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Schizofrenia (e cure)

Scritto da Giorgio Rinaldi il 1 giugno 2013
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Un giorno apprendiamo che i conti pubblici sono in sicurezza.

Un altro che siamo sull’orlo del baratro economico.

Le aziende chiudono perché strozzate dalle tasse che, paradossalmente, aumentano in piena recessione economica, e l’unico segnale che arriva dall’alto è che la tassazione, diretta e indiretta, non può diminuire.

Però, si taglierà l’IMU dalla prima casa per onorare scellerate promesse elettorali, nonostante la dichiarata obbligatorietà della sua introduzione perché eravamo alla canna del gas.

Si invitano le aziende straniere ad investire in Italia mentre le nostre scappano, letteralmente, all’estero, dove burocrazia e tassazione sono a livelli di decenza.

Siamo la settima (o qualcosa del genere) potenza economica mondiale, rappresentiamo il 2% della popolazione mondiale ma godiamo del 5% della ricchezza di tutto il pianeta: ciò nonostante le strade delle nostre città sono invase da persone ridotte in miseria ed il numero dei suicidi di persone rovinate dalla crisi economica aumenta vistosamente, al pari delle aziende che chiudono.

Il governo Monti ci ha spellato vivi, con tasse d’ogni tipo, e la situazione, a detta dei bene informati, non è cambiata granché.

I tedeschi sono sempre più imbufaliti con il nostro Paese che non riesce mettere a la barra a dritta, mentre loro lo hanno fatto da tempo.

I giornali continuano a descrivere realtà che non esistono.

Riferiscono di fatti che vengono completamente travisati: vuoi per ignoranza, vuoi per malafede.

La stragrande maggioranza di chi è chiamato a legiferare, amministrarci e governarci non ha alcun rapporto con la vita reale e, spesso e volentieri, non sa di cosa parla.

La magistratura, fatte le debite eccezioni di componenti di grande spessore e levatura, vive in un mondo tutto suo, spesso versando in un vero e proprio delirio di onnipotenza.

Con il tacito placet   del Parlamento, pochi giudici della Corte di Cassazione dettano a sessanta milioni di cittadini italiani le regole alle quali uniformarsi, indicando ciò che è giusto e ciò che non lo è, con ciò non limitandosi più ad interpretare le leggi ma, addirittura, a crearne –di fatto- nuove.

Siamo arrivati al punto che per acquistare un biglietto del treno, una scheda telefonica, spedire una raccomandata o leggere una bolletta della corrente elettrica occorrono almeno due lauree e l’aver fatto degli stages mirati, tanta è la giungla delle offerte e degli obblighi a cui si è sottoposti, senza dimenticare i prezzi vertiginosi che vengono praticati nella più assoluta mancanza di regole a tutela dell’utenza.

Una necessaria semplificazione delle leggi e delle regole che oramai stanno divorando il nostro Paese non è più eludibile.

Facciamo un ragionamento molto semplice.

Come si articola la quotidianità di quasi tutti gli esseri umani, dalle società tecnologicamente evolute a quelle quasi primitive ?

Sveglia al mattino con il pensiero fisso di procurarsi del cibo, giornata dedicata al lavoro per guadagnarsi i mezzi di sostentamento, svago, riposo.

Le società, man mano, per garantirsi maggiori comodità e sicurezza (per il futuro, per la salute, per la persona…) si è data delle regole, sempre più complesse con lo svilupparsi di esse.

Il problema è che, rispetto ai bisogni degli esseri umani, la quantità di regole che ci governa è intollerabile.

Ogni più piccolo aspetto della nostra vita è minuziosamente regolato e, come facevano gli sciamani nelle società primordiali, c’è qualcuno che –a suo esclusivo beneficio e interesse di chi pure rappresenta (facendo credere, però, che tutti noi ne avremmo godimento) ci dice cosa è necessario e opportuno fare e cosa no.

Gli antichi sacerdoti indicavano tabù e ponevano veti sulle attività umane solo per assicurarsi un loro futuro privilegiato.

Allo stesso modo quelli che concepiscono (inutili) leggi, quelli che le scrivono e quelli che le applicano.

Due mondi, quello degli sciamani-sacerdoti e quello delle persone comuni, destinati a mai incontrasi.

Due mondi fatti di interessi contrapposti.

Uno votato alla conservazione riproduzione di se stesso.

L’altro che potrebbe fare tranquillamente a meno del primo e vivere molto meglio.

C’è speranza per  una vittoria delle formiche sul formichiere?