Nonostante gli scioperi che hanno attraversato l’Italia, come non mai i privilegi continuano e le misure anticrisi sono sempre più lontane da una giusta equità. I Partiti, contenitori vuoti di menti pensanti registrano ogni giorno un gradimento da parte degli italiani che si aggira intorno al 13-14%. Neppure durante gli anni di tangentopoli erano arrivati così in basso.
Pensate che solo fino a pochi mesi fa il 30% degli italiani aveva ancora fiducia nei Partiti.
La crisi ha colpito le fasce meno protette della popolazione. La manovra salva Italia che colpisce i soliti noti, è riuscita comunque a ricompattare un fronte sindacale che da anni era diviso.
Questi malumori riescono a favorire tutti quelli che riescono a raccogliere i primi sintomi di un malessere e riesce a sintetizzarli in una protesta sbrigativa e immediata, così hanno vita facile e me ne rendo conto personalmente posizioni più radicali. La critica diventa facile da esternare.
Eppure gli italiani, soprattutto quelli che votano a destra avevano fatto si che una certa politica non vacillasse nemmeno sotto i colpi delle inchieste sui festini ad Arcore. Anzi buona parte dei nostri connazionali vedeva ancora nell’ex premier il deus ex machina, capace di sedurre capi di stato e imporre la propria “ personalità” politica. Spesso lo abbiamo visto ritratto come il Duce condottiero.
E così, questa parte del Paese è proprio quella che più di tutti si sente orfana di un capo, di un leader a cui affidare i propri destini. Angelino Alfano non darà mai queste certezze. Così il Monti poliglotta con il suo rigore nordico non certo riesce a scaldare il cuore del profondo nord.
Dove la Lega, oggi solo di opposizione dimenticandosi di tutti gli anni di governo dove i conti erano a “posto”, rispolvera lo spadone di Alberto da Giussano e la foga padana, impegnata in una battaglia di mantenimento delle posizioni più che di prospettiva. Il movimento di Bossi cerca di salvare il salvabile e di uscire dal lungo matrimonio berlusconiano, con minori danni possibili.
In questo quadro, però, sembra che siano più i grandi partiti a soffrire del disamore degli elettori. Mentre Pd e PdL appaiono come attori in cerca d’autore, i cattolici si stanno riorganizzando a ritmo serrato, all’inseguimento del sogno, mai sopito, di una rinascita della balena bianca.
Il passaggio dalla seconda Repubblica a una terza e nuova, ancora tutta da inventare, ha messo fine almeno a quel finto bipolarismo in salsa veltroniana che in questi anni ha schiacciato proprio la politica su posizioni da trincea. Soffocando non solo l’agire, ma anche lo spazio di quelle tradizioni politiche e dei rispettivi partiti, non immediatamente riconducibili a questo schema.
Oggi la situazione è ormai diversa e le carte sul tavolo si sono rimescolate. Tanto è vero che, proprio in questa flessione di gradimento, in proporzione, sono proprio le piccole e medie formazioni, a ritrovare fiato e a vedere salire il proprio consenso.
E il futuro potrebbe essere questo: se è vero che c’è un minor gradimento verso i partiti è altrettanto vero che, neanche tanto paradossalmente, c’è un ritorno della politica e alla politica.
Così dovrebbero essere i giovani a chiedere ai partiti, una maggiore partecipazione e una reale disponibilità al cambiamento. Potrebbe tornare la politica in cui le persone possono riconoscersi, al di là della facile retorica. La politica che non parla solo di programmi e scelte economiche, ma che è capace di dare identità, senso di appartenenza, prospettiva e speranza. Ai partiti non resterebbe che seguirla.
Spero.