“Da un buio” di Francesco M.T.Tarantino
C’è la forza di una preghiera e la debolezza del poeta in questa lirica dal titolo” Da un buio”.
L’articolo indeterminativo evoca la totale oscurità riproposta dalla presenza minacciosa dello Stige , fiume infernale che impedisce il passaggio delle anime in un oltre senza speranza.
La mitologia greca, pur nel suo orrore, appare quasi rassicurante rispetto alla rappresentazione che, nell’Inferno, emerge vivida, richiamata alla memoria dagli aggettivi danteschi e dalla visione della palude Stigia. Tutto nella lirica è senza attesa :la notte si spande quasi a coprire l’indaco mattutino che non riesce ad imporre il suo chiarore. Il raggio di luce come il lampo di fosforo può accecare per un attimo ma non fa intravedere neppure il battito d’ala degli uccelli notturni che popolano l’aria fosca di questo non luogo. Senza luce, senza ombra tutto svanisce, evapora nella profondità delle tenebre avviluppato dalla nebbia dello Stige, in una confusione che il poeta indica come eterna.
Il percorso tortuoso delle anse del fiume quasi palude trasporta e fa fluttuare in un immaginario senza variazioni, disarticolando la storia che ognuno porta con sé. Buio e tenebra, assenza di rumori che non preannuncia il messaggero: l’unico da attendere che verrà a compiere il gesto estremo del chiuderti gli occhi e a raccogliere il rantolante suono di una vita che si spegne senza parole. Un gesto senza compassione, in assenza della pietà che non alberga nel mondo oscuro descritto dal poeta.
Nel testo è delineato uno scenario così disperante da competere con la lugubre lirica tardo romantica che, esaltando l’irrazionalità, celebra la disfatta umana. Sebbene nella sua poesia Tarantino spesso accenni alla vita ultraterrena ed al cammino che l’anima percorrerà verso l’ infinito, in questa il suo sguardo non si rivolge al cielo e il suo canto non si eleva dal buio verso uno spazio illuminato. In questa lirica, l’inconsistenza di tutte le cose e di noi stessi è palpabile, ci allontaniamo dalla materialità per giungere all’essenza e neppure la poesia può evitare il dissolvimento. Il poeta parla a se stesso. Nell’oscurità in cui abitiamo, l’unica luce è quella interiore che potrà guidarci nel passaggio verso una dimensione diversa e luminosa. Ritroveremo noi stessi in un altrove ? La domanda non è nei versi del poeta ma nel lettore che, nonostante tutto, desidera allontanare da sé il terrore dell’abisso, quello celato nei sotterranei della propria anima.