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Diari di viaggio

Scritto da Massimo Palazzo il 10 marzo 2015
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In una scatola colorata  conservo gelosamente  i blocchetti Pigna a quadretti che ho usato spesso in passato   per scrivere i diari di viaggio.  Sono la mia memoria, ogni tanto li riapro, leggendoli  ho la sensazione  di ritornare nei luoghi visitati, di incontrare nuovamente  persone conosciute.  Non posso esimermi dal pensare  a cosa staranno facendo, come avranno continuato la loro vita poi, preso dalla bramosia li sfoglio senza ordine passando da un paese all’altro senza fatica, senza fuso orario, senza bagagli.

Il primo che riapro riguarda la visita alla città di Mopti,  chiamata  dai suoi abitanti la Venezia del Mali,  impossibile capire l ‘accostamento, ma l’Africa è l’Africa. Il mio arrivo qui ha un motivo ben preciso, ho intenzione di prendere una loro imbarcazione di nome “pinasse”, e da questa località arrivare tramite il fiume Niger a Timbuctu.
Prendo informazioni, e una volta individuata l’ imbarcazione che va  bene per il mio progetto, parlo con il capitano. È domenica, ci accordiamo sul prezzo e  mi dice di presentarmi la mattina seguente prima delle nove. Chiedo quanti giorni di navigazione faremo, mi risponde cinque, allora richiedo: arriveremo venerdì?  no monsieur mercoledì . La mattina seguente mi presento di buon’ora, i motori sono  tre ma nessuno funziona,  nonostante il prodigarsi di continui sedicenti meccanici solo uno funzionerà  verso le otto di sera quando,  finalmente partiamo . Il capitano dopo mezz’ora accosta improvvisamente alla riva e, guardando  i pochi passeggeri, dice: per oggi ci fermeremo qui. Mi sono divertito  tanto durante la… chiamiamola, crociera.  Per descrivere tutto quello che e’ successo in quei cinque giorni  potrei scrivere un libro. Dopo aver soggiornato a Timbuctu  decido di ripartire, trovo l’ accordo con il proprietario dell ‘unica Land Rover presente ma devo attendere che si riempia. Partiamo in diciotto, dieci in più del consentito, dopo parecchi chilometri buchiamo la ruota anteriore, scarichiamo tutto, quella di scorta è quasi sgonfia e per gonfiarla c’e’ solo una pompa normale da bicicletta che a turno e con immensa fatica usiamo. Riprendiamo la marcia ma dopo non molta strada mi accorgo  che procede  solo con le ridotte e meccanicamente fa brutti rumori. Si rompe  in una zona completamente  lontana da tutto ma come al solito  non si perdono
d’animo. Chiedo se è grave e quanto tempo ci vorrà per risistemarla, la risposta che ho sentito molte altre volte è la stessa : “pas de  probleme monsieur ici  c’est l’Afrique”- nessun problema signore qui è l ‘ Africa-. Nessun dubbio riguardo l’ esito della riparazione, c’è voluto più tempo di un normale meccanico, gli attrezzi non erano adatti per tale lavoro ma l’arte di arrangiarsi in Africa non ha eguali.

