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Teobroma cacao, il Cibo degli Dei

Scritto da Ines Roscio Pavia il 1 agosto 2012
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Prima di essere una golosità, il cioccolato è una passione, dove si fondono antichi saperi e gustose novità.

E’ il fiore all’occhiello di Torino. Se, attirati dai giochi Olimpici passiamo da queste parti, non possiamo perdere l’occasione di dare una “dolce” occhiata alla città. Prima cosa….. acquistare un Chocopass…..un carnet di 10 o 15 tagliandi validità 24/48 ore, per degustare prodotti tipici e specialità a base di cioccolato nei caffè storici, confetterie e pasticcerie. Solo per il periodo olimpico, c’è una versione da 5 giorni, 23 tagliandi. Costo 20 Euro (per informazioni 011 535181).

Girovagando tra un monumento e l’altro, una visita ai numerosi musei, al Palazzo Reale, a Palazzo Madama, alla Gran Madre di Dio, gallerie e castelli, che ci raccontano il prestigioso passato del Regno dei Savoia, ricco di memorie storiche, pur se a confronto con le nuove tecnologie, rilassiamoci e passo dopo passo, possiamo finalmente scoprire l’anima della mitica Torino: la golosità. E’ una passione popolare che traspira dalla ricchezza delle pasticcerie, dal gusto con il quale vengono allestite le vetrine, dal profumo intenso, afrodisiaco che ci assale quando entriamo in una di esse, magari per un semplice caffè che, inevitabilmente, si tramuta in cioccolata. Proprio a Torino nel lontano Settecento nacque l’arte cioccolatiera, perché quando la lavorazione del cioccolato raggiunge tali livelli non può che essere considerata “arte”. Arte che continua ad esprimersi ai giorni nostri, fondendo cioccolato e cioccolato tanto da farne una kermesse indimenticabile. Le pasticcerie di piazza San Carlo fanno a gara per avere la vetrina più avvincente, si mettono in mostra per attirare gli sguardi, per indurre a comperare, ma anche per compiacersi per la cura dedicata all’esposizione, al volere farsi vedere, notare, guardare, come fossero una splendida donna.

La pianta del cacao nasceva spontanea nei bacini dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni fin dal 4000 a.C. Furono dapprima gli Olmechi, antico popolo che abitava il Golfo del Messico, ad iniziarne la coltivazione verso il 1500 a.C., continuata poi dai Maya che, nel corso delle migrazioni lo introdussero nello Yucatan e da qui, tramite i Toltechi e gli Aztechi sempre più a sud nel Centro America. Furono questi popoli a scoprire, nel 600 a.C., la bontà dei semi di cacao. Ritenevano che il seme della pianta del cacao fosse un dono del paradiso e che la saggezza e la potenza provenisse dall’uso di questa bevanda. I semi di cacao erano considerati una “moneta” e con essi si potevano comperare o barattare i prodotti della terra, animali e quant’altro.

Entriamo nella leggenda. Pare che il loro re Quetzaicoatl, dopo aver bevuto una pozione magica, impazzì e fuggì nel mare lontano dalle sue terre, promettendo che avrebbe fatto ritorno per riprendersi il suo regno nell’anno posto sotto il segno del “Ce-acati” e riportare il suo popolo allo splendore di un tempo. Passarono secoli e secoli. Nel 1519, anno ricorrente sotto il segno del “Ce-acati”, l’imperatore Montezuma, all’arrivo proprio dal mare di Hernàn Cortez e dei suoi uomini, credette alla profezia ed accolse pacificamente il conquistatore spagnolo, rendendogli omaggio con oro, argento, pietre preziose, ceste ricolme di semi di cacao ed una bevanda scura e speziata, molto rinvigorente, lo xocolat. La storia insegna che, purtroppo, l’impero Azteco fu distrutto dagli spagnoli. Hernàn Cortez portò il cacao in Europa e da qui partì la diffusione del cacao in tutti i continenti. La data ufficiale del suo ingresso nel nostro continente fu il 1528 e il prodotto ottenne uno strepitoso successo.

