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Commento della poesia “Da un buio”

Scritto da Maria Teresa Armentano il 1 gennaio 2015
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“Da un buio” di Francesco M.T.Tarantino

C’è la forza di una preghiera e la debolezza del poeta in questa lirica dal titolo” Da un buio”.

L’articolo indeterminativo evoca la totale oscurità  riproposta dalla presenza minacciosa dello Stige , fiume infernale che impedisce il passaggio delle anime in un oltre senza speranza.
La mitologia greca, pur nel suo orrore, appare quasi rassicurante rispetto alla rappresentazione  che, nell’Inferno, emerge vivida,  richiamata alla memoria dagli aggettivi  danteschi e dalla visione della palude Stigia. Tutto nella  lirica è senza attesa :la notte si spande  quasi a coprire l’indaco mattutino che non riesce  ad imporre il suo chiarore. Il raggio di luce come il lampo di fosforo  può accecare per un attimo ma non fa intravedere neppure il battito d’ala  degli uccelli notturni che popolano l’aria fosca di questo non luogo. Senza luce, senza ombra tutto svanisce, evapora nella profondità delle tenebre avviluppato dalla nebbia dello Stige, in una confusione che il poeta indica come eterna.

Il percorso tortuoso delle anse del fiume  quasi palude  trasporta e  fa fluttuare in un immaginario senza variazioni,  disarticolando la storia che ognuno porta con sé. Buio e tenebra, assenza di rumori che non preannuncia il messaggero: l’unico da  attendere  che verrà a compiere il gesto estremo  del chiuderti gli occhi e a  raccogliere il rantolante suono di una vita che si spegne senza parole. Un gesto senza compassione,  in assenza  della pietà che non alberga nel mondo oscuro descritto dal poeta.

Nel testo è delineato uno scenario così disperante da competere con la  lugubre lirica tardo romantica che, esaltando l’irrazionalità, celebra la disfatta umana.  Sebbene nella  sua poesia  Tarantino  spesso accenni alla vita ultraterrena ed al cammino che l’anima percorrerà  verso l’ infinito,  in questa  il suo sguardo non si rivolge al cielo e il suo canto non si eleva  dal buio verso uno spazio illuminato. In questa lirica, l’inconsistenza di tutte le cose e di noi stessi è palpabile, ci allontaniamo dalla materialità per giungere all’essenza e neppure la poesia può evitare il dissolvimento.  Il poeta parla a se stesso. Nell’oscurità  in cui abitiamo, l’unica luce è quella interiore che potrà guidarci nel passaggio verso una dimensione diversa e luminosa. Ritroveremo  noi stessi in un altrove ? La domanda non è nei versi del poeta ma  nel lettore che, nonostante tutto, desidera allontanare da sé  il terrore dell’abisso, quello celato  nei sotterranei della propria anima.