www.faronotizie.it - Anno XIX - n. 216 - Aprile

Forse che si, forse che no

Scritto da Giorgio Rinaldi il 1 novembre 2016
facebooktwitterfacebooktwitter

Si racconta che il saggio contadino (muranensis), girovagando per boschi allo scopo di approvvigionarsi di legna per l’inverno, vide per terra una borsa contenente all’apparenza del danaro.

La guardò, la scostò col piede e passò oltre.

Il figliolo che lo accompagnava, stupito, chiese al padre il perché del suo gesto.

L’uomo, serafico, rispose: “quando si va a legna si va a legna, quando si va a borse si va a borse.”.

E, proseguì oltre… leggi tutto

 

3 Responses so far.

  1. pat58 scrive:

    Booommm… commento altisonante proprio nel blog del Direttore Responsabile, che mi spinge ad alcune spicciole considerazioni. Seguo il giornale da quando è nato e, con molta tristezza, noto la scarsa partecipazione alle discussioni dei vari, per molti versi, interessanti articoli. I commenti si possono contare sulle dita di una mano sola.. in un mese! A parte il livore nella risposta all’improvvisato “bibbiologo” (si dice cosi?) al quale non occorreva neanche rispondere con un articolo, non sarà forse l’atteggiamento autoreferenziale (vedi sopra) a creare il deserto in questo interessante mezzo di comunicazione? Una volta ho fatto notare, tanto per dirne una, la differenza concettuale tra infuso ed estratto idro-alcoolico, usati in modo disinvolto, ad un uno che scrive di cucina… e da li ho capito come funziona!

  2. francesco mt tarantino scrive:

    “La guardò, la spostò col piede e passò oltre.
    Il figliolo che lo accompagnava, stupito, chiese al padre il perché del suo gesto.
    L’uomo, serafico, rispose: “quando si va a legna si va a legna, quando si va a borse si va a borse”.
    E proseguì oltre.
    Immemori dell’antico insegnamento, gli italiani hanno sempre dato prova di essere eccellenti giocatori di carte, specialmente nel mischiarle.”
    Io no, non so mischiarle!

