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Un, due, tre stella

Scritto da Antonella Antonelli il 1 novembre 2015
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Siamo già a novembre e questo mese, oltre ad essere il mese dei morti… è anche il mese del mio compleanno e allora, ricordiamo sì chi non c’è più, ma proviamo a farci un regalo, a riflettere su quanto abbiamo prima di tutto e su quanto valga la pena viverla, la nostra vita.
Non ho certo la presunzione di insegnarvi qualcosa, ma mi piace giocare e allora vorrei trasmettervi il mio entusiasmo e magari sperare che qualcuno di voi poi, nei commenti mi scriva “ma scherzi? Io lo sapevo già!”
Parliamo insomma dell’homo ludens, o della nostra parte ludica, così bella, rigenerante e salvifica. La realtà è quella che è, ciascuno di noi, con un po’ di piedi a terra, la conosce, ma non dimentichiamoci che nel gioco c’è l’essenza massima della libertà umana. Diceva Donald Winnicott, ( psicoanalista), che “ solo nel giocare è possibile la vera comunicazione”. Giocare, partecipare al gioco, tifare, seguire… parliamoci chiaro, il gioco, non serve a niente, è bello perché fine a se stesso, perché ci fa distrarre e dimenticare i guai. E niente può essere praticato più seriamente. Da bambini lo facevamo perché era quasi un’occupazione, “vai a giocare” ci dicevano i grandi, quasi fosse un diktat, e noi, felici, andavamo, ora se nessuno è così propositivo con noi… facciamolo da soli, inventiamoci, in fondo i giochi sono tutti inventati, andiamo a giocare, con nuove cose, nuove regole e i nostri tempi, senza aspettarci nessuna vittoria, se non quella di stare bene, sorridere, e divertirci, perché non può esistere sconfitta nel regno della fantasia, dove tutto è possibile.

Se poi, vi sembra così scontata la noia, e la stanchezza appare come inevitabile, se l’età vi condiziona fino all’apatia, pensate che niente è da considerarsi come “ormai”, la vita dura finché c’è e solo dopo, potremmo farci ulteriori domande o, forse, avere risposte. Non ricordate più, il fresco del vento che voi stessi provocavate, col vostro movimento, quando correvate con le gambe secche e le ginocchia sbucciate per andare a nascondervi o per rincorrere qualcuno dei vostri amici? Io lo ricordo bene e sento ancora il calore quando alla fine mi fermavo e il fiatone era così invadente da farmi stare a bocca aperta con la mano destra su un fianco e le gote rosse come due ciliegie.

Ora, non penso più certo di correre, ma ancora posso camminare rapida e giocare a carte, a bigliardino, a ping pong, a bingo e a mille altri giochi da “stanziale”, tutte attività da poter fare comodamente su una sedia, compreso un pomeriggio ogni quattordici giorni sedere su uno scomodo seggiolino allo stadio…

E’ riuscire a giocare che ci salva dalla malinconia, se stiamo insieme e condividiamo in qualche modo l’esperienza, è più bello, certo, ma non per tutti è così.

Ricordo la nonna di una mia compagna di classe che passava il pomeriggio a fare solitari con le carte napoletane, aveva sempre una sigaretta poggiata sul posacenere, ma dava una boccata ogni tanto, e quando noi gli dicevamo “nonna, ma perché non guardi la tv, non è più divertente?”, lei ci sorrideva e ci diceva semplicemente “no”, poi un giorno aggiunse “questo è il solitario dell’ergastolano, non riesce mai, ma se un giorno invece mi riuscisse…” e rise forte, come se avesse pensato per un attimo che a quella vittoria era davvero legata la sua libertà, non ho mai saputo se le è riuscito, ma lei era contenta così, la mattina non si fermava un attimo, e il pomeriggio, la sua parte ludica pretendeva il rispetto da tutti, compresi noi bambini.

