Da spettatrice a Siena al Teatro dei Rozzi ho avuto la possibilità di godere di un testo straordinario nell’ambito del Festival internazionale dell’Accademia Chigiana. Lo spettacolo di grande attualità per la storia raccontata è legato a Cuba e alla riscoperta della libertà di questo Paese, oggi ritrovata per merito della politica del Presidente Obama che ha voluto riaprire i rapporti diplomatici, economici e sociali tra il suo Paese gli Stati Uniti e l’isola, considerata per tanti anni nemico pubblico dell’America .
H.W. Henze grande musicista contemporaneo deceduto da circa tre anni , vissuto a lungo in Italia scrive El Cimarròn durante il suo soggiorno cubano tra il 1969 e il 1970. Il testo nasce dal racconto autobiografico di un ex schiavo Esteban Montejo, che aveva allora 103 anni, reso al giornalista-scrittore Miguel Barnet che registrò le testimonianze sorprendenti della memoria di Montejo ritraendo con precisione le sfumature nei toni del suo linguaggio. Il libro verrà pubblicato come Biografia di un Cimarròn. Il racconto attraversa tutta la storia di Cuba partendo dalla liberazione dalla schiavitù alla Rivoluzione castrista. E’ Hans Magnus Enzensberger saggista e poeta tedesco, che su proposta di Henze , realizza un libretto dal libro di Barnet da cui scaturiscono 15 quadri, microstoria simbolica e rappresentativa della vicenda di El Cimarròn. La parola in questione tradotta letteralmente è “colui che vive sulle cime” e significa “animale selvatico. latitante, fuggitivo .Ed è appunto da fuggitivo , dopo un primo tentativo fallito che Esteban vive nella foresta, un mondo idilliaco e fantastico in contrapposizione all’inferno della piantagione di canna da zucchero e alla crudeltà quotidiana della schiavitù. Il racconto delle vicissitudini dell’ex-schiavo , la viva rappresentazione della malvagità dei padroni verso anche giovanissimi schiavi frustati per un nonnulla e messi alla gogna per mesi è allucinante e fa dubitare dell’appartenenza di costoro al genere umano.
Sappiamo di che cosa gli uomini sono capaci; anche oggi ci sono africani che lavorano nei campi dall’alba al tramonto e bambini che con le loro piccole mani sono usati per produrre oggetti che le multinazionali vendono nei negozi di lusso di questa vuota civiltà dell’apparenza. In contrappunto, avvincente il quadro che riguarda la vita di Esteban nella foresta , un Eden sognato e reso possibile dalla fuga. A contatto con la natura mangiando ciò che essa offriva , non parlando se non con alberi e uccelli divenuti amici e compagni , vivendo nella piena consapevolezza di essere in pace e veramente libero dai falsi bisogni , gabbie che l’uomo moderno costruisce intorno a sé, l’ex schiavo ritrova l’orgoglio e la dignità di essere se stesso. Quando la schiavitù verrà abolita , Esteban ritornerà a lavorare nei campi da uomo libero ma si accorgerà presto di quale sia il senso della nuova libertà. Uomini e comportamenti sono gli stessi, non ci sono le fruste ma altri mezzi per piegare la dignità dei lavoratori. E arriverà la Ribellione: la lotta contro gli Spagnoli per liberare Cuba. Non è solo il desiderio di emancipazione che spinge l’ex schiavo a combattere ma la volontà di allontanarsi dalla fame, dallo sfruttamento e la convinzione che i bianchi non dovessero avere tutto e i neri nulla. Ma dopo la vittoria – dice Esteban- dalle tane vengono fuori i volponi a godersi la vita e agli Spagnoli si sostituiscono gli Americani Nulla è cambiato. I poveri restano poveri e gli altri continuano ad arricchirsi. Ed Esteban riprende il suo sacco e torna nelle piantagioni di canna da zucchero, ma ha imparato una grande lezione ed è pronto ad insegnarla agli altri: riscopre la solidarietà e l’amicizia che non ci può essere fra i ricchi. “ Dalle nostre parti s’era come fratelli con i vicini, “ fra poveri ci si aiutava convinti che uno solo si stanca presto e non può far molto” e “ da questo si vede ciò che è gentilezza”.
Ho tentato di delineare la storia del Cimarròn attraverso le parole ma lo spettacolo è soprattutto musica,(percussioni, flauto, chitarra) suoni affidati agli esecutori, immagini su uno schermo a fare da sfondo e voce , in cui l’elemento del parlato è preponderante fino ad effetti onomatopeici e canto. Tutto lo spettro delle emozioni : dolore e angoscia , gioia, amicizia, odio e amore, sentimenti universali che già negli antichi poemi ritroviamo eterni a segnare la storia dell’umanità, vivificano la rappresentazione.. Il perché Henze scriva questa partitura e raccolga questa storia è chiaro: è un musicista marxista che sperimenta una struttura vocale estrema e un organico strumentale molto vario. E’ il coraggio e il fascino del testo invece che hanno mosso il musicista , nostro conterraneo, a proporre l’idea , a volere lo spettacolo e a sostenere l’impegno dell’organico strumentale a rappresentare anche all’estero la complessa azione scenica: la responsabilità di condividere comunicandola alle generazioni future una storia così intensa e ricca di esperienze, esaltando l’idea di libertà e dignità dell’uomo conquistate nonostante il peso drammatico della violenza disumana della schiavitù e infine il non secondario impegno ad approfondire il rapporto con le molteplici espressioni della musica nel tempo presente. In un Paese in cui l’idea di bellezza è circoscritta e non appartiene al vivere civile quotidiano fa ben sperare la responsabilità che anima chi continua a credere e ad avere fede nelle potenza dell’arte generatrice di passioni.