In un altro blocchetto noto la scritta Iran e l’anno della visita.. .
Ieri mi sono fermato in un paesino nemmeno segnato sulla cartina dove,  ho trovato un  piccolo alberghetto per il pernottamento. È  a conduzione familiare,  da come si comportano deduco di essere il loro  primo cliente straniero. Parlano solo in persiano ma  fanno qualsiasi cosa  per rendere il mio soggiorno piacevole. Sono felici di avere l’ospite di un paese lontano, io anche e provo una sensazione simile a quella di essere ritornato indietro di 40 anni. Sono sicuro che vorrebbero chiedermi tante cose e lo farei anch’io con loro,  pronunciano Itaglia con la gl, a cena e a colazione mi hanno preparato  di tutto, sembrava la tavola imbandita per un matrimonio. Sono stato benissimo in questo albergo, non potrò mai indicarlo a nessuno la targa esterna era scritta in persiano e mi sarei fermato altri giorni se avessi avuto più tempo. Prima di partire, la moglie del proprietario mi ha omaggiato di una scatola di latta con biscotti molto buoni fatti da lei, mi hanno accompagnato  alla fermata del pullman e hanno aspettato fino a quando sono partito per salutarmi.
Continuo con la lettura dello stesso diario e rileggo quanto capitato l’ ultimo giorno. Nella vecchia capitale Isfahan, in un negozio di antiquariato ho trovato un ritratto a carboncino di Khomeini. Mi è piaciuto e l’ho comperato per pochi soldi,  per non rovinarlo lo porto arrotolato o in mano o all’ interno della camicia. Arrivo all’aeroporto e  i controlli  alla dogana  sono complicati e molto lunghi. Controllano  tutto, tasche, marsupi , macchine fotografiche, interno bagagli . Sono a metà fila con il ritratto che sbuca  dalla camicia,  ad un certo punto un poliziotto che cammina su e giù nervosamente lo vede e capisco  che vuole sapere di cosa si tratta. Mi viene un po’ paura, me lo sfila in modo arrogante e lo srotola Ritorna verso i suoi colleghi, lo mostra  ridendo e mi chiama. Sono terrorizzato, non capisco cosa possa   accadere, con passo da lumaca mi avvicino a loro, mi ridanno  il ritratto con una pacca sulle spalle e  mi fanno  passare senza nemmeno controllare il passaporto. Se avessi avuto il ritratto dello Scia’ sarei ancora là.

Cambio paese in un attimo e senza fatica. Arrivo su una spiaggia a nord dell’ isola di Lombok , ci sono alcuni  pescatori  con piccole imbarcazioni che  si offrono di portarmi in  mezz’ora circa  su tre piccoli atolli,  devo solo decidere quale. Scelgo quello   più a destra, all’ arrivo noto dei bungalow sulla spiaggia.  Sono spartani, in legno, belli, dei ragazzi giovani li hanno in gestione, in tutta l’ isola non c’e’ né luce né acqua solo pochi turisti fai da te, un paradiso. Il soggiorno mi costa per alloggio e cibo  l’equivalente di 2 euro e 50 di oggi,  scherzando dico che mi sembra caro. Il bagno è nella parte posteriore del bungalow senza tetto,  con un foro a scivolo nel muro diretto verso la piccola vasca. Il procedimento per la toilette personale è simpatico . C’è un secchio e un mestolo e li si usa per bagnarsi e sciacquarsi. Di giorno, le donne con i recipienti portati in testa, scaricano nella piccola vasca l’acqua attraverso il foro mentre,  prima del calar del  sole portano le lampade a petrolio che con un sorriso le chiamano Romantic lamps . Mi fermo qualche giorno nel relax assoluto.
Per ritornare sulla terra ferma bisogna partire molto presto la mattina, se il mare e’ grosso bisogna aspettare il giorno seguente .  Questa mattina quando sono salito sulla barchetta per ritornare a terra, ero in compagnia di una ragazza inglese molto giovane, sola, con un neonato, l’ho guardata, ho pensato  a quante mamme italiane si fiderebbero a fare la stessa cosa.  Rigenerato dai  giorni di riposo in questo meraviglioso atollo decido di modificare l’itinerario e andare a visitare le Molucche. Non erano nelle mie idee di viaggio in partenza, l’ho inserito in seguito come destinazione nel pass Indonesia. Arrivo  ad Ambon la capitale, mi sento per la prima volta molto lontano da casa, non so perché ma provo questa sensazione mentre guardo  il paesaggio dal cassone di un pick up che mi ha caricato per un passaggio . Dalla piccola capitale mi sposto a Saparua, non vedo  nessun turista ( e nemmeno negli anni a seguire sentirò mai qualcuno che  conoscesse queste località). Fatico a trovare pernottamento, non ci sono strutture nessuno parla inglese, dopo parecchi giri in un piccolo paesino riesco a farmi capire, una signora si offre di ospitarmi. La casa e’ molto modesta ma carina, lei e i figli si danno da fare per attrezzarla. Ne prendo finalmente possesso e penso a quanto ho faticato, ora il problema è dove trovare qualcosa da mangiare. Non faccio a tempo ad organizzarmi che mi chiamano per mostrarmi cosa stanno cucinando per cena. Hanno anche  preparato un tavolino con tovaglia e candela in riva al mare. Sono senza parole, li invito a cenare con me, non vogliono disturbarmi , ma riesco a convincerli a  sedersi  quando ho terminato.
L’ incomunicabilità  non ha annullato un proseguimento piacevole. Il giorno dopo riparto con tristezza,  non hanno voluto soldi, mi hanno considerato loro ospite,  lascio un offerta in camera senza farmi accorgere e benedico il destino per questo incontro,  a distanza di anni, ringrazio il diario per avermi ricordato questo piacevole incontro.