  3. FRANCESCO ARONNE scrive:

    Apprezzo il percorso logico con cui il Direttore toglie il forse al suo SI al referendum. Ha la competenza e la capacità per argomentare la sua rispettabile opinione e soprattutto per mettere il lettore a suo agio con la dimensione del fango su cui scivola e in cui si imbratta il paese. Credo che le ragioni di un SI e di un NO si sovrappongono riuscendo a volte paradossalmente a mimetizzarsi, restando ben lontane da quella consuetudine ormai calcificata, di una cospicua fetta di tifoso elettorato, di votare a favore o contro indipendentemente dalla posta in palio. La comprensione del quesito da parte degli stessi elettori, in questo consolidato clima che precede ogni elezione, rischia di diventare quindi aspetto marginale. In un commento estemporaneo pervenuto dalla Leopolda, il figliol prodigo renziano Matteo Richetti ha attirato l’attenzione sul fatto che molti identificano il quesito referendario con il consenso o dissenso nei confronti del Presidente del Consiglio. La colpa non è certo loro. Nessuno ha dimenticato la veemenza ed enfasi con cui questi legò il suo destino politico e personale all’esito del referendum. In tanti ci hanno creduto e ne serbano vivo il ricordo, illudendosi che la vittoria del NO lo possa mandare nella destinazione che lui stesso prefigurò. Ad urne neanche aperte il Presidente del Consiglio si è già affrettato a ritrattare il suo monastico ed espiativo ritiro in caso di vittoria del NO, non ci stupirebbe una ulteriore ritrattazione preelettorale e magari un’altra post. In quanti se ne meraviglierebbero? Non è forse lo stesso Iscariota che disse al suo coinquilino di partito “ENRICO STAI SERENO…” e neanche il tempo di una luna lo costrinse (o si prestò a chi lo ha costretto) a far fagotto? L’uomo della Provvidenza (un altro) che in cento giorni avrebbe stravolto l’Italia e il mondo, sulla soglia dei quasi mille giorni di timone, ripesca tristemente opinabili e depotenziate categorie berlusconiane, alacremente da lui stesso avversate, quale il ponte sullo stretto di Messina. Lo stesso uomo che ha onorato il nostro Pio Borgo con la sua venuta per inaugurare il tratto di autostrada Salerno-Reggio Calabria. Peccato che, neanche il tempo di rientrare nella capitolina sede del governo, nel tratto autostradale pomposamente inaugurato ci si imbatte in una inspiegabile chilometrica corsia unica, gallerie illuminate a tratti e limite dei 60 km/h. In entrambe le direzioni Sud e Nord. Strana idea di modernità visto che i lavori dichiarati ultimati sono stati di ammodernamento così come i propositi governativi e nel PD. Il Presidente del Consiglio/Segretario di partito non perde né pelo e né vizio e dopo l’ingiustificabile boicottaggio del referendum sulle piattaforme petrolifere ci riprova banalizzando (sempre alla Leopolda) questo referendum paragonandolo ad un derby anche se importante. Ne ha facoltà anche se questa volta la chiamata alle armi dei suoi pasdaran è stata totale, con clamorosi reclutamenti dell’ultima ora (con i ravveduti Richetti, Cuperlo e Benigni, tanti altri). Il Direttore si chiederà cosa c’entrano queste considerazioni con il merito dei quesiti referendari argomento del suo editoriale. Presto detto: quasi nulla. Queste considerazioni a cui mi sono lasciato andare scaturiscono, oltre che dal commento precedente di “pat58”, dallo spassoso incipit dell’editoriale che dopo la divertita lettura mi ha indotto ad ipotizzare i ragionamenti del citato “saggio contadino (muranensis)” di fronte al quesito referendario e di scriverne a margine, per l’esclusivo svago dei nostri lettori. Non mi sono riuscito a dare una risposta convincente sulla sua scelta per il Si o per il NO, ma di una cosa sono certo: dovendo tale saggio contadino comprare un paio di scarpe di “mpigna” (scarpe di cuoio fatte a mano e su misura) il primo quesito che si pone, prima di fare l’ordine, è sull’affidabilità del calzolaio. Sa che tutto il resto è solo teoria: chi fa le scarpe le deve far bene per forza, se no avrebbe già chiuso l’attività; se uno è calzolaio certo che le scarpe le sa fare; possibile che un calzolaio non sappia fare le scarpe? Se tu non sei calzolaio come fai a giudicare un calzolaio? Cosa vuoi saperne tu del come si fanno le scarpe? Considerazioni tutte apparentemente inopinabili, che però poco importano al saggio contadino. A questi interessano solo le sue di scarpe che dovrà pagare col suo di denaro. E sono certo che ad una richiesta di spiegazioni il nostro contadino risponderebbe: “Cu non si guarda la peddra suja sa mangianu i lupi.”. Reputo superflua la traduzione. Personalmente non sono affatto convinto che la Costituzione sia immutabile. Se si vogliono davvero ridurre i costi della politica e non utilizzarne la presunta riduzione a pretesto d’altro, è sufficiente dimezzare i componenti delle due camere e subito dopo dimezzare gli emolumenti ad ognuno di loro, come il gioco della ghigliottina in due mosse le spese vengono ridotte ad un quarto. Già sento il coro che urla “Impossibile utopia!”. L’attuale eccessiva liquefazione della società e dei tempi che viviamo non deve però far guardare necessariamente con sospetto a qualcosa di solido e duraturo che è stato un caposaldo della democrazia nel nostro paese. Certamente la domanda cogente che è lecito porsi è quali siano le reali necessità del cambiamento e soprattutto quali sono i requisiti che devono avere i riformatori e come fare questa riscrittura, col più ampio coinvolgimento possibile, nel rispetto delle reali esigenze di cambiamento in cui il Paese spera. Non intendo aprire altri fronti di discussione e magari sentirmi dire da dotti e/o improvvisati opinionisti che la Costituzione prevede i meccanismi dei suoi cambiamenti e che proprio a questi si è fatto riferimento o che in tanti hanno accordato le riforme salvo poi a pentirsi. Non sono un esperto di questi argomenti né voglio passar per tale, col rischio di sottopormi alle interpretazioni del diritto alla Don Abbondio maniera. Certo è che se guardo ai padri costituenti con lente del presente vedo dei giganti; se mi guardo intorno oggi, ahimè, vedo solo nani e ballerine. Il quesito referendario, in fondo chiede ad ognuno di noi un semplice SI o NO. Poco conta, ai fini del risultato finale, quanto siano colte e pertinenti le argomentazioni che hanno indotto l’elettore ad apporre una croce su un simbolo piuttosto che sull’altro. Ai fini della conta finale, contano solo i SI ed i NO “contati” e sono tutti terribilmente uguali. E si sa come va il mondo altrimenti non avremo tanti voltagabbana, piattole e leccataglieri ad impinguare le liste elettorali ed a far codazzo, prodighi di inchini e salamelecchi, ai vincitori del momento, immemori di passate esternazioni. Nessun dramma, è solo un SI o un NO (la scheda avrebbe potuto prevedere anche il NON SO ma non lo fa). Il vincitore quasi come in un derby sarà uno solo, salvo l’improbabile ma non matematicamente escludibile pareggio. Chi vivrà vedrà, saggio contadino incluso…