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Il terrore torna in Europa

Scritto da Carlo Di Stanislao il 1 settembre 2015
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Il terrore torna nel cuore dell’Europa e dimostra quanto concreto e vicino sia il pericolo stragista nei luoghi comuni che frequentiamo ogni giorno.

La strage sul Tgv Amsterdam-Parigi è stato evitato dal coraggio di due marines che viaggiano sul treno disarmati ed in borghese e sono riusciti a bloccare un giovane marocchino ventiseienne che salito sul treno a Bruxelles, aveva intenzione di fare una strage con un kalasnikok.

I due militari avevano sentito il rumore del caricatore di un’arma che veniva inserito proveniente dall’interno di una toilette e sono riusciti, con l’aiuto di un connazionale a bloccare l’attentatore prima che potesse portare a termine il suo intento.

Nella colluttazione un americano è rimasto ferito in maniera grave e un altro in misura più lieve, ma nessun passeggero ha riportato danno alcuno.

Secondo il quotidiano belga “Le Soir”, l’attentatore era legato alla cellula jihadista smantellata in Belgio a gennaio a Verviers, guidata da un belga di origine marocchine Abdelhamid Abaaoud, conosciuto come Abu Omar Soussi ed era già noto ai servizi segreti francesi e spagnoli.

Ciò che è evidente è che questo nuovo possibile massacro fa tentennare ancora di più l’Europa della solidarietà e fa aumentare le sinergie per garantire la sicurezza del Vecchio Continente.

L’Europa si sente in pericolo, economico con la minaccia di un sempre più probabile “Grexit” e con il fiato sospeso per un terrorismo ormai completamente fuori controllo ed asimmetrico asimmetriche, che procede in modo non convenzionali e, quindi, imprevedibile, come dimostrano gli ultimi attentati in Nordafrica, gli attacchi armati di “lupi solitari” jihadisti sul territorio dell’Unione e l’avanzata del’Isis in Iraq, Siria e Libia.

A Febbraio è uscito un bel libro scritto da Maurizio Molinari, intitolato “Il Califfato del terrore” , edito da Rizzoli che ci racconta come nella strategia jiadhista vi è un immenso scatto di violenza che contiene due guerre: una contro gli infedeli dell’Islam (sunniti contro sciiti e qualunque altra minoranza) e una contro l’Occidente inteso come ogni civiltà o organizzazione non islamica e non sottomessa.

E ci dice anche, come nota nel suo commento Furio Colombo, che la  vita politica che resta nel nostro Paese e in Europa, si divide in due parti. Una, da incoscienti che hanno la grande fortuna di non capire e di non sapere (dunque per ora immuni dal vedere davvero il pericolo), vuole la guerra, sia come persecuzione interna degli islamici, (per essere sicuri di creare subito, oltre che una immensa ingiustizia, anche un grande pericolo in casa), sia come truppe al fronte, che naturalmente Le Pen-Salvini guiderebbero con alta strategia da lontano, ma con molto apprezzamento per i nostri alpini nel deserto.

L’altra tiene un basso profilo, fa finta che il problema sia la Grecia (che senza il Jobs Act non ha speranza), e non ha alcuna politica estera (niente, ma proprio niente) e alcuna idea del come interpretare la parola “difesa”, in senso politico e in senso tecnico, in una situazione così squilibrata e così squilibrante.

Entrambe strategie sballate e sbagliate perché non si pongono le domande fondamentali e danno soltanto istintive ed inconsistenti risposte.

Le domande da porsi invece sono: cosa e chi c’è dietro l’ideologia jiadhista; chi la agisce, la finanzia, la  arma, e fornisce tanto coraggio di essere crudeli e provocatori in modo osceno e con un uso osceno della sofferenza dei bambini e della riduzione in schiavitù delle donne.

E soprattutto riconoscere che alla base dell’avanzare di questa orrenda ideologia distruttiva c’è l’Europa, che ha lasciato l’Iraq vuoto e la Libia abbandonata, con qualche vendita d’armi e qualche incasso alle pompe di petrolio; con  detriti di ambizioni del passato, povere politiche rivali e nessun senso della civiltà condivisa  con i popoli, già abbastanza tormentati da guerre nostre e per i nostri interessi, ma nei loro territori.