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Sono mamme anche loro

Scritto da Giuseppe Sola il 4 novembre 2011
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Non posso fare a meno di pensare ai loro bambini ogni volta che le incontro per strada. Giovani mamme, ma alcune nemmeno tanto giovani che la domenica pomeriggio incontro su strade o piazzette che non frequento.

Sono ragazze e donne dell’est Europa. rumene, moldave, ucraine, russe che oramai da anni arrivano nel nostro Paese a cercare fortuna. Vengono da noi per il sogno di possedere una casa tutta loro e per dare un futuro migliore ai loro figli. Lasciano ragazzi, bambini a migliaia di chilometri di distanza da loro. Quando va bene vivono con i padri ma tanti di loro sono affidati a parenti, nonni, zii e nel peggiore dei casi restano soli. Inimmaginabile per noi pensare che non hanno nessuno che si occupi di loro. Casi limite dove  anche i padri hanno dovuto abbandonare la casa per un po’ di lavoro in posti lontani. Quando sono più di uno, è sempre il più grande dei fratelli a occuparsi di tutto, a mandare avanti a quello che resta della famiglia, se così ancora possiamo chiamarla. E’ questo che mi racconta Natalya in un breve viaggio in autobus che la porterà dalla sorella anche lei badante in un  comune vicino. I primi soldi che riescono a mandare a casa mi dice che servono per comprare un computer per tenersi in contatto con i propri figli.

Credo che come utilizzino loro Skipe non lo utilizzi nessuno nel resto del pianeta.

I bambini restano per ore collegati per vedere la propria mamma, per raccontare com’è andata a scuola, per far vedere che riescono a mantenere in ordine la casa. Gli occhi gli si riempiono di lacrime quando parla dei piccoli. L’ultima volta che li ha visti è stato a luglio per soli quindici giorni, ha portato loro vestiti per affrontare l’inverno, a volte mi dice che riesce a mandare a casa anche 300 euro al mese ma spesso non bastano e la disperazione ha il sopravvento su queste mamme coraggio. In Italia ne sono arrivate oltre 400mila. Da qualche anno l’Organizzazione Internazionale per la Migrazione sta lavorando su questo fenomeno che assume sempre più effetti preoccupanti. L’osservatorio è necessario per avviare un dialogo fra le istituzioni e possibili azioni e progetti di cooperazione con questi paesi. La regione Emilia Romagna per esempio ha da qualche tempo avviato un tavolo di lavoro con l’Ucraina, un intervento a favore delle istituzioni locali  per il rafforzamento delle politiche migratorie e socio-educative rivolte ai bambini e alle donne delle comunità locali.

I partecipanti all’Osservatorio per il momento italo-ucraino concordano sulla necessità, in particolare, di rafforzare i servizi per le famiglie in crisi, compresa la famiglia divisa proprio a causa dell’emigrazione, che sono già gestiti da enti pubblici ucraini o dal privato sociale. Ma, poiché, la causa prima dell’emigrazione è rappresentata dalla difficoltà economica, l’Osservatorio insiste sulla necessità di potenziare attività capaci di produrre reddito in loco, con la promozione della piccola impresa, del settore dell’impresa sociale e delle filiere commerciali tra Italia e Ucraina. Insomma, se a un piccolo lavoro si accompagnasse anche un po’ di pane, nessuna di queste donne avrebbe motivo di vedere i figli crescere da lontano. Inoltre l’OIM punta proprio ad aiutare queste mamme e questi bambini, costretti a vivere separati. L’obiettivo è quello di sostenere i ragazzi in patria con iniziative specifiche e aiutare le madri a tornare più spesso a casa. Fra le soluzioni adottate c’è quella di dare la possibilità alle badanti di lavorare sei mesi l’anno e di “darsi il cambio” con un’altra donna per evitare periodi di lontananza troppo lunghi.

Durante la nostra conversazione, Natalya ha parlato sempre con un filo di voce, cantilenante, malinconico. Difficilmente incontro i suoi occhi, mi saluta senza stringermi la mano, un gesto non irriverente ma che gli è stato tramandato da una cultura sgretolata da tempo ma che serve a mantenere alta la propria appartenenza, la propria dignità. Il poter dire in tutti i sensi “non mi ha toccato nessuno”.