con un bambino curioso come me al cimitero ne sparò un’ altra delle sue. Gli chiesi perché su alcune lapidi ci fosse scritto provvisorio,  mi disse che se non si fossero trovati bene avrebbero potuto cambiare posto. Questo burlone che le sparava a raffica fu il primo che  sognai dopo la sua morte. Lo incontrai poco lontano da casa, non era come al solito allegro ma triste. Alla mia domanda  perché non ti si vede più e non passi  a trovarci? Mi rispose che doveva traslocare, dove si trovava non gli piaceva. Quella mattina mi svegliai ben conscio di quello che avevo sognato, mi preparai per andare al lavoro e mentre in macchina attendevo che questa si scaldasse sentì bussare al finestrino. Era la zia antipatica e pesante, quella per il quale allo zio Carlo spalancarono ad honoris causa le porte del paradiso con ricevimento speciale. Ciao zia le dissi, come va e cosa fai da queste parti così presto? Come vuoi che vada, male ma oggi sono venuta a Varese a fare le carte per spostare la salma dello zio, lo voglio portare al cimitero vicino a casa. La salutai e me ne andai pensando che non gli dava pace nemmeno da morto. Guidando ripensai al sogno e collegai il tutto. Da quel giorno iniziarono i miei viaggi onirici per fortuna non sempre con chi è passato a miglior vita . Poco prima che morisse lo zio burlone, sempre in sogno incontrai zio Aldo il fratello di mia nonna.

Fu in incontro brevissimo ma mi rivelò purtroppo un amara verità . Lo incontrai in un bar, già di per se strano poiché lui non li frequentò mai, era seduto in un angolo, non stava bevendo ma fumando come al solito, lo salutai e gli chiesi come stava, lui molto freddo mi guardò e disse:  sono qui  per  passare a casa a prendere qualcuno. Dopo due settimane mori lo zio Carlo. Apro un inciso, per fortuna non sogno solo morti,   ho amici  che non sognano mai,  altri ne fanno di  strani,  quella che supera tutti  da anni fa il medesimo con un epilogo terribile,  viene fucilata dai nazisti. La mamma passò un po’ di tempo prima che la  sognassi, le prime volte  sentivo solo la sua voce,  mi chiamava, ora  la incontro felice e serena,  a volte mi chiede consigli, altre volte parliamo  delle cose passate mai però che si ricorda di darmi qualche numero per vincere al lotto. Mio zio Augusto quello, per modo di dire più presente, una volta mi mise in grossa difficoltà. Dopo la sua scomparsa  rivoluzionai la casa,  buttai via molti mobili e oggetti,  i suoi vestiti li diedi alla Caritas. Il sogno si svolse così: sentii suonare il campanello, mi affacciai dal terrazzo e lo vidi. Rimasi stupito, lo avevo fatto cremare ed era vivo, indossava gli  stessi vestiti che avevo dato alla Caritas. Lo salutai  ma non riuscivo a dire altro, mi disse che non aveva la chiave e se potevo aprirgli casa poiché si sentiva stanco e voleva riposarsi. Vengo subito ad aprirti Augusto, mi domandavo come aveva  potuto  entrare dal cancello senza  chiave,  adesso chi glielo dice che non c’è più niente  in casa sua, ma cosa ho fatto, cosa mi è passato per la testa fare una cosa del genere? È ritornato, è vivo, chi avranno  bruciato al suo posto? I dubbi  avevano tolto spazio alla felicità di rivederlo, ero molto preoccupato non sapevo come affrontare la situazione. Presi tempo con la scusa di cercare  la chiave, mentre giravo per casa senza sapere cosa fare e dire lui   continuava impaziente a chiamarmi alzando la voce. Furono attimi di panico, ero in tilt, come potevo dirgli che avevo buttato via tutto perché era morto, mi avrebbe preso per pazzo e chiamato la Croce Rossa, non riuscivo a trovare una  soluzione mentre continuavo a sentirlo, per fortuna mi svegliai, il cuore andava a mille. Nonna Angela come era in vita lo è anche in sogno, serena e buona, con lei ritorno bambino come quando mi raccontava le storie del quartiere, dei vicini, della famiglia.  