Sapete che alcuni studi scientifici hanno messo in correlazione esperienze di gioco e longevità? La nonna in questione è vissuta fino a 96 anni, magari è un caso…ogni tanto dimenticava i nostri nomi, ma che importa, anche quello fa parte del gioco dell’esistenza. Insomma, mi sembra chiaro che la vita senza gioco risulta sterile, triste, nei bambini può sviluppare in seguito dei problemi sociali. E’ il gioco la base della condivisione  e questo può anche portare da adulti ad incapacità di relazionarsi con un compagno-a. Giocare ci fa stare bene con gli altri, ci insegna a capire le capacità dell’altro e i suoi difetti, a scegliere ed identificarsi.

Anche l’umorismo fa parte del gioco. Una battuta può sciogliere un nodo di tensione, una risata può fare più di tante parole… Mi viene in mente una cosa che ascoltai su Chaplin…quando era ancora molto giovane ma già abbastanza noto, qualcuno, che evidentemente non amava divertirsi e non percepiva l’ironia, disse che forse avrebbe fatto meglio ad arruolarsi e partire in difesa della sua Inghilterra (prima guerra mondiale), ma gli fu risposto, credo proprio dal capo di stato, che un uomo così ricco di creatività e ricchezza umana, faceva molto più bene alle truppe con i suoi film che in una trincea. E così era infatti, i soldati si divertivano a vedere le sue pellicole dove il nemico veniva ridicolizzato e dimenticavano per un po’di stare in guerra, e la tensione e lo stress venivano canalizzati in un attività, seppure all’apparenza passiva, perché poi, di fatto, ci sono immagini di repertorio dove si vedono i soldati feriti e alcuni ovviamente anche mutilati, sbellicarsi comunque dalle risate e abbracciarsi e darsi pacche. Del resto, se ripensate per un momento anche solo a un singolo fotogramma de “Il grande dittatore”, sempre di Chaplin, altro momento storico terribile certo, altra maturità, ma quel piccoletto che giocava a palla col mondo, non lo ricordate forse con un sorriso?

Certo è che arte e gioco sono due muse che vanno a braccetto, chiedete a un qualsiasi artista, e non solo riconosciuto come tale, ma anche al vostro vicino che intaglia il legno, o alla ricamatrice o alla fioraia …se quando hanno a che fare con la loro materia prima e le loro mani e le loro emozioni…avvertono il tempo che passa, il freddo, il caldo, la fame…no, vi diranno che non sentono proprio niente perché la soddisfazione di giocare, è più importante, e le motivazioni intrinseche sono più forti! Giocare permette al nostro cervello di esercitare la sua magnifica flessibilità, ci permette di mantenere e salvaguardare e rinnovare le connessioni neuronali…

Vorrei permettermi di consigliarvi di vedere un film, mi sembra coreano, “Poetry”, la protagonista è una donna anziana la quale scopre di essere affetta da Alzheimer, ma decide comunque di andare a un corso di scrittura poetica,  ha problemi finanziari, e un nipote che sta crescendo e che commette un atto orribile… ma gioca al volano per cercare di mantenere le sue capacità propriocettive e scrive una meravigliosa poesia perché improvvisamente capisce che le cose hanno un’anima… e non posso raccontarvi proprio tutto no? Giocare è anche avere la possibilità di scoprire qualcosa di noi stessi che ignoriamo, è metterci a volte in ridicolo, o vincere, comunque è provare a liberarci, a esprimerci, a fantasticare, cooperare, è un po’ come ripristinare una connessione con noi stessi e con gli altri, ci può aiutare anche a far fronte ai pericoli, alle tensioni, al dolore o alle preoccupazioni… e chi non ne ha? Perfino la nostra salute ne trae vantaggio, sappiamo tutti quanto faccia bene rilassarci, divertirci, ridere. Tutto questo perché il gioco permette di vivere le emozioni in maniera protetta, senza rischi e questo ci consente di allentare le tensioni, quelle tensioni provocate da una vita sempre più inquadrata, competitiva e forzatamente solitaria.

