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Enrico “Chico” Forti: un italiano colpevole d’innocenza negli USA

Scritto da Giuseppe Centonze il 1 ottobre 2012
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L’imprenditore italiano di Trento, Enrico Forti detto “Chico”, dopo un processo durato nientemeno che venticinque giorni, il 15 giugno 2000 è stato ritenuto colpevole di omicidio da una giuria popolare della Dade County di Miami, “per aver personalmente e/o con altra persona o persone allo Stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamente, la morte di Dale Pike”. La sentenza ha lasciato esterrefatti i presenti e quanti avevano seguito il dibattimento processuale, increduli che una giuria abbia potuto emettere “oltre ogni ragionevole dubbio”, un verdetto di colpevolezza basato soltanto su flebili e confuse prove circostanziali. Successivamente, attente verifiche e valutazioni sulla fondatezza di queste“prove circostanziali”, produssero una tale quantità di dubbi che il sospetto che i fatti siano andati in modo completamente diverso da come sono stati presentati dall’accusa, è divenuto certezza. Valutando meticolosamente una per tutte le accuse basate su fatti ed antefatti, si scoprì una serie infinita di manomissioni delle “prove circostanziali” da parte dell’accusa, con l’unico scopo di ottenere un verdetto di condanna.

Sullo sfondo aleggia fortemente il sospetto che il desiderio di Chico Forti di fare luce sulla morte di Gianni Versace e del suo presunto assassino Andrew Cunanan, la cui rappresentazione dei fatti era stata volutamente presentata all’opinione pubblica in maniera distorta, ha sancito la sua morte civile …

Cerchiamo di ricapitolare questa incredibile vicenda. Enrico Forti detto “Chico” nasce a Trento nel 1959. Negli anni novanta si trasferisce a Miami in Florida, dove intraprende un’attività di film-maker e presentatore televisivo. In seguito si dedica anche ad intermediazioni immobiliari ed è proprio svolgendo questa attività che conosce un personaggio di nome Anthony Pike, che si presenta come proprietario di un omonimo albergo sull’isola di Ibiza, in Spagna. Alla fine del 1997, Anthony Pike viaggia alla volta di Miami, ospite di un tedesco di nome Thomas Knott, che da qualche tempo soggiornava a Williams Island, in un appartamento sito proprio sotto l’abitazione di Chico Forti. Anthony Pike in quel periodo si trovava in estreme difficoltà finanziarie. Thomas Knott era un “intrallazzatore” condannato in Germania a sei anni di detenzione per truffe miliardarie. L’ultima fu proprio quella tentata ai danni di Chico Forti, convocando Anthony Pike a Miami con l’intento di vendere il citato hotel, sebbene non fosse più di sua proprietà da oltre un anno. Durante questa trattativa, compare sulla scena Dale Pike, figlio di Anthony Pike, che lasciava precipitosamente la Malesia, per motivi non accertati, e ricorreva all’aiuto del padre, trovandosi in uno stato di necessità completamente privo di denaro. Anche Anthony Pike non aveva alcuna disponibilità finanziaria, e chiese l’aiuto di Chico Forti con il quale era entrato in trattative per la compravendita dell’albergo. Forti fu disponibile e alla fine di gennaio 1998 pagò a Dale Pike il biglietto aereo dalla Malesia alla Spagna. Quindici giorni più tardi, Anthony Pike telefonò nuovamente a Chico Forti, prospettandogli una sua visita a Miami, questa volta in compagnia del figlio Dale. Il giorno del loro arrivo fu programmato per domenica 15 febbraio 1998. Convinse nuovamente Chico Forti ad anticipare il denaro per pagare i biglietti aerei ed anche questa volta Forti acconsentì a pagare i biglietti ad ambedue. Due giorni prima della partenza, Anthony fece un’ultima telefonata a Chico Forti, adducendo problemi personali, spostando il suo appuntamento con lui a New York per il mercoledì successivo 18 febbraio. Suo figlio Dale invece, avrebbe comunque viaggiato a Miami, da solo, la domenica 15 febbraio ed Anthony chiese a Forti di andarlo a prendere all’aeroporto per ospitarlo a casa sua. Forti acconsentì, ma dopo il suo incontro con Dale all’aeroporto, quest’ultimo gli chiese di essere portato al parcheggio di un ristorante a Key Biscayne, dove amici di Knott lo stavano attendendo e avrebbe trascorso alcuni giorni con loro, in attesa dell’arrivo del padre. Forti gli diede un passaggio fino al luogo indicato da Dale e lo lasciò al parcheggio verso le ore 19:00 di quella domenica. Il suo contatto con Dale Pike, mai visto né frequentato prima di quel giorno, era durato circa una mezzora. Il giorno 16 febbraio un surfista ritrovò il cadavere di Dale Pike in un boschetto che limita una spiaggia a poca distanza dal parcheggio dove Enrico Forti lo aveva lasciato. Era stato “giustiziato” con due colpi di pistola calibro 22 alla nuca, denudato completamente ma con vicino il cartellino verde di cui viene dotato alla dogana chiunque entri negli Stati Uniti. La morte fu fatta risalire tra le 20:00 e le 22:00 del giorno precedente, poco tempo dopo il suo commiato da Chico Forti. Fu provato che Chico Forti alle 20:00 si trovava all’aeroporto di Fort Lauderdale.