La scatola magica quando la riapro non mi delude mai, purtroppo ho quasi perso l’abitudine di aggiungere nuovi blocchetti.
Sfoglio quello del Trekking in Nepal, trovo delle sottolineature. Mi fermo a dormire in un rifugio, dopo cena ho seduta al mio fianco una ragazza che aggiorna il diario, mentre il mio è  un piccolo blocchetto il suo e’ un librone. Non posso fare a meno di farle notare la differenza. Mi dice che è partita da quasi un anno, e’ di padre indiano e madre tedesca  e abita in Inghilterra. Non voglio sapere il motivo del suo viaggio, non ci presentiamo nemmeno,  parla volentieri,  sottovoce,  con dolcezza, la sua voce renderebbe piacevole qualsiasi lingua. Si fa tardi, c’è una camerata per tutti, i tappetini e i sacco a pelo sono pronti . Ci corichiamo in un angolo, siamo vicini ma non vedo il suo viso,  ha tante cose da raccontare, parla quasi tutta notte, che siano vere o non vere le sue storie mi piacciono, è un piacere sentirla  fermerei il tempo. La sera seguente aggiorno il diario e prima di chiudere scrivo : Chissà se anche lei avrà confidato al suo diario di questa nottata passata a parlare con uno sconosciuto?
India. Arrivo con il pullman a Khajuraho località famosa per il tempio con tutte le figure del kamasutra. Il paesino e’ molto piccolo, regna una calma impressionante, non ci sono macchine,  qualche bicicletta, animali,  poche persone. Trovata la camera decido di darmi una rinfrescata per poi uscire a visitare e a mangiare qualcosa. Sento bussare, apro, mi si presenta un ragazzino, mi dice che un’italiana, sarebbe molto contenta di potermi conoscere ed  offrire una tazza di tè con una fetta di torta nel suo  ristorante. Accetto e lo seguo. È una ragazza romana,  da anni in India, veste con uno stupendo sari colorato, tranquilla, cordiale,  in attesa di un bebè. Il suo ristorante è molto modesto,  la cucina è una capanna aperta,  i tavolini sono pochi, in sasso all’aperto sotto gli alberi. Non sente nostalgia di casa, sono parecchi anni che vive in questo come chiama lei paradiso. Se non fosse che vuole dare la sua nazionalità al bambino non tornerebbe a Roma a partorire. Una ragazza matura, che ha trovato una serenità interiore importante, un piacere conoscerla e passare del tempo con lei ed il suo futuro marito. Siamo entrambi contenti dell’ incontro, entusiasta le faccio tanti in bocca al lupo per il suo futuro e per l’erede, lei mi regala un portafortuna. Ecco la parte bella dei viaggi, le persone incontrate per caso, affezionarsi, lasciarle ed incontrarne altre alla quale ti affezioni e che lasci di nuovo. Il poco tempo a disposizione crea un affetto sincero c’è spazio solo per la parte migliore non c’è tempo per restare delusi, sono le regole del gioco, non c’è alternativa.