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Spigolature – Dio -

Scritto da Francesco M.T.Tarantino il 5 dicembre 2011
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                                                      DIO

La gente si prepara a festeggiare il Natale. Al di là dei panettoni, torroni e spumanti, credo che tutti, tutti tutti, sanno che il Natale riguarda la nascita di Gesù Cristo quale Figlio di Dio, e per la maggior parte dei credenti occidentali, questo Figlio di Dio è Dio stesso. Dio che è venuto nel mondo facendosi carne, appunto, in Gesù di Nazareth nato in Palestina circa 2011 anni fa (e noi contiamo gli anni a partire dalla sua nascita).

Nel prologo del Vangelo di Giovanni, cap.1, verso 1, leggiamo:

“Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio”.

Più avanti al versetto 14 è scritto:

“ E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre”.

Nella sua Prima lettera al Cap.1, versetto 1; Giovanni aggiunge:

“Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita”,

continua al versetto 3:

“quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi…”.

Il Natale, come ricorrenza non consumistica, è tutto questo: la celebrazione della venuta di Dio in terra ; l’incarnazione di Dio in Gesù di Nazareth; Dio motore della storia che si fa storia; Dio che scende in mezzo agli uomini. Fatto unico e straordinario!

Ma chi è Dio??? Domanda delle domande!

Da sempre l’umanità se ne è occupata da angolazioni e prospettive diverse, rapportandosi con Lui a vari livelli. Innanzi tutto in termini fenomenologici, ossia la relazione che intercorre tra l’uomo e la divinità, sia nella dimensione personale che in quella sociale. Il bisogno di elevarsi verso il sacro e, di contro, il desiderio che il divino intervenga nel profano, fa sì che si ricerchi una via di comunicazione tra le due sfere; da ciò nasce l’esperienza religiosa che nei secoli, in diversi modi, a secondo dell’area geografica, e non solo, si è affermata e tramandata nei diversi popoli che occupano il pianeta terra. Ma per tutti alla base, sotto un profilo fenomenologico, c’è il bisogno di fare esperienza di un Dio che si rapporta con il singolo individuo e con il corpo sociale che lo circonda.

Un altro livello di conoscenza di Dio lo si può rintracciare nella ricerca filosofica, la quale nasce in Grecia, dove la ricerca di Dio era la sua originaria peculiarità all’interno di una cultura prettamente occidentale, ma l’incontro con la tradizione ebraico-cristiana ha fatto scaturire un’evoluzione della ricerca stessa e della filosofia impegnata sul tema di Dio. Infatti nell’era precristiana Dio era il principio di ogni realtà intelligibile. In Platone e poi in Plotino possiamo leggere l’Uno come l’oltre dell’essere e della nominabilità con o senza dimostrazione; se in Aristotele è visto come “Motore immobile che muove ogni cosa, per gli stoici è immaginato come “anima” che lega la vita e il cosmo.

Quando la ricerca filosofica di Dio s’imbatte con il cristianesimo si trova a fronteggiare due tematiche nuove dovute alla rivelazione: la sua trascendenza rispetto al mondo di cui è creatore, e la sua immanenza nella storia con la quale interagisce fino al punto di incarnarsi e morire per le sue creature. Sarà Tommaso d’Aquino che sosterrà la possibilità che la ragione affermi l’esistenza di Dio come “Ipsum Esse subsistens” ossia: che Egli esiste di per Sé.

La filosofia moderna nella dialettica con la metafisica cristiana, dall’illuminismo in poi, parla di un Dio avulso dalla creazione e dalla storia, nella quale non interviene e resta inconoscibile. A questo indirizzo si aggiunge il panteismo, ossia l’identificazione di Dio nella realtà; e infine l’ateismo quale negazione di Dio.

Per completezza va menzionato Heidegger che rivolge la sua critica a quel “dio” dell’onto-teo-logia, cioè Dio quale origine e garanzia di tutto ciò che cade sotto la nostra esperienza sensibile.

Un altro profilo della conoscenza di Dio investe la fede; fede in ciò che Dio rivela di se stesso e come, in base a questa rivelazione, noi possiamo conoscerlo. La teologia cristiana senza ignorare l’apporto della ragione pone un’altra prospettiva: l’accoglienza dell’autorivelazione di Dio operata da Sé stesso nei vari momenti dell’Antico e del Nuovo Testamento. Cioè la rivelazione del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, e nell’esodo la rivelazione del suo nome Jahvè quale Dio di Mosè; la sua identità come Dio della santità e della misericordia; il Dio dei re e dei profeti; il Dio unico che inonda di luce la realtà con il suo spirito mediante il quale dirige la storia e con la stessa sapienza della creazione continua ad ordinare il mondo. Anche nella letteratura apocalittica Jahvè è presentato come il Signore della storia e del suo compimento.

Nel nuovo Testamento possiamo conoscere il Dio di Gesù Cristo, che altri non è che lo stesso Dio dei Padri, di Mosè, dei profeti. Gesù stesso ci rivela un Dio-Padre che ci perdona e ci libera.

Ma l’apice della conoscenza di Dio passa attraverso la figura del suo unigenito Figlio Gesù Cristo, il Messia che viene crocefisso e risorge dando inizio all’effusione dello Spirito che culminerà nel giorno di Pentecoste e continuerà ad operare trinitariamente, ma come unico Dio; quel Dio-Agape che leggiamo nella Prima Lettera di Giovanni, al cap.4, versetti 8 e 16:

8) “Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”.

16)“Noi abbiamo conosciuto l’amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è Amore; e chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui”.

Ecco, questo è il Dio dei cristiani; colui il quale si è rivelato in Gesù Cristo dopo essere stato annunciato dal profeta Isaia, citato nel Vangelo di Matteo al cap.1, verso 23:

“La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele che tradotto vuol dire: ‹‹Dio con noi››”.

E ancora il Vangelo di Giovanni al cap.14, verso 20, ci dice:

“In quel giorno conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi”. 

A dimostrazione del fatto che Gesù è identificato nel Padre e che Dio si è autorivelato nel suo Figlio unigenito consentendoci una tale intimità familiare da poterlo chiamare anche noi: Abba, Padre o meglio: Papà, come ho scritto a proposito del “Padre Nostro”.

Festeggiando il Natale ricordiamoci che celebriamo la venuta di Dio sulla terra.