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Agron, Besson, Cage e Renò, con l’Itaklia dei “ritocchi” al Giffoni 42.

Scritto da Carlo Di Stanislao il 1 settembre 2012
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La vera star dell’ultimo Giffoni Film Festival è stata lei, la vegetariana più sexy del mondo, Dianna Agron, diventata famosa grazie al ruolo di Quinn Fabray nella serie tv Glee, che ha ricevuto l’accoglienza incontenibile di migliaia di fan arrivati nel piccolo paese campano da tutta Italia e che, raggiante, ha annunciato: “Una volta lasciato Giffoni volerò a Parigi, per girare Malavita, il nuovo film di Luc Besson, dove reciterò al fianco di Robert De Niro”.
E di Luc Besson si è parlato ancora a Giffoni, con la presentazione, grazie ad una emozionata Arisa e un divertito Enzo De Caro, in anteprima nazionale, del cartoon in 3D “Un mostro a Parigi”, da lui prodotto, ma scritto e diretto da Bibo Bergeron, già autore de La strada per Eldorado e Shark Tale.
Nel film Arisa presta la sua bellissima voce al personaggio di Lucille (nella versione francese la voce è quella di Vanessa Paradis) una giovane chanteuse dal cantare angelico che, grazie al suo sguardo innocente e aperto sul mondo, è l’unica a non scappare e urlare davanti al ‘mostro di Parigi’: una pulce gigantesca nata dalla commistione di pozioni chimiche preparate da uno scienziato in trasferta in America, il cui laboratorio viene un giorno visitato da Emile, giovane proiezionista, e Raoul, uno strampalato trasportatore di merci varie.
Le disattenzioni e il muoversi clownesco dei due personaggi procurano nella serra laboratorio la caduta accidentale di alcune ampolle. La fuoriuscita del liquido contenuto mischiandosi causalmente, provoca la nascita e la crescita in forma gigantesca di piante e animali. Nascono così un girasole alto quanto la torre Eiffel e una pulce dalle dimensioni strabordanti.

A metà strada tra il gobbo di Notre Dame (per il suo aspetto fisico) e Spiderman (per le sue acrobazie sui tetti e i monumenti della città), la pulce, cioè il mostro di Parigi, diventa in breve tempo un incubo per la popolazione e contro di lui si scatena l’ira e la violenza del prefetto della città, che trova nella caccia al mostro l’occasione della sua vita per dimostrare a tutti di essere un eroe, rivelandosi però una sorta di poliziotto pieno di sé, vendicativo e dalla pistola facile.
Le canzoni e l’intera colonna sonora che accompagnano il sogno di Lucille in una Parigi restituita al pubblico nei suoi vicoli, giardini, tetti e lungo Senna ricchi di dettagli, hanno fatto emozionare e divertire come non mai, dicono i presenti, sia il pubblico che la giuria del “ +10”, del Giffoni Film festival numero 42.
Ieri è arrivato anche Nicolas Cage, applaudito dal pubblico nonostante i suoi flop privati e cinematografici recenti, che ha blandito i presenti dichiarando che “essere ha Giffoni è più importante che prendere un Oscar”, comparso sul palco con un look molto rock, stile “Cuore selvaggio”: jeans, maglietta e giacca blu delavee, con rottura del cerimoniale infilata immediata in mezzo ai ragazzi, per salutarli e farsi fotografare.
Poi si sottopone alle domande dei giornalisti, nessuna esclusa. Gli bastano cinque secondi per rispondere alle voci, rimbalzate dall’estero, di una sua presunta evasione fiscale. “Non ho mai evaso le tasse, altrimenti sarei in galera”, taglia corto. Qualcuno prova a farlo arrabbiare ricordandogli che, oltre all’Oscar del 1996 per “Via da Las Vegas”, nella sua carriera ha vinto anche il Razzy Awards, il premio per la peggiore interpretazione. “Per me i premi non contano molto, non li prendo troppo sul serio.
Prendo sul serio altre cose, il Festival di Giffoni, per esempio, che vale più di un premio. Sono orgoglioso delle mie origini italiane, mi piace la cultura, il cibo, la mitologia dell’Italia. Ma sono innamorato dell’idea del Giffoni Film Festival, con ragazzi che arrivano da tutti i Paesi, una filosofia unica al mondo. Che ci insegna che siamo tutti un’unica cosa, siamo esseri umani con le stesse emozioni. Dobbiamo far sì che i ragazzi imparino ad amarsi gli uni gli altri prima che diventino adulti e si odino a vicenda”.

