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Troppo olio per un cavolo

Scritto da Giorgio Rinaldi il 1 novembre 2012
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L’Odissea ci ricorda Elpenore, soldato e marinaio di Ulisse, ubriacone e scansafatiche, morto affogato dopo aver bevuto un otre di vino nella casa della maga Circe, che l’aveva trasformato, insieme ai suoi compagni, in un maiale.

Elpenore, come pure il porcaio Eumeo, sono forse i personaggi più umili e di scarsa importanza del grande poema omerico, ambedue, però, sono quelli che maggiormente contribuiscono al rientro di Ulisse ad Itaca, l’uno perché aveva fatto incontrare nel Regno dei Morti l’indovino cieco Tiresia, che aveva indicato all’Eroe la rotta da seguire, l’altro perché aveva ospitato il Re di Itaca, avvertendolo del pericolo che correva con i Proci in casa, e poi aiutato nella trappola dell’arco.

Tutto questo per dire che in questo mondo ciascuno, a modo suo, è utile e, magari, può contribuire alla riuscita di un progetto più di altri sui quali si confida.

Sottovalutare è sempre sbagliato.

Ma, lo è anche sopravvalutare.

“Troppo olio per un cavolo”, come recita un antico proverbio, è l’espressione usata quando si vuole evidenziare che ci sono persone o cose che non meritano considerazione più di quanto ne possano avere.

L’olio, prezioso alimento, non può essere sprecato per il povero ortaggio in questione che, tra l’altro, non ne ha bisogno.

Né possiamo ricorrere, per giustificare ugual trattamento, al famoso Apologo di Menenio Agrippa (tutte le parti di un corpo sono necessarie alla vita del corpo stesso), perché  -come autorevolmente già osservato da Marx nell’opera Salario, prezzo e profitto (1865)- alcune godono (stomaco) e altre faticano (mani), così come alcune sono assolutamente vitali (cuore, cervello…) e altre un po’ meno (capelli, tonsille…).

Sprecare, come l’olio per il cavolo, tempo ed energie per stigmatizzare, criticare, valutare et similia atteggiamenti di persone e personaggi dall’etereo spessore culturale, intellettuale, politico, professionale… è veramente perdere tempo, perché il loro contributo ad una generale crescita sociale è tendenzialmente uguale al nulla.

Il Capitan Fracassa(to), per esempio, dopo essersi macchiato della più grave e disonorevole delle colpe, ovvero quella di avere abbandonato la nave prima della messa in salvo di passeggeri ed equipaggio, come testimoniato dalle immagini di quella sciagurata notte, ci fa sapere che il timoniere di quella nave modernissima che trasportava più di 5000 persone non aveva capito i suoi ordini  e, invece di virare a destra ha manovrato a sinistra (o viceversa…) perché non parlava l’inglese e l’italiano.

Poiché anche il mio gatto è in grado di capire in almeno 8 lingue, compreso l’antico aramaico, i termini “destra” e “sinistra” (tribordo e babordo nel linguaggio marinaresco), possiamo restare inerti in presenza di panzane di cotanto calibro ?

E, che dire di chi ha avuto una casa pagata a “sua insaputa”, o di chi non si è accorto della sottrazione di quasi 50 miliardi delle vecchie lirette e di quell’altra che nulla sapeva delle faraoniche quanto triviali spese di insaziabili affamati politicanti da operetta che hanno avuto anche la faccia tosta di dire che le loro pazzesche spese (con i nostri soldi) erano un vero scandalo ?

L’elenco potrebbe riempire pagine e pagine…

Speriamo solo che un giorno il Capitan Fracassa(to) e i giornalisti che gli danno corda, così come i predatori dalla faccia di bronzo d’ogni risma, trovino lungo il loro cammino una porcilaia e possano ricoprirsi di quell’onore che forse non hanno mai avuto.