La cioccolata veniva consumata dapprima con l’aggiunta di spezie e peperoncino, poi di zucchero, cannella e vaniglia: le nuove esperienze gustative, le sfumature dei sapori, crearono un enorme entusiasmo e furono aperte numerosissime cioccolaterie. Nel 1615 la cioccolata arrivò in Francia in occasione delle nozze fra la principessa spagnola Anna (figlia del re Filippo III) e il re di Francia Luigi XIII. Ormai era rinomata come “ bevanda di corte” e in breve divenne di gran moda in tutta la nazione. Nel 1657 approdò a Londra. Gli olandesi conquistarono il controllo del prodotto sul mercato mondiale. Nel 1678 il Governo Sabaudo emise una speciale patente per il prodotto. Il successo fu imponente, ma nessuno avrebbe potuto immaginarne il futuro sviluppo: dalla cioccolata al…..cioccolato. “Teobroma cacao” (cibo degli dei) è il nome attribuito al nostro prodotto nel 1753 dal naturalista Carl Von Linnè.

Nel XVIII secolo la lavorazione del cioccolato si affermò in tutta Europa e Torino, che da tempo coltivava con entusiasmo la grande passione dell’arte cioccolatiera, ne divenne la capitale, tanto da esportare il prodotto in Francia, Svizzera, Austria e Germania. Venivano migliorate le fasi di lavorazione del prodotto e si studiava come riuscire a solidificare il cioccolato e, finalmente ecco le prime tavolette. Il cioccolato era considerato un alimento energetico, ma ancora non era alla portata di tutti. Gabriele D’Annunzio ne faceva uso prima di incontrare le sue maliarde. Napoleone per ritemprarsi l’anima e il corpo. Il Duca di Plesslin-Praslin adorava mischiare alle tavolette mandorle e zucchero: da qui la nascita delle “praline”. Comunque alla metà del novecento i cioccolatini erano ancora considerati un segno di lusso e di festa.

Ora non abbiamo che l’imbarazzo della scelta, fra marche prestigiose e ottime pasticcerie artigianali. Possiamo scegliere fra cioccolatini allo zenzero, alla cannella, ai quattro colori, al gusto di arancio e di limone, con canditi. Il famoso “tartufo”, che è una piccola sfera di puro cioccolato gianduia e panna montata ricoperta da cioccolato fondente. Il caratteristico ed ineguagliabile “Tourinot” che è il prelibato cioccolatino di Guido Gobino. Il “Gianduiotto” che ha dato nome all’ “Associazione del Gianduiotto” promossa dal CNA di Torino e che si pone, come obiettivo, il riconoscimento di prodotto IGP (identificazione geografica protetta). La Caffarel non necessita di presentazione. La Streglio nacque nel 1885 grazie a Pietro Arturo Streglio, che imparò i primi elementi dell’arte dolciaria a 11 anni presso un artigiano, perfezionandosi in seguito presso la Talmone. La Peyrano, con il gruppo Maione, ha dato vita a “mostre” dal titolo “Cioccolato e Arte” che rappresentano la ricostruzione di nature morte dei secoli scorsi. Il tutto allestito in suggestive vetrine in molte città italiane. Nel Piemonte gli addetti al settore sono oltre cinquemila persone. Nella regione sono prodotti oltre 80.000 tonn. di cioccolato, per un valore di 800 milioni di Euro. Una curiosità: il cioccolato più amato è il fondente, seguito da quello al latte, dal gianduia e dal bianco.

I caffè storici di Torino hanno un fascino particolare, citiamo il San Carlo, il Baratti e Milano, il Fiorio e ci scusiamo con quelli non citati, ma sempre affascinanti. Una sosta non può mancare allo storico caffè in piazza della Consolata, dove si trova il santuario più amato dai torinesi. E’ puro piacere sedere ad uno dei suoi tavolini (il locale risale al 1763) e bere il caffè in tutte le sue forme, marocchino, cappuccino, ma soprattutto il “Bicerin” la bevanda torinese a base di cioccolata, crema di latte e caffè.

Per gli appassionati: i peccati di gola, a Torino, non sono considerati peccati.