Beh, speriamo impari anche lui a non riempire di botte mogli e conviventi.

Molto più credibile (e, dico io bravo), Jean Renò, che intervenuto due giorni fa, ha raccontato dei suoi progetti attuali e futuri e di quanto gli piaccia girare con registi italiani, soprattutto con Roberto Benigni “Roberto è un angelo, per me è una persona straordinaria con un gran cuore” afferma Reno, che invece sulla serie tv che sta girando a Parigi e dal titolo “Jo” dice “In questa serie io sono un poliziotto che lavora a Parigi, e la città stessa è un vero e proprio personaggio della storia. Gireremo per tre mesi e non se ci sarà qualche collega italiano sul set perché la tv è come una tribù, ogni giorno c’è una novità e gli attori arrivano giorno per giorno”.
Ed ha parlato poi, del rapporto tra cinema francese e cinema italiano e soprattutto su quanto la commedia francese stia avendo un incredibile successo anche nel nostro paese, dichiarando, con intelligenza: “La gente ha bisogno di vedere sullo schermo quello che di solito non ha nella vita quotidiana. La commedia rende felici e anch’io quando giro una commedia sono felice. Personalmente penso che sia più difficile far ridere la gente. Chaplin su tutti ne è un esempio”.

In questa edizione, molto interessante i al centro di un problema spinoso, il documentativo di Cristina Sivieri Tagliabue “Body Shopping – appena ho 18 anni mi rifaccio”, presentato fuori concorso, con l’autrice con l’autrice che è andata da cinque professionisti del settore per chiedere se avesse bisogno di “un ritocchino”: le diagnosi, come lei stessa ammette, “sono state peggiori di quanto immaginasse”. Un po’ di filler per le rughe, una ‘limatina’ al naso e un aumento del seno: sono solo alcuni dei consigli ricevuti dai medici.
Un colpo all’autostima che non tutte le donne riescono a superare: secondo l’International society of Aesthetic plastic surgey, l’Italia è al terzo posto nella classifica mondiale dei Paesi che ricorrono al bisturi, con 820.00 interventi stimati in Italia nel 2011.
Un’esperienza vissuta in prima persona e raccontata per immagini, sotto la direzione di Daniela Robecchi, in parallelo a un’altra storia: quella di Carla, 18enne, di professione ‘aspirante attrice‘: “Sono una ragazza coraggiosa e determinata. Perché non sottopormi a un intervento, perché non diventare quella che vorrei essere?”
Il suo chirurgo la chiama Carlà, come la moglie di Sarkozy, mentre i genitori sono ormai convinti di pagarle un intervento di chirurgia estetica. Il video-racconto, che dura un’ora, è tratto dal libro “Appena ho 18 anni mi rifaccio” uscito nel 2009 per Bompiani.
Dal 12 luglio è entrata in vigore la legge che vieta l’impianto di protesi mammaria a fini estetici sulle minorenni. Anche se i rappresentanti delle multinazionali che operano nel settore non amano essere intervistati, Tagliabue parla con un mediatore finanziario che le svela le logiche del business del bisturi: “Nella medicina del benessere i medici sono ‘dealer’, venditori.
E i pazienti sono clienti. Per questo hanno rateizzato gli interventi”. Il trailer del film si chiude con un interrogativo: “Se ogni medico vi dicesse che dovete rifarvi una parte diversa del corpo, voi cosa fareste?”