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Note di viaggio, da San Pietroburgo a Mosca per via fluviale

Scritto da Emanuela Medoro il 1 ottobre 2013
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Introduzione: questo articolo riporta note su una crociera fluviale da San Pietroburgo a Mosca, sulla motonave Repin, costruita in Austria nel 1975. Il percorso comprende il fiume Neva, i laghi Ladoga, Onega e il lago Bianco e parecchi fiumi dal nome difficilissimo prima di giungere al Volga, largo più di un kilometro da una riva all’altra, ed alla Moscova.

Il paesaggio baltico

S. Pietroburgo fu fondata nel 1703, alla foce della Neva sul Mar Baltico. Costruita e progettata da architetti ed ingegneri italiani, è cresciuta per due secoli espandendosi nelle pianure circostanti, con edifici che non potevano essere più alti del campanile principale. L’architettura è omogenea, fabbricati di tre piani, colorati in tinte pastello molto chiare, giallo, rosa o celeste, si estendono per centinaia di metri, interrotti  da fiumi e canali. La facciata principale del mitico Hermitage consiste di un vastissimo ed uniforme colonnato a semicerchio, il cui centro è segnato da una colonna.  Rigidissimi i controlli per l’accesso all’interno dei sontuosi scaloni, corridoi e saloni. Proibito l’uso dei flash, l’indisciplinato che lo ha usato è stato subito minacciato di essere spedito a svernare in Siberia.

Il paesaggio baltico è piatto ed uniforme, le acque dei fiumi e dei laghi sono di un colore tra il verde ed il marrone, che riflettono un cielo sempre nuvoloso, bianco.      

Lo sperdimento in un mondo altro.

Una accompagnatrice ha narrato che anni fa è stato proposto  ai moscoviti un referendum. Dovevano decidere se spendere o no dei soldi per mettere almeno nelle stazioni della metropolitana di Mosca i cartelli  con i nomi delle stazioni e le altre indicazioni necessarie trascritti  in alfabeto latino. I moscoviti hanno detto di no. Significa che un visitatore straniero a Mosca difficilmente può girare da solo, se non riesce almeno a leggere l’alfabeto cirillico. Difficilissimo.  Forte la sensazione di  sperdimento, nel trovarsi in un luogo ignoto, dove non sai parlare o leggere, affollato da persone con facce mai viste di uzbechi, tartari, mongoli etc. etc. che producono suoni incomprensibili.

Evgeniy Nazarenko e Aleksey Pastarnak  sono le uniche due persone russe  con cui  nei miei 10 giorni di Russia sono riuscita ad interagire direttamente, senza bisogno di interpreti bilingui. Sono due musicisti, il primo suona la fisarmonica, il secondo la balalaika. Insieme eseguono versioni personali di motivi a noi notissimi e musica popolare russa, in duetti e divertenti  dialoghi musicali. E tramite loro ho capito meglio le esibizioni del Trio Liritza, fisarmonica, balalaika, percussioni e voce, che per due volte si è esibito a L’Aquila, in brillanti ed originali  esecuzioni del repertorio russo e della più nota musica classica occidentale. Sono stili e modi espressivi che, pur a diversi livelli di esecuzione,   mostrano le  vaste e profonde radici popolari della musica russa. E’ un linguaggio universale, parla a tutti,  esprime sentimenti ed emozioni, superando enormi distanze spaziali ed inevitabili differenze culturali. Evgeniy ed Aleksey suonavano volentieri la sera mentre la barca solcava fiumi e  canali, e gli applausi sentiti e  sinceri del pubblico comunicavano loro che erano riusciti a trasmettere, direttamente, senza interprete, con la fisarmonica e la balalaika,  sentimenti di allegria, nostalgia, tristezza, gioia.    

Mosca, secondo l’accompagnatrice di San Pietroburgo. “A Mosca troverete un tempo orribile e freddo, vi accorgerete che costa tutto il triplo di qui, e tutti i moscoviti, proprio tutti, hanno la luce degli occhi a forma di dollaro”.

Mosca secondo me. Ho constatato di persona  la correttezza delle prime due profezie, e per la temperatura e la pioggia, gelida ed abbondante come quella del nostro dicembre ma all’inizio di settembre, e per i prezzi dei variopinti souvenir. Della  osservazione sulla luce degli occhi dei moscoviti non ho testimonianze dirette, a parte il fatto che lungo la via dei negozi e ristoranti di lusso chiusa al traffico  ho visto un negozio di preziosi, una via di mezzo tra gioielleria ed antiquariato,  da far invidia ai  migliori dei nostri simili di Roma.

