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Alla scoperta dei tesori di Puglia: i grifoni di Ascoli Satriano

Scritto da Laura Flagella il 1 febbraio 2016
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Semmai nel corso della vita ci si dovesse trovare sbalzati come novelli Beninigni e Troisi, più che nel tempo, nello spazio, in quell’angolo di Puglia settentrionale che tra il IX-VIII e III-II sec. A. c. fu terra dei Dauni e che oggi, dopo un lungo percorso di riscatto e rinascita culturale non è più denominato, in senso quasi spregiativo, Sub-appennino Dauno bensì Monti Dauni, potrebbe tornare molto utile conoscere la storia complessa e avvincente di un favoloso gruppo marmoreo, un vero e proprio tesoro custodito, dopo esservi stato ricondotto nel 2010  dagli investigatori del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale, nel museo civico e diocesano di Ascoli Satriano in provincia di Foggia.

La rassegna organizzata dal museo di Ascoli intitolata “Policromie del sublime” offre allo sguardo dell’edotto visitatore un gruppo di oggetti unici in fine marmo cristallino, materiale pregiatissimo, utilizzato nell’antichità solamente per i capolavori destinati ad adornare le abitazioni o le tombe dei principi e dei potenti, caratterizzati da una altrettanto inusuale e aristocratica  decorazione policroma.

Il ritrovamento dei reperti, così come le vicissitudini che seguirono, sembrano quasi provenire dalla fantasia di uno sceneggiatore ed infatti il complesso di marmi rinvenuto tra il 1976 e il 1977 da un “tombarolo” durante uno scavo clandestino viene subito smembrato: la guardia di finanza ne sequestra buona parte,  e la restante, i pezzi di maggior pregio, vengono venduti ad un famoso mercante d’arte, Giacomo Medici.

L’intreccio si infittisce, come in ogni trama d’avventura che si rispetti, ed i  pezzi migliori finiscono per il tramite di un noto trafficante internazionale, R. Symes, nella collezione del magnate di miniere e mercante di diamanti belga-americano:  M. Tempelsman.

Successivamente, sempre con l’intermediazione di Symes, i due straordinari oggetti del IV sec. a.C., il trapezophoros (I Grifoni)  ed il podanipter (Il bacino rituale), pagati rispettivamente 5,5 e  2,2 milioni di dollari, sono venduti, insieme alla statua di Apollo al J. Paul Getty Museum di Malibù in California.

Intanto uno dei tombaroli, Savino Berardi, gravemente ammalato, poco prima di morire, nel 2002, indica ai marescialli dei Carabinieri Salvatore Morando e Roberto Lai il sito di provenienza nel territorio di Ascoli Satriano, e chiede ai militari di riportare i Grifoni in Italia informandoli dell’esistenza di altro materiale sequestrato e che dovrebbe trovarsi in alcune casse ben sigillate nei magazzini della sopraintendenza di Foggia.

I carabinieri avviano una complessa indagine e tra faldoni ormai destinati al macero, trovano i documenti risalenti al 1978 e ritrovano anche la cassa con i materiali sequestrati, a nome Berardi, con 19 pezzi di marmo.

A questo punto le due vicende tornano ad intrecciarsi: nell’ambito di un processo per commercio illegale di reperti archeologici contro il trafficante Hecht e l’archeologa Marion True, che nel 1986 aveva sostituito Houghton come curatrice dell’arte antica al Getty Museum.

Angelo Bottini (allora Soprintendente Archeologo di Roma) riconosce l’alta qualità dei reperti ritrovati dai Carabinieri e stabilisce un collegamento con gli oggetti acquistati dal Getty Museum.

Dopo lunghe trattative condotte dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, a 22 anni dall’acquisto effettuato nel 1985, i reperti sono stati restituiti all’Italia il 1° agosto del 2007 e nel giugno 2010 sono finalmente ad Ascoli, a casa.

Ammirare da vicino il “tesoro di Ascoli” è un’occasione preziosa di godimento artistico ed estetico tale è la magnificenza di questi capolavori antichi in cui l’eccezionale policromia si gioca tutta sull’ampio uso del giallo e dell’azzurro e dove il verde, oggi appena accennato, rendevano certamente realistica la scena naturale così come il rosa usato per le narici; rintracciato, inoltre, attraverso analisi particolareggiate in laboratorio, il pigmento più ricercato nell’antichità: il porpora.

Nel dettaglio i manufatti che è possibile ammirare nel Museo Civico e Diocesano di Ascoli Satriano, e che lo scorso gennaio hanno visto l’eccellente visita il forma privata del Presidente della camera Laura Boldrini, oltre al preziosissimo trapezophoros comprendono: una coppia di mensole, un cratere con tracce di una corona d’oro, due oinochoai e quattro epichyseis, cioè vasi da mensa per versare, una loutrophoros, vaso di uso funerario, ed il podanipter, i bacino rituale sempre in marmo policromo.

Il podanipter, pezzo di rara fattura e bellezza,  occupa, così come i grifoni,  una posizione privilegiata all’interno dell’esposizione e rappresenta al suo interno un episodio descritto in un passo del XVIII canto dell’Iliade e reso celebre da Eschilo nelle Nereidi:  la scena del trasporto delle armi forgiate da Efesto per Achille su richiesta della madre Teti.

Da sottolineare l’alto valore ideologico e simbolico della scena l’armamento e la partenza  del guerriero alla presenza della madre rappresentavano, infatti,  un chiaro esempio di influenza della cultura greca per le elites indigene.

Non sfuggirà al viandante, condotto dal caso, l’altra mostra attualmente  allestita nelle sale museali ascolane: “Lo spreco necessario” un’esposizione dei lussuosi corredi funerari Dauni esempio e testimonianza dell’imponenza, cui purtroppo non sempre corrisponde pari notorietà,  del patrimonio posseduto da alcuni piccoli centri del nostro Paese.

Ascoli Satriano ne è un chiaro esempio se si considera anche il parco archeologico sede del rinvenimento della lussuosa villa tardo antica di Faragola, esempio unico nel meridione di Italia, in un momento storico ormai già di avanzata decadenza dell’impero romano, per la presenza dei mosaici pavimentali in opus sectile e per il rarissimo stibadium in muratura.

Un tuffo nel tempo insomma, un affascinante viaggio tra le civiltà, tra storia e mito, usi, costumi ed arti, per palati davvero raffinati.