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Il liquore alla coca

Scritto da Piero Valdiserra il 1 novembre 2013
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Qualche tempo fa, riordinando una vecchia credenza di casa, abbiamo trovato, seminascosta in un angolo, una bottiglia di Coca Buton. Sotto un velo leggero di polvere, l’oggetto era ancora bellissimo: forma elegante, etichetta chiara e deliziosamente rétro, liquore dal colore verde brillante. E ci è venuto spontaneo pensare che, se ci fossimo messi a ripercorrere la storia di quel prodotto, con tutte le sue particolarità, sarebbe stato come sfogliare un libro di avventure…

Il nostro viaggio comincia in America Latina. Gli abitanti della regione compresa fra Colombia, Perù e Bolivia masticano foglie di coca da migliaia di anni. Ufficialmente, nei tempi andati, la coca era riservata alla famiglia reale, ai sacerdoti e ai dignitari della corte Inca, ma – come dimostrano alcuni reperti archeologici rimastici – era ampiamente usata anche dalla popolazione per motivi mistici, religiosi, sociali e curativi. Non la masticavano solo per le sue proprietà stimolanti, che cancellano la fatica e infondono l’energia necessaria per affrontare i ripidi sentieri nell’aria rarefatta di quella regione andina, ma anche per le sue qualità alimentari – e di succedaneo dell’alimentazione.

Ai conquistadores europei la cosa non andò a genio. All’inizio gli spagnoli vietarono la coca definendola “uno strumento del demonio”; ma poi  si accorsero che senza di essa gli indigeni non riuscivano a lavorare nei campi e nelle miniere. La coca fu quindi legalizzata, tassata e fatta oggetto di decime.

In Europa, fra il XVI e il XIX secolo, le foglie di coca divennero note attraverso gli scritti di cronisti, esploratori e naturalisti, anche se solo sporadicamente vi vennero esportate, dal momento che mal sopportavano la traversata dell’Atlantico. Verso la metà dell’Ottocento, il Professor Mantegazza illustrò nei suoi libri le numerose virtù della coca, e da quel momento fecero la loro comparsa vari prodotti, medici e non, a base dell’euforizzante pianta andina. Nel 1863 il chimico Angelo Mariani inventò in Corsica il Vin Mariani, un miscuglio di vino e coca: Mariani sperimentò il suo ricostituente su un’attrice depressa e i risultati furono spettacolari. Sospinto inoltre dalle voci che gli attribuivano proprietà afrodisiache, il Vin Mariani diventò in breve così popolare da far sorgere numerose imitazioni, dal vino alla coca Maltine al Metcalf. Molti e famosi furono all’epoca gli estimatori del Vin Mariani: scrittori come Verne, Dumas, Conan Doyle, Stevenson, sovrani come lo Scià di Persia e la Regina Vittoria, pontefici come Leone XIII, che addirittura premiò Angelo Mariani con una medaglia d’oro.

Negli stessi anni, per prima in Italia, la Gio. Buton & C. di Bologna lanciò il suo Elixir Coca Buton, a base di coca boliviana; in un suo opuscolo promozionale del 1876 si legge che l’azienda ne fabbricava annualmente e ne smerciava “molte migliaia di litri”.

Sul finire del XIX secolo l’atteggiamento nei confronti della coca e dei suoi derivati cambiò: cominciava a temersi la sua dipendenza, il suo uso prese a essere descritto come un vizio e larghi strati della pubblica opinione vennero colti dal panico. Il Vin Mariani scomparve rapidamente dalla circolazione, mentre l’Elixir Coca Buton non conobbe problemi: la percentuale di principio attivo presente nel liquore bolognese era infatti così bassa da stare di gran lunga al di sotto delle percentuali consentite nei prodotti farmaceutici. La Coca Buton restò così la primadonna dei liquori della Casa felsinea; il suo successo crebbe in Italia e all’estero, e molte furono le marche di alcolici che cercarono di imitarla. Qualche decennio più tardi fu anche un’antesignana nell’uso sulla stampa dei testimonial pubblicitari. Durante il Giro Ciclistico d’Italia del 1940, infatti, Coppi e Bartali furono immortalati davanti a una bottiglia di Coca Buton: la foto venne subito pubblicata, e diede ulteriore impulso alle vendite, e smalto all’immagine, del verde liquore petroniano.

Ma già erano arrivati gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale. Al ritorno della pace, le preferenze del pubblico cambiarono, salirono alla ribalta vari distillati dal gusto più secco (brandy, gin, vodka, whisky) e i liquori dolci di una volta persero lentamente terreno. Era iniziato, anche per il glorioso Elixir Coca, un periodo di lungo, graduale declino…

Se come noi scovate una bottiglia di liquore alla coca, magari in uno spaccio d’antan o in qualche mobile di famiglia, vi verrà senz’altro voglia di fare un assaggio. Provate il prodotto liscio, in un calice piccolo e raccolto, o se lo trovate troppo alcolico allungatelo con acqua. Se siete poi curiosi di novità, possiamo addirittura suggerirvi alcune ricette di cocktail: “Daydreamer” (liquore alla coca, maraschino, succo vegetale), “Magic Carpet” (liquore alla coca, gin, drambuie, angostura), “Romagna” (liquore alla coca, amaretto, brandy).