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Non possiamo chiamarli eroi

Scritto da Giuseppe Sola il 1 agosto 2012
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Nella sigla iniziale delle dirette televisive delle gare olimpiche (RAI), appare la scritta, i nostri eroi, e poi seguono le immagini delle varie medaglie vinte. Tra l’altro poche e solo negli sport minori dove lo sforzo fisico è al minimo, quindi mi chiedo eroi di cosa?

Smettiamola di usare queste parole per gente strapagata, che sta nei salotti della frivola televisione, che è sulle copertine patinate dei settimanali insieme ai fidanzati. Che non si accontentano delle grosse somme che guadagnano con gli sponsor ma che tutti o quasi sono nel libro paga dello Stato, dall’esercito alla marina, alla polizia e poi le immancabili fiamme gialle e non ultimi quelli del corpo forestale dello Stato. Non hanno mai fatto un servizio, un posto di blocco, ma alla pari dei loro colleghi percepiscono lo stipendio e andranno in pensione prima degli altri.

A Londra ci sono diecimila atleti di oltre 200 nazioni non mi risulta che abbiano lo stesso trattamento dei nostri 300, né che esista per tutti loro una “CASA ITALIA”davanti al Big Bang con gli chef fatti arrivare direttamente dal bel Paese. In un Paese ufficialmente in recessione dove la disoccupazione è in aumento, dove gli operai dell’ILVA di Taranto sono per strada a protestare per non perdere il loro pane quotidiano, mi chiedo se tutte queste spese hanno un senso. Ma in questi giorni tutto sembra essere messo da parte. L’Olimpiade è una grande emozione, dove ogni sport e ogni atleta ritrovano la dignità di vicenda umana raccontata attraverso il gesto agonistico, dove c’è anche il riscatto di una nazione come quando corre per i 100 metri in poco o più di nove secondi Usai Bolt per la sua Giamaica. Ma nella nostra spedizione che ha sfilato nelle divise disegnate da Armani e dove le star son tutte donne non c’è stato fin ora nessun riscatto o orgoglio per questa nazione.

L’orgoglio viene invece da chi ha realizzato la pista di atletica che è una ditta italiana. L’orgoglio è nel vedere la Shard of glass, la più alta torre d’Europa che ha ideato l’architetto italiano Renzo Piano. Una scheggia di vetro alta 310 metri che svetta sulla skyline di Londra e per ultimo la fornitura dei piatti e delle posate per il villaggio olimpico che sono prodotti da una piccola fabbrica italiana con meno di 20 dipendenti. E i nostri campioni sportivi? Per vincere serve fantasia, talento, sacrificio e lavorare duro, una forte volontà a migliorarsi e a superare i propri limiti.

E i nostri sportivi sono ben lontani da queste cose. E allora, non credo che possiamo chiamarli eroi. Gli eroi sono tutt’altra cosa.