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Inesplorato Jagger

Scritto da Carlo Di Stanislao il 1 agosto 2012
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Ha ragione Piero Negri de La Stampa: è impossibile spiegare l’uomo che è stato il leadar dei Rolling Stone, al secolo Michael Philip Jagger, per tutti Mick, per i genitori Mike, che resta un enigma con molte facce fin dai molti nomi e nomignoli adottati, per i vari ruoli e le diverse circostanze.

Non ci è riuscito, anni fa, neanche il suo amico e collega Keith Richards, nella autobiografia “Life” ed è difficile vi riesca ora Christopher Andersen, in un libro che esce domani con l’editore Sperling & Kupfer e che si intitola, in italiano, semplicemente “Mick Jagger”.

Certo il libro è pieno di gossip piccanti sulla vita di Jagger, alcuni anche inediti, secondo lo stile dell’autore che trasforma biografie in best sellers, come accaduto in passato parlando di Kennedy, Clinton, Obama o di personaggi della saga W i n d s o r, fino a William e Kate.

Pettegolezzi molti ma contenuti pochi, soprattutto se si cerca di capire la vicenda umana di una rock star, vissuta sempre fuori dalle regole e fuori dalle righe, che nel 2003 viene proclamato Sir da Carlo d’Inghilterra, onorificenza caldeggiata dall’allora ministro rampante e innovativo Tony Blair, con la regina che, disgustata, per non dover incontrare il corruttore della gioventù (e soprattutto, si dice, di sua sorella Margaret) decise, proprio quel giorno, di sottoporsi a una piccola operazione chirurgica e con Carlo, rampollo reale, che lo tocca sulla spalla con lo stocco appartenuto a Giorgio VI, segnando, di fatto, la storica riconciliazione tra l’establishment britannico e l’ambiguo protagonista della colorata e trasgressiva Swinging London.

E nel libro vi è anche, ben dettagliata, la relazione omosessuale fra Jagger e David Bowie, con tanto di testimonianza diretta di Ava Cherry, al tempo corista di Bowie e che visse con lui per qualche tempo, la quale afferma: “Mick e David erano sessualmente ossessionati l’uno dall’altro. Malgrado finissimo spesso a letto noi tre, io mi ritrovavo quasi sempre a guardarli mentre facevano sesso”.

Secondo Andersen, anche la moglie di Bowie, Angela, li avrebbe sorpresi a letto insieme e la playmate Bebe Buell racconta: “La prima volta che li ho visti insieme, flirtavano spudoratamente. Dopo avere incominciato a frequentarli, sono stata spesso coinvolta in incontri a tre con David, e mi è capitato di ricevere telefonate a tarda notte in cui mi invitavano a raggiungerli per condividere il letto con loro e bellissime ragazze, o ragazzi, in base a ciò che preferivo”.

Nel libro si parla anche della relazione clandestina tra Jagger e Carla Bruni, che il cantante ‘rubò’ all’amico Eric Clapton che, pare, ne fu così devastato da cadere in una profonda depressione.

E di quella con la giovanissima Angelina Jolie, costretta dalla madre ad accettare la corte di Jagger che, all’epoca, aveva solo quattro anni meno di suo padre, Jon Voight,

Ma non è ripercorrendo i suoi (pare 4.000) amori che è possibile tracciare un ritratto veritiero di un mito divenuto icona e del tutto diversa da quella dei Beatles, tanto da avere un ben preciso partito di sostenitori fra i giovani.
E mentre i Rolling Stones veleggiano verso i 50 anni e lui, l’ex trasgressivo Mick, ne compirà settanta l’11 luglio, passando ora il suo tempo a bere spremute di frutta e a fare jogging, il libro di sostanziale ed importante non svela proprio niente.

Nel libro, che in inglese suona “Mick-The Wild Life and The Mad Genius of Mick Jagger”, tutto si reduce a voracità, di sesso e di droghe, ma si glissa con troppa superficialità su fatti molto più sostanziali e salienti: il lungo e turbolento “matrimonio” sonoro con Keith Richards; gli incontri, a volte finiti a male parole, con i Grandi della terra e le sue fortune (si parla di un patrimonio di 400 milioni di dollari).

Oltreché del suo genio, ovviamente, complesso ed autentico, se i Rolling Stones, ancora oggi, son sinonimo di rock e, di fatto, la band più longeva del pianeta.

Di fatto Jagger e gli “Stones” furono la parte dannata dell’epopea inaugurata dai Beatles, come racconta molto bene il libro “Rolling Stones: 50 anni di rock”, uscito ad aprile per la White Star, dove la l parabola artistica di Mick Jagger e compagni è vista come rutilante e contraltare della storia dei Beatles, soprattutto perché sono i fan, che da sempre cercano spunti per rintracciare motivi di feroce antagonismo, a rinfocolare la disputa, più realisti del re.

Invece le radici erano le stesse: questi celeberrimi sudditi della regina Elisabetta amavano la black music d’Oltreoceano.

Paul McCartney e John Lennon stravedevano per il rock & roll di Chuck Berry e Little Richard, mentre Keith Richards imparava a suonare la chitarra sui riff di B. B. King e John Mayall.

Ma, riflettiamo su un fatto: fu il trasgressivo Mick fare i cori in “All you need is love”, perché c’era qualcosa che Jagger invidiava ai Beatles e manifestava questo sentimento, in modo chiaro, quando chiamava i Beatles “il mostro dalle quattro teste”; il fatto che ogni singolo componente dei Fab Four sapeva cantare, mentre lui era l’unico a poterlo fare all’interno della sua bande questo la considerava una limitazione.

Ed una altra riflessione interessante, ma che Andersen neanche accenna nel suo libro, è che dovevano essere i Rolling Stones quelli che avrebbero dovuto bruciare in fretta e magari, come la mitologia del rock prevede, perdere per strada qualche componente votato all’autodistruzione.

Tra eccessi etilici, esistenziali, farmaceutici, sembravano ideali candidati a un’inevitabile implosione, considerando che anche in seno al gruppo alcuni rapporti non sono mai stati idilliaci, come quello tra Jagger e Keith Richards.

E invece no: lustro dopo lustro hanno resistito, fino toccare il mezzo secolo di vita professionale.