Gli stessi economisti hanno dovuto ammettere, affrontando la crisi finanziaria e economica iniziata nel 2008, che i modelli e le teorie utilizzati si sono dimostrati insufficienti se non addirittura fallaci. L’andamento erratico dei mercati finanziari come non mai, l’elevata volatilità delle quotazioni di azioni e obbligazioni e l’aumento dei rischi di insolvenza di banche e società a livello globale, hanno evidenziato l’inadeguatezza dei poteri delle autorità nazionali e lo scarso contributo dei consulenti economici difronte alle ondate della crisi internazionale.
Nel novembre del 2008, durante una vista alla London School of Economis, la Regina Elisabetta chiese come mai solo pochi economisti avevano previsto la crisi del sistema bancario britannico. Dieci importanti economisti inglesi, subito dopo, inviarono una risposta alla Regina, criticando le prime reazioni auto-assolutorie da parte della casta dei professori. In questa lettera, i dieci accademici criticavano i loro colleghi per non aver affatto considerato, nelle loro risposte alla Regina, ciò che non andava (e purtroppo ancora non va) nella formazione degli economisti: in sostanza l’aver trasformato l’economia in una branca della matematica applicata, con scarsissimo contatto con il mondo reale.
J.C. Trichet, l’ex capo della Banca Centrale Europea, ha lanciato un vero e proprio atto di accusa contro la categoria degli economisti per la stessa ragione : essersi dimostrati incapaci di prevedere lo scoppio della crisi finanziaria globale.
Sempre Trichet ha affermato che gli economisti avrebbero fatto meglio a integrare i loro metodi di analisi con altre discipline (come la fisica, l’ingegneria , la psicologia e alcune discipline sociali ) per arricchire con ulteriori idee e dati i loro scenari dai quali derivano poi le previsioni sull’andamento dell’economia e sul comportamento delle principali variabili finanziarie.
Infatti un famoso esperto di cambiamenti climatici (Robert May) ha affermato che le tecniche della sua materia avrebbero potuto essere tranquillamente utilizzate per analizzare i comportamenti di alcune variabili finanziarie.
Insomma con un approccio multidisciplinare, cioè allargato anche ad altre esperienze scientifiche, gli economisti avrebbero potuto comprendere meglio e in anticipo la dinamica della crisi finanziaria iniziata nel 2008 in seguito al clamoroso fallimento della Lehman Brothers.
Anche il finanziere George Soros, dopo le scorribande speculative sui mercati dei cambi che lo avevano reso famoso alcuni decenni fa, ha sentito il bisogno morale di finanziare una fondazione che focalizza le proprie ricerche sull’utilità delle teorie economiche oggi più in voga!
Economisti più esperti in storia economica e non solo nei cervellotici algoritmi che sono alla base di sofisticate quanto irrealistiche analisi finanziarie sarebbero certamente molto più utili nelle stanze del potere politico ed economico.
Ma purtroppo la schiera dei rampanti economisti fedeli al dogma secondo il quale i mercati finanziari si autoregolano è ancora molto numerosa ed influente. Le autorità finanziarie avranno ancora molto lavoro da fare per ristabilire nuovamente un minimo di regolamentazione nei mercati finanziari ( dopo l’ubriacatura della deregulation di matrice anglosassone) per limitare le crisi e i rischi finanziari.
Infine è solo di qualche giorno fa la scoperta della clamorosa svista in cui sono incappati due famosi economisti ( Reinhart e Rogoff) che con le loro teorie hanno notevolmente influenzato la gestione economica delle situazioni di crisi per eccessivo indebitamento di alcuni paesi dell’area euro, fra cui il nostro. Le misure di eccessivo rigore adottate obtorto collo da questi paesi hanno invece aggravato la congiuntura economica, come il cane che morde la propria coda!
Reinhart e Rogoff sono i fautori della religione laica del rigore basata sul rapporto fra debito pubblico e Prodotto Interno Lordo; secondo la loro teoria quando il rapporto fra queste due entità supera il 90% la crescita si blocca e si entra in recessione (in Italia come ben noto siamo al 130%!!). Ma la realtà ha dimostrato che questo assioma non è valido! Le errate conclusioni dei due economisti sono state causate da alcuni dati statistici non coerenti con le analisi : ci risiamo troppa matematica e poca storia, sociologia e politica!
Ovviamente questo non significa che gli impegni di rientro dall’eccessivo indebitamento sottoscritti dal nostro paese non siano più validi, ma dovrebbero essere perseguiti tenendo conto della capacità di tenuta del sistema paese e non dipenderei esclusivamente da teoremi finanziari sconnessi dalla realtà.