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Lentamente muore

Scritto da Giusy Regina il 20 gennaio 2013
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Centinaia di persone erano in fila per comprare il pane a Hefaya, quando un raid aereo del regime li ha seppelliti sotto le macerie. Altre centinaia di studenti si trovavano all’università di Aleppo nel primo giorno di esami, quando due esplosioni hanno colorato un’altra giornata di sangue.

Le stime ufficiali dell’ONU parlano di oltre sessantamila morti dall’inizio del conflitto in Siria,

ovvero dal 15 marzo 2011. Dal bilancio iniziale di mille morti al mese si è passati a cinquemila. Numeri: oltre dodicimila i morti nella provincia di Homs, oltre diecimila in quella di Damasco, circa settemila in quella di Idlib.

Bilancio scioccante, fallimento della comunità internazionale, appello alla corte penale

internazionale: questi i commenti più comuni.

Il numero dei morti è davvero agghiacciante, anche se in questi casi si sa bene che le cifre ufficiali non sempre corrispondono alla realtà. Perché in una guerra, oltre alla gente, quello che muore è la verità. La famosa verità del vincitore che scrive la storia. In questo caso però, come forse in tutte le guerre civili, i vincitori sembrano non esserci.

Delle sessantamila vittime non si distingue tra uomini, donne e bambini, né si sa quanti siano stati uccisi dalle forze governative e quanti dall’opposizione. Si tratta di una bomba ormai esplosa da ventidue mesi e che è fuori da ogni raziocinio. Neanche Assad controlla più quello che sta accadendo. E questo perché la guerra cambia ogni cosa, ogni uomo, e abbatte ogni principio. Quella che è iniziata come una rivoluzione sulla scia della primavera araba si è trasformata in un’aspra guerra civile che sta disintegrando un paese dal di dentro, mentre dal di fuori si assiste inermi a quello che sarà annoverato come l’ennesimo genocidio della storia.

Non si tratta più di chi si schiera a favore del regime o dei ribelli in questa guerra: la Siria versa in una grave crisi umanitaria che necessita tutto l’impegno diplomatico possibile. D’altronde Assad è una minaccia anche per gli altri paesi arabi e per l’occidente stesso. Sicuramente lo scenario internazionale è molto complesso e si teme che un eventuale intervento possa peggiorare la situazione. Ma una formula ci deve pur essere. Un modo che fermi questa macchina infernale che aggiunge morti e crimini ogni giorno. L’Europa sembra essere bloccata nell’attesa di un primo passo americano. L’America, prima impegnata nelle elezioni, adesso prende tempo. Ma forse è proprio il tempo il nemico più arduo da combattere. Perché non ce n’è, non più. Sembra che la Siria stia morendo.
Il paese attraversa una fase di stallo bellico e il futuro è davvero difficile da immaginare.

Tutto fa pensare che il peggio debba ancore venire.

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