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C’e’ spread e spread

Scritto da Giorgio Rinaldi il 1 luglio 2012
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Capita, spesso e volentieri, che i giornali, soprattutto quotidiani, e telegiornali tirino fuori una nuova parola per indicare un concetto politico, una situazione economica, un accordo sindacale e così via, senza curarsi di spiegarne compiutamente il significato, sia al principio, sia durante l’uso nel tempo.

Gli stessi “esperti”, chiamati ad animare “tavole rotonde” di approfondimento, danno sempre per scontato che tutti sappiano di cosa si stia parlando.

Basterebbe chiedere alle persone che si incontrano per strada il significato del termine al momento in voga per rendersi conto che, spesso e volentieri, giornali e televisioni, non ultimi i cosiddetti “esperti”, parlano alla luna.

Sullo “spread” da mesi si è detto tutto e di più, tanto che non c’è mattino che non si resti in trepida attesa di conoscere il numero magico che determinerà il nostro destino.

Con il termine inglese “spread” si indica la differenza tra i tassi di interesse dei titoli emessi da Stati diversi, i cosiddetti “buoni” che garantiscono un rendimento all’acquirente.

Per dirla semplicemente, uno Stato quando ha bisogno di soldi se li fa prestare da banche, investitori e semplici cittadini, con l’assicurazione di restituirli ad una certa data pagando un certo interesse.

Nella situazione attuale, ogni Paese dell’Unione Europea misura la differenza (spread) tra gli interessi che paga a chi acquista i propri titoli  e gli interessi più bassi che paga un altro Stato.

Il Paese dell’UE che corrisponde meno interessi è la Germania : interessi pari a zero se non, addirittura, richiesta di cospicue commissioni statali per acquistarli, vista la sicurezza dell’investimento, cioè lo Stato Tedesco chiede di essere pagato perchè gli si possa prestare i soldi !

La differenza tra i titoli di stato tedeschi (BUND) e quelli italiani (BTP) è di diverse centinaia di punti, corrispondendo ogni 100 punti a 1 punto percentuale di interesse.

Se, per esempio, il termometro mattutino dello spread registra 420 punti,  significa che la differenza di interessi che corrisponde in più agli acquirenti di titoli l’Italia rispetto alla Germania è del 4,2%.

Ma, come è calcolato il differenziale ?

Solo sulla potenza economica dei singoli Paesi ?

Si, è così : ma la causa è data da un insieme di fattori non solo economici che determinano la fiducia, la sicurezza, la serietà e la capacità di attrazione di investimenti e quindi di economia più forte di un Paese.

Mettiamo a confronto i “differenziali che pesano” veramente, indicandone solo alcuni dei 50 che contano :

-        lo Stato tedesco paga i suoi fornitori in 35 giorni, l’Italia in 180;

-        un tribunale tedesco decide un contenzioso commerciale in 1 anno, in Italia di anni ne occorrono, se va bene, 4;

-        una concessione edilizia in Germania viene rilasciata in 50 giorni, in Italia in 140;

-        gli articoli contraffatti sequestrati dai tedeschi (base 1000 ab.) sono 263, dalle nostre parti raggiungono appena 30;

-        la densità della rete ferroviaria germanica (Km x milione di ab.) è 462, quella italiana è 275.

E, così via.

Tutto questo non nasce per caso.

In Germania, bisogna riconoscere, le cose si fanno seriamente (a dire il vero anche quelle cattive!).

Come i più, anche i tedeschi dimostrano memoria corta quando si tratta di riconoscere il massiccio aiuto ottenuto all’indomani della catastrofica seconda guerra mondiale, o quello necessario alla riunificazione dopo la caduta del Muro di Berlino.

La loro mentalità è classicamente luterana e calvinista: senso del dovere, del sacrificio, del lavoro, dello Stato, apertamente in contrasto con quella dei Paesi “papisti”, dove il fedele ogni venticinque anni gode di un Giubileo e pagando qualche messa si monda di tutti i peccati.

I tedeschi amano le formiche e odiano le cicale.

Non sopportano che loro debbano tirare la carretta mentre i soliti furbi ci salgono allegramente sopra.

E poi, non capiscono perché debbano rinunciare ad avere il denaro a costo zero con la vendita dei loro BUND (a zero interessi) mentre lo stesso denaro dovrebbero pagarlo al costo del 2 o del  3%  con i tanto invocati (dagli altri Paesi) EUROBOND.

Come dar loro torto ?

Ricordare ai tedeschi le immani responsabilità della tragedia dell’ultimo conflitto mondiale ha il sapore dei confetti al rosolio, specialmente quando, troppo spesso lo dimentichiamo, insieme a loro c’eravamo anche noi, e non solo.

Ai tedeschi e all’Europa possiamo dimostrare una cosa sola: che siamo delle persone serie, finendola una volta per tutte con i populismi e i populisti.

I tedeschi, dal canto loro, dovrebbero cominciare a guardare la foresta, senza perdersi ad ammirare l’albero del loro giardino.

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