Contro ogni regola del diritto internazionale, al processo l’accusa è cambiata tre volte in corso d’opera. All’inizio il Forti era indicato come omicida. Provato inconfutabilmente che non poteva esserlo, la tesi successiva lo indicava come “mandante”. Caduta anche questa ipotesi, l’ultimo tentativo di coinvolgere Chico Forti nell’omicidio è stato quello di ritenerlo colpevole di essere stato “colui che ha gestito le canne fumanti che hanno eliminato Dale Pike”. Su questa ultima assurda teoria è stata pronunciata la condanna.

Giovedì 15 giugno 2000, ore 16 circa. Solo poche ore sono bastate ai giurati per emettere un verdetto di colpevolezza. Incredibile ed incomprensibile la decisione della Corte nel suo pronunciamento della abnorme pena inflitta, che riportiamo nella traduzione letterale: “La Corte non ha le prove che lei Sig. Forti abbia premuto materialmente il grilletto, ma ho la sensazione, al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l’istigatore del delitto. I suoi complici non sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Portate quest’uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all’ergastolo senza condizionale solamente sulla base di una “sensazione”! In seguito, nonostante si fosse in grado di dimostrare ampiamente che Enrico Forti era rimasto vittima di un clamoroso errore giudiziario, cinque appelli posti per la revisione del processo sono stati tutti rifiutati sistematicamente dalle varie Corti, senza motivazione, né opinione.

Ora la criminologa Roberta Bruzzone si è interessata al caso e dopo due anni e mezzo di ricerche, ha redatto una relazione, corredata da centinaia di documenti a comprova, da portare sul tavolo del Ministro degli Esteri per dimostrare le clamorose irregolarità del processo. Ormai è chiaro che solo con il supporto della Farnesina si possono far valere pesantemente negli Stati Uniti le ragioni di Chico Forti. Le prove di innocenza? Sono infinite e indiscutibili. Roberta Bruzzone ne è molto convinta: “Ci sono elementi oggettivi che mostrano la violazione dei diritti dell’imputato e, spiace dirlo, tale fatto è imputabile alla difesa che ha intrapreso strategie suicide per non far interrogare Chico davanti ai giudici e quindi ha subito una terribile condanna senza essere efficacemente difeso”. “Inoltre nessuno poi ha mai avvisato Forti – chiarisce la criminologa – che il suo avvocato difensore, contemporaneamente alla sua difesa, lavorava anche come accusatore nella Procura di Miami. Per la legge americana si tratta di un gravissimo conflitto d’interessi, che da solo potrebbe far invalidare il processo”.

Alla criminologa Roberta Bruzzone si sono aggiunti gli appelli per la revisione del processo anche da parte  di Fiorello e di Red Ronnie.

Intanto, la Farnesina continua a non prendere alcuna posizione ufficiale sul caso.

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