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La pianta del dolce canto

Scritto da Ines Roscio Pavia il 1 agosto 2012
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Il ficodindia di Sicilia

Tucidide nel V secolo a.C. ipotizza che i più antichi popoli della regione sicula siano stati i Ciclopi e i Lestrigoni, che chiamarono l’isola Trinacria. Successivamente arrivarono i Sicani che ne cambiarono il nome in Sicania. In seguito giunsero i Siculi e di nuovo l’isola cambiò nome: divenne Sikelia (Sicilia), nome che ancora mantiene. Vi approdarono anche i Fenici, seguiti nel 734 a.C. dai Greci che sbarcarono in gran numero a Taormina e iniziarono la storia dell’isola, fondando splendide città. Dunque gli “Hellenes” divennero “Sikeliotes” e orgogliosamente chiamarono la Sicilia e il meridione d’Italia la “Magna Grecia”, rendendola terra ricca e potente. Nel 231 a.C. la Sicilia divenne romana e fu il granaio di Roma. La storia della Sicilia prosegue con l’arrivo prima dei Saraceni, poi dei Normanni. Si deve quindi dedurre che La Sicilia sia stata, nei tempi. il centro del mondo mediterraneo, dove i popoli si sono susseguiti gli uni sugli altri portando civiltà, abitudini, gusti diversi e grande cultura.

Parallelamente alla storia del popolo, esiste la storia della vegetazione sicula. Sicuramente indigene sembrano essere la quercia da sughero e il frassino da manna. I Fenici e i Greci vi importarono la vite, l’ulivo, il mandorlo e il melograno. Ai Romani si deve il pesco, il susino, il ciliegio. Ai Saraceni il pistacchio, il gelso, il carrubo, la pianta dattilifera, l’arancio amaro. Tra gli alberi da frutta più recenti c’è l’arancio dolce, il mandarino proveniente dalla Cina e il nespolo giapponese.

La pianta più particolare è sicuramente il ficodindia, accattivante, ma da avvicinare con cautela per via delle sue spine. Belli i cespugli verdi che donano contrasto ai frutti rossi, spinosi pure essi. Si direbbe che non vogliano passare inosservati: attirano e respingono, ma la succosità del frutto fa da calamita. Alcuni sostengono che il ficodindia sia stato introdotto in Sicilia dai Saraceni all’epoca dello sbarco a Mazara del Vallo nell’827, altri lo considerano importato dal Messico nel 1519 e qui introdotto dagli Spagnoli. Il ficodindia è chiamato la “pianta dal dolce canto” perché, se agitata dal vento, sussurra e bisbiglia fruscii sconosciuti. San Cono, è un delizioso borgo disteso al centro di un paesaggio collinare. I filari di “Opunzia ficus-indica”, ci introducono in un paesaggio surreale e presentano la zona di produzione di questo gustoso frutto Qui le coltivazioni ricoprono ben 1400 ettari dei 3000 coltivati in tutta la Sicilia (altre coltivazioni si trovano sul versante nord-occidentale dell’Etna e nell’agro di Santa Margherita Belice). Ogni anno, agli inizi di ottobre, alla maturazione del succoso frutto, è proprio il Comune di San Cono che dedica all’atteso avvenimento una sagra con degustazioni e musica, serate languide ed invitanti nel clima ancora tiepido di Sicilia (Comune di San Cono tel. 0933 970100 – www.edisonweb.com/sancono/ ). Nei dintorni piacevolissime locande o bed&breakfast creano oasi rurali di altri tempi, dove rilassarsi fra una nuotata in piscina e un’escursione a cavallo, attratti nei momenti di ristoro da squisiti buccellati al ficodindia, panettoni alla manna e specialità di dolci tipici.

Il ficodindia è considerato un ottimo integratore nella dieta mediterranea tanto che, da una coltura a carattere spontaneo, si è passato, negli ultimi decenni, a colture specializzate. Importante è la vendita ai supermercati del nord Italia per accontentare la richiesta delle genti provenienti dal meridione che ormai si sono stabilite qui, ma ricordano con nostalgia i prodotti della loro terra. Da loro abbiamo imparato non solo ad apprezzare il frutto, ma anche la tecnica per “sbucciarlo” restando incolumi. Tale è la richiesta che ormai il frutto ha varcato l’oceano per raggiungere le ricche mense del Canada e degli Stati Uniti.

Tratto da “Informa cibo” Il giornale per chi ama il buon gusto