Forse anche i social network potremmo considerarli solo un mega gioco collettivo, ma attenzione a non investire troppo di sé, il gioco deve essere leale, le regole rispettate da tutti e soprattutto niente bluff, altrimenti meglio una partita a pocker. Winnicott affermava che il gioco è sempre un’esperienza creativa e la capacità del soggetto di giocare ne esprime l’intero potenziale, il gioco è una sorta di tregua dal doloroso e faticoso processo di distinzione tra Sé, i propri desideri e la realtà e le sue frustrazioni. In questo modo, attraverso un atteggiamento ludico verso il mondo, e solo qui, in questa terza area neutra e intermedia tra il soggettivo e l’oggettivo, può comparire l’atto creativo, che permette al soggetto di trovare se stesso, di essere a contatto con il nucleo del proprio Sé. E la creatività non consiste, secondo il grande psicanalista, nei prodotti dei lavori artistici, siano essi quadri o sinfonie o anche manicaretti culinari, che sono meglio definibili come “creazioni”, ma è costituita dalla “maniera che ha l’individuo di incontrarsi con la realtà esterna”: essa “è universale, appartiene al fatto di essere vivi” e “si può considerare come una cosa in sé, qualcosa che… è necessario se l’artista deve produrre un lavoro d’arte, ma anche qualcosa che è presente quando chicchessia…guarda in maniera sana una qualunque cosa o fa una qualunque cosa deliberatamente”. L’impulso creativo è presente alla stessa maniera, nel “bambino ritardato che è contento di respirare” come  “nell’architetto che improvvisamente sa che cosa è che lui desidera costruire”.

In tutti noi c’è un impulso creativo, giochiamo per impedire che ci venga portato via, questo è il giocattolo più bello che abbiamo, ognuno il suo, nessuno escluso e grazie a questo, col mio gioco, che è fatto di parole mi arrogo il diritto di concludere così, con un sorriso e… tana libera tutti…


P.s.  Aspetto i vostri commenti e suggerimenti naturalmente…

 

 

2 Responses so far.

  1. pat58 scrive:

    Bellissima la rievocazione della corsa, con la dovizia di dettagli.. mi ha fatto risentire nelle narici i profumi di strada al passaggio delle stagioni, il tepore di aprile e l’aria frizzante di dicembre vagamente odorosa del fumo dei comignoli. E’risaputo che un carattere gioviale corre meno rischi in termini di salute ed è vero che c’è tutto un fiorire di pubblicazioni sui benefici del gioco ma… purtroppo non abbiamo evidenze basate su criteri riproducibili. Ho molto apprezzato il riferimento al film che, ad oggi, ho rivisto per ben 7 volte, quello che il regista definì improntato alla bellezza dell’invisibile… ciò che Ella materializza nello scrivere. Questa volta, come la signora Mija , ha dato voce a chi non ha più voce (la nonna).

    • Antonella Antonelli scrive:

      Credo che non sia necessario stabilire scientificamente il beneficio del gioco. Quando riusciamo a giocare, sentiamo di stare bene. Difficile semmai è guadare il passo, viversi senza sensi di colpa il desiderio di lasciare da parte le responsabilità e divertirsi quando si può.
      Leggendo il suo commento Pat, (mi consenta di chiamarla così), ho risentito anch’io l’odore di comignoli che percepivo solo quando andavo a trovare mia nonna al paese, e le sue mani sempre calde che stringevano le mie e nascondevano una mela piccola e succosa che aveva strofinato e lucidato… o una noce… la bellezza dell’invisibile appunto.
      Ricordiamo, sogniamo, fantastichiamo, giochiamo un po’, perché conosciamo bene il reale ed è certo che male non ci fa, forse un po’ di malinconia, ma quella è la goccia amara dentro la caramella.
      E il film…lo rivedrò volentieri anch’io. Grazie.