www.faronotizie.it - Anno XIX - n. 216 - Aprile

Confidenziali autobiografiche….letterarie.

Scritto da Don Giuseppe Oliva il 4 novembre 2011
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Ho narrato sommariamente nel precedente scritto (ottobre 2011) la mia avventura poetica fino ai 24 anni.
E’ risultato evidente che in quella iniziale avventura poetica c’era anche quella letteraria, cioè l’attenzione alla letteratura, intesa come autori e opere, e come spazio umano nel quale mi sentivo attratto per dire anch’io la mia in veste di scrittore.

Tre lettere
Di questa mia disposizione psicologica e culturale sono chiaramente indicative tre lettere che ho conservato: la prima è del prof. Giuseppe Troccoli, di Lauropoli, professore di lettere in un liceo fiorentino, poeta e scrittore. Insieme alla sua lettera conservo di lui L’ombra che ne la mente passa (liriche), Il sogno di Medusa (liriche) e Laoropoli (romanzo), quest’ultimo con la dedica “A Giuseppe Oliva, sacerdote di Cristo e delle Muse”. Avevo letto, durante gli studi liceali,il suo libro Saggi danteschi, che mi era piaciuto, anzi mi aveva tanto entusiasmato da spingermi a scrivere, anch’io, note critiche ed estetiche su personaggi e avvenimenti della Divina C0ommedia. Ora – era il 1955, ed ero a Mormanno – gli scrivevo chiedendogli di facilitarmi qualche collaborazione su qualche giornale o periodico nazionale, lui scrittore, poeta e …a Firenze. Il prof. Troccoli gentilmente e competentemente mi rispondeva….Era il 04.4.1955…

 

Le altre due sono del giornalista e poeta Giuseppe Selvaggi, di Cassano all’Jonio: la prima è la risposta alla mia richiesta dell’accettazione di qualche mio scritto in qualche redazione – come avevo scritto al prof. Troccoli precedentemente – ed è una risposta, anch’essa, con esito negativo, ma per contenuto e forma anch’essa molto compita e competente: è il 28 ottobre 1956…


La seconda lettera contiene le sue impressioni sul mio Corradino di Svevia  – tragedia in cinque atti e prologo, che gli avevo inviato, dopo che lui mi aveva fatto avere i suoi due volumetti di versi. Fior di notte e Vento alla porta. Questa seconda lettera fu per me un punto di onore, perchè io ammiravo Selvaggi, sapevo dei suoi versi e leggevo sul quotidiano romano Il Tempo i suoi articoli. Era l’11 novembre 1956…

Sul mondo della pubblicistica
Mi stavo affacciando sul mondo della pubblicistica e mi sentivo a mio agio, pur constatando le difficoltà. Ricordo bene che non ero preso da desideri  di risonanze laudatorie o da presunzione di dire chissà quali cose sorprendenti: ero semplicemente consapevole della bontà dell’impegno culturale dello scrivere, ritenevo che pensare  un po’ a cose o cose un po’ più alte,..più profonde…più significative…valeva la pena. Devo qui aggiungere anche che durante  gli anni di liceo e di teologia mi ero esercitato abbastanza in questa novità… pubblicistica…e avevo scritto e pubblicato già su qualche giornale…e ciò per merito del mio professore di Storia  Ecclesiastica, il gesuita P. Egidio Papa, proveniente  dalla Università Gregoriana di Roma, il quale ci aveva veramente …lanciati in orbita…