Rivederla mi dona felicità, la vedo in casa, nell’orto, che prepara da mangiare per tutti e ci serve a tavola come era solito fare. È paradossale ma, tutti i sogni pur avendo cambiato tante case, si svolgono sempre in quella di famiglia. Chi invece mi appare raramente e in situazioni poco logiche e ingarbugliate è papà. Faccio sempre fatica a  dare un senso ai sogni con lui. Forse risentono di alcune incomprensioni, è sempre arrabbiato, potrebbe non avere trovato pace. Quando morì la mamma andavo quasi tutti i giorni al cimitero, ci passavo davanti per tornare a casa e non riuscivo a non fermarmi.  Se avevo tempo controllavo che anche dagli zii e da papà fosse tutto a posto, altre volte allungavo il giro per trovare anche i vicini di casa, gli amici. I becchini li conoscevo tutti, ero diventato il loro consulente per gli acciacchi e fornitore di  medicine, quando mi chiedevano scherzando  se avevo bisogno qualche piacere  li mandavo a quel paese. Anche i frequentatori erano quasi sempre gli stessi, mamme che accarezzavano la foto dei figli, alcuni  sistemavano le  tombe parlando,  donne  che avevano patito le pene dell’inferno in vita con il marito piangere  e mettere fiori freschi tutti i giorni  ma, come diceva Borges , non c’è nulla come la morte per migliorare le persone , da morti diventano tutti bravi. Alla mamma prendevo sempre fiori nuovi, freschi e finti,  volevo che la tomba fosse  in ordine, inoltre avevo una  motivazione per cambiarli spesso. Il campo vicino era tutto di bambini piccoli e neonati dimenticati da anni, lapidi bianche, foto sbiadite, giochini consumati senza mai un fiore pieno di erbacce. Ora posso comprendere che alcuni non gradiscano andare al cimitero ma lasciare queste piccole creature  in totale abbandono mi dava fastidio. Provavo piacere che quel campo prendesse colore non  sopportavo che fosse così triste e abbandonato. Finché restai a Varese ne presi cura personalmente e due volte delle  piccole creature entrarono nei miei sogni.  Furono visioni confuse, senza volto, senza storia, d’ altronde morire pochi giorni o pochi mesi dalla nascita non ha permesso loro nessuna esperienza.
I primi giorni  di novembre sono dedicati ai defunti, i cimiteri si colorano, quasi tutte le lapidi hanno fiori. Ne ho viste molte completamente abbandonate tutto l’ anno  ricoperte di fiori questa giornate  e in seguito dimenticate di nuovo. Purtroppo la morte non aspetta e non rispetta le feste, come ha detto uno dei miei scrittori preferiti, la vita è come un film meraviglioso rovinato da un finale incomprensibile. Dopo quello di mamma e del mio amico Mirko decisi che non sarei più andato a nessun funerale, soffrivo troppo, andavo da solo in chiesa accendevo le candele dicevo le preghiere. Scelta portata avanti per anni fino a quando incontrai una conoscente mentre suonavano le campane a morto. Le chiesi a chi si riferissero, mi disse il nome e se fossi andato al funerale. Le risposi che avevo smesso di andarci, mi fece notare  che se tutti fossero stati come me non ci sarebbe stato nessuno in chiesa e nemmeno ad accompagnarlo per l’ultima volta al cimitero. La sua risposta mi lasciò basito ed ebbe ragione, da quella volta seppur con sofferenza ripresi ad andarci.
Sogni, funerali, visite al cimitero, amico che lavorava all’obitorio, cosa poteva mancare? Una proposta di lavoro da una ditta che produceva casse da morto e  accessori. Incuriosito andai  al colloquio, erano  organizzati, preparati, ottima offerta di prodotti di buona qualità . Avevano  di tutto e di più per soddisfare qualsiasi esigenza, volevano che diventassi responsabile di tutto il nord Italia, oltre ai prodotti e le proposte, ad attirare la mia attenzione furono i gadget. Penne, portachiavi con la cassa in miniatura, biglietto da visita con la croce, portaoggetti a forma di cassa  e molto altro. Declinai l’offerta ma dissi agli amici di avere accettato e raccontai loro un sacco di menzogne a proposito di quello che mi avevano offerto. La macchina aziendale sarebbe stata  la stessa che usavano per i funerali con la cassa,  i fiori finti  e i lumini ai quattro angoli accesi, avrei avuto a disposizione l’ufficio con la scrivania a forma di cassa, la divisa nera con la cravatta viola e lo stemma sul taschino. Quando mi mandarono a quel paese scoppiai a ridere e non riuscii più a mentire.
Chiudo questo  racconto con una frase del Vangelo: state all’erta perché non conoscete né il giorno né l’ora.