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A tutto rosé (con e senza bollicine)

Scritto da Piero Valdiserra il 1 giugno 2012
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Se avete in programma una ricorrenza particolare, un appuntamento romantico o un anniversario del cuore, certamente vi preoccuperete di mettere in fresco una bottiglia importante, che vi consentirà un brindisi spumeggiante e suggestivo.

A questo proposito il panorama delle bollicine, nostrane e d’importazione, negli ultimi tempi si è animato per un piacevole ritorno: quello dei rosé. La moda, come spesso succede, è partita dalla Francia, ma ora ha contagiato anche tutti i templi italiani del bere bene. Nei migliori bar à vin parigini i clienti hanno ricominciato a ordinare i rosé perché, a parte il gusto intensamente fruttato, il loro aspetto richiama il rosa vellutato di molti capi di alta moda. Ci voleva la passerella degli stilisti per riportare in auge questi vini tecnicamente difficili, poco conosciuti, amati dagli intenditori per il loro carattere e per la loro vinosità e considerati una rarità dagli stessi produttori.

Giunti al limite della scomparsa dal mercato, spumanti e champagne rosé riprendono dunque consensi, e coinvolgono nella crescita tendenziale anche i rosati fermi. A parte le considerazioni di ordine estetico e psicologico, questi prodotti si fanno apprezzare soprattutto per la forza e per la struttura che deriva dal loro ingrediente principe, il pinot nero, ed evidenziano tratti organolettici decisamente più complessi rispetto alle bollicine in bianco. La tecnica per ottenerli può essere duplice. Un primo metodo consiste nell’aggiunta alla cuvée, prima della messa in bottiglia, di una percentuale di vino rosso fermo, di solito contenuto entro un 15%. Un secondo procedimento prevede invece la spumantizzazione di un vino che nasce già rosato, e che viene successivamente portato al giusto grado di effervescenza.

Vi starete forse domandando, a questo punto, come servire dei prodotti così particolari. Troppo spesso si sente ancora al ristorante la fatidica intimazione al cameriere o al sommelier di turno: “Mi raccomando, la bottiglia ben ghiacciata!”. I profumi e i sapori evoluti dei rosé ne risulterebbero irrimediabilmente coperti. Dovrete cercare una temperatura di servizio più vicina possibile a quella di cantina, attorno cioè ai 10 gradi, senza dimenticare che la soluzione più funzionale, oltre che più suggestiva, resta quella del classico secchiello.

E per gli accostamenti con la cucina? Le bollicine color salmone nascono per esaltare abbinamenti inconcepibili con gli spumanti e gli champagne normali, e quindi sulla tavola si rivelano molto versatili. Amano ad esempio sposarsi a preparazioni di pesci e crostacei crudi marinati, agli affumicati, soprattutto di mare, alle pietanze a base di carni bianche dalle medie cotture. C’è poi chi  serve i rosé su piatti molto impegnativi come la cassoeûla  lombarda, sulle carni rosse e persino su certa selvaggina. In questo momento sono richiestissimi dai patiti della cucina fusion. Infine sono eccellenti anche a fine pasto, a patto di accompagnarli con scaglie di parmigiano-reggiano o con dessert ai frutti di bosco, crostate o frutta secca.

Le bollicine, dicevamo, hanno un effetto trainante anche sul consumo dei rosati tranquilli. Un modo fresco e giovane di bere, particolarmente adatto all’estate, che sta riportando alla ribalta i gioielli tradizionali – e fino a poco tempo fa trascurati – di queste produzioni di nicchia: i Chiaretti del Garda, ad esempio, o i vigorosi Cerasuoli d’Abruzzo, oppure ancora i mille e mille rosati fragranti della viticoltura pugliese.

 

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