Incontro con gli autori e le opere
Ognuno reagisce su misura di se stesso all’incontro con gli autori e alla lettura delle loro opere. Intendo dire che si è toccati anche dalle vicende della loro vita, della loro personalità, da alcune particolarità artistiche. Personalmente ho considerato la loro attività di scrittori una ammirevole affermazione  della loro volontà, una prova di carattere, perchè mi è parso che – mediamente – non c’è vita di scrittore che non sia segnata da difficoltà, sofferenze, prove, e ciò indipendentemente dalla loro moralità. I loro scritti mi sono sembrati una vittoria su contrarietà di vario genere, una specie di fuga, di strappo liberatorio da tanti condizionamenti; ho ritenuto che quel che hanno scritto – ed è riuscito bene scritto – porta il segno dell’umanità che si riscatta e del pensiero che riesce a liberarsi. Insomma guardi all’artista e pensi all’uomo (o donna) e ti rendi conto che l’arte è un albero con radici nella terra. Le condizioni di vita di ogni scrittore , il tipo, la cultura del tempo ecc. sono fattori dei quali la pagina scritta porta alcuni segni. E a modo di esempio…non riesco a pensare alla Divina Commedia  se non pensando anche a Dante…che non ha saputo e potuto tenersi fuori dalle beghe cittadine, neppure dalla battaglia di Campaldino e, ancora dalle condanne e dall’esilio; penso a Ugo Foscolo, superlativo ne I sepolcri, ma non ne Le Grazie, sempre inquieto, sempre a corto di moneta, donnaiolo incallito…bravo anche un po’ nella tragedia…; rivedo Giacomo Leopardi, sempre frustrato in amore, ferito nell’amor proprio, sempre vivo e teso nel pensiero, potente e geniale nella maggior parte dei suoi Canti…anche ne la Ginestra…che richiede tanta pazienza per i suoi 317 versi!!; rivedo Giovanni Pascoli, il poeta del “fanciullino”, per così dire, che muore a 57 anni di cirrosi epatica, dopo una vita personale e familiare molto sofferta e lascia versi molto belli insieme ad altri…non tanto belli; non posso dimenticare il mio caro Giuseppe Giusti (1809-1850), Guido Gozzano (1885-1916) e Sergio Corazzini (1887-1907), morti di tisi, diversi per indole e per ispirazione artistica, ma uniti tutti e tre nella drammatica coscienza della malattia. In quanti loro versi ho sentito l’umanità che non si arrende mai totalmente e che cerca di raccontarsi in quel che si chiama…poesia.
In confidenza posso dire che certamente…ho nella mia mente quasi quattromila versi di autori preferiti, tra i quali il più importante è Dante, del quale certamente recito più di mille versi della sua Commedia.  E quando dei tanti autori  cerchi di ricordare alcuni versi  è evidente l’imbarazzo della scelta. Poi ti decidi e se delle tre cantiche della Commedia, ad es. vuoi scegliere quelli che ti sembrano i più bei versi…dell’Inferno scegli “ e volta nostra poppa nel mattino – dei remi facemmo ali folle volo” dell’Ulisse del XXVI canto;…del Purgatorio scegli “l’alba vinceva l’ora mattutina – che fuggia innanzi, si che di lontano – conobbi il tremolar de la marina” del I canto…; del Paradiso scegli “ne la profonda e chiara  sussistenza – de l’alto lume parvemi  tre giri – di tre colori e d’una contenenza; e l’un de l’altro come iri da iri – parce riflesso,  e il terzo parea foco – che quinci e quindi igualmente si spiri” del XXXIII canto.

Degli autori stranieri ricordo Paul Verlaine (1844-1896), tormentato poeta, in questi versi per me toccanti:
“ Singhiozzi lunghi/dei violini/dell’autunno/feriscono il cuore/con monotono languore. Ecco ansimando/e smorto, quando/suona l’ora/io mi ricordo/gli antichi giorni/e piango,/e me ne vado/nel vento ingrato/che mi porta/ di qua e di là/ come fa/ la foglia morta”. (Canzone d’autunno).

Solo due esempi…e lascio da parte i drammi e i romanzi…per i quali ci vorrebbe un discorso a parte …ma ciò è per dire che stando  con poeti e drammaturghi e romanzieri…devi ammettere di averli conosciuti, di aver parlato con loro, di aver ricevuto certe confidenze illuminanti la vita  di ogni giorno e di ogni persona.

Considerazioni
Considerando l’uomo quel mistero pensante ed agente, quale è, non è un errore chiedere alla letteratura qualche illustrazione in merito, perchè essa ha capacità e funzione informativa e istruttiva, direttamente o indirettamente. Poiché essa unifica il reale e il fantastico nell’opera artistica, è in grado di enunciare , dell’uomo, qualcosa che supera l’uomo stesso, inteso come singolo, ma che ad esso singolo è obiettivamente legata. La lettura  e l’ascolto dei poeti, dei drammaturghi e dei romanzieri è uno specchio nel quale  l’uomo vede se stesso, gli altri, le cose, la storia… e in più anche quel che l’uomo e la storia portano in sé, cioè quella istanza di trascendenza o di divino, con la quale il confronto è permanente e spesso anche drammatico.

Quando consideri i tanti autori e le tante opere ti rendi conto della grande e varia umanità che ti viene presentata dalla creazione artistica. Rivedi, per dirne alcuni, i drammaturghi e i romanzieri di vasta risonanza….Shakespeare, Ibsen, Goethe, Camus, Sartre, Pirandello, Betti, Fabbri….Manzoni, Hugo, Flaubert, Balzac, Cronin, Moravia,….Papini….gli scrittori e i poeti contemporanei…e ascolti quel che ti dicono secondo la loro religione o secondo  la loro filosofia. Ed ecco i grandi temi e problemi dell’uomo e sull’uomo…quali…la vita, la morte, il dolore, il male fisico e morale, la libertà umana, la coscienza, la disperazione…la speranza,  Dio, Cristo, la Chiesa….C’è chi conclude, leggendo e ascoltando, che il cosiddetto mammifero uomo…non è solo un mammifero e pare che sia più che uomo.