Pittoresca, vivace, estesa in mezzo ad una foresta di betulle, pini ed abeti, Mosca è ricchissima di verde curatissimo (finché dura, durante il lunghissimo inverno gela tutto)  che rende attraenti anche i grattacieli di appartamenti di 20 piani, ed i palazzoni megalomani dell’epoca staliniana. Infatti non sono ammassati l’uno vicino all’’altro, ma spuntano dal verde. Illuminati, di notte creano un paesaggio fiabesco.  

La storia del campanile che emerge dal Volga: narrata da un italiano, narrata da un russo.

L’Italiano Simone: Negli anni ’30 fu presa la decisione di collegare il Volga con la Moscova, per portare a Mosca l’ acqua del Volga. Per questo  furono necessarie importanti e difficili opere di canalizzazione. Tra l’altro si dovette ricoprire con l’ acqua lo spazio di un villaggio. Gli abitanti del villaggio protestarono per questa decisione, che fu realizzata nonostante le loro proteste. Il villaggio fu evacuato, ma  tanti abitanti rifiutarono di lasciare il paese natio, legandosi con catene al posto loro. Oggi giacciono  sotto le acque ed il campanile che emerge dalle acque del Volga ricorda il loro attaccamento alla terra natia.

Il Russo Denise: Vi hanno detto che ci sono tanti cadaveri qua sotto? Non è certo che qui sotto ci siano  dei cadaveri, il villaggio fu evacuato per intero, e se qualcuno per protesta si legò con catene, non morì per acqua, ma per fame, in quanto passò moltissimo tempo prima che l’acqua arrivasse  ad inondare lo spazio del villaggio. Gli eventuali incatenati hanno avuto tutto il tempo di salvarsi, e se non lo hanno fatto, si trattò di decisioni individuali, per cui non c’è nulla da dire.

Anch’io ho ben poco da dire, tranne il fatto che di sicuro sarei andata via, e che sento profonda pietà per tutte le morti causate dalle tragedie della storia.  Oltre, preferisco non andare, e francamente mi sembrano superficiali e limitate le persone che hanno una risposta sicura per tutto.

L’italiano Simone, a proposito dei lavori di canalizzazione: la parola GULAG è un acronimo formato con le lettere iniziali delle parole russe che indicavano il progetto di canalizzazione dell’acqua del Volga, affinché questa giungesse a Mosca. Indica il modo autoritario ed arbitrario, assolutamente privo di rispetto per la vita umana, con cui veniva reclutata e trattata la manodopera. Nei dintorni della zona ancora non si può costruire per le troppe fosse comuni piene dei resti di quelli che morivano durante il lavoro. 

I cigni del lago.  Durante il giro di Mosca di notte, ho visto il laghetto che sarebbe stato la fonte d’ispirazione della famosa musica e del balletto. Una scena che più romantica di così non si può. Acqua, sullo sfondo torri merlate e cupole d’oro a cipolla, tutt’intorno parco, fiori  e prati curatissimi. Sull’acqua, niente cigni.

 “I cigni non ci stanno più”, dice l’accompagnatrice.

“Se li sono mangiati tutti durante la rivoluzione di ottobre”,  ribatte pronta una voce dal gruppo.

 “Sempre, sempre, dagli italiani esce questa risposta”, replica l’accompagnatrice. Seguono commenti divertiti, ironici ed anche sarcastici.

Non so perché, ma ancora rido pensando a quel dialogo. Chi volesse visitare Mosca, non dimentichi il giro della città by night.

I magazzini GUM  nella Piazza Rossa, di fronte  al sacrario di Lenin , tutti illuminati di notte con lampadine piccole, come quelle che noi usiamo a Natale. Contrastanti presenze simboliche del passare del tempo. Il teorico della rivoluzione egualitaria, della lotta ai privilegi degli zar e dei boiardi, riposa ancora oggi col suo volto di cera, (bruttissimo secondo l’accompagnatrice) di fronte  a dei grandiosi magazzini, spazi di vendita immensi, dove tutti i fabbricanti occidentali di articoli di lusso  hanno uno showroom, come vetrine aperte su quel mondo  ricchissimo di risorse materiali ed umane e di stridenti contraddizioni  fra enormi ed ostentate ricchezze, es.: le limousine per gli zar ed i boiardi di oggi, e la modesta semplicità dei tanti che si spostano su autobus vecchissimi.

 Però, anche questi ultimi a Mosca hanno una cosa bella: la metropolitana precisa e veloce. Simbolo della rivoluzione e del regime sovietico, le magnifiche stazioni, pulitissime, mettono le grandiose bellezze prima riservate  agli zar a disposizione di tutti : i corridoi delle stazioni sono arredati con lampadari di onice, marmi, statue, colonnati, mosaici multicolori e decorazioni a iosa. Ce n’è per tutti i gusti.

Il Kremlino. Ma che è questo luogo? E’ una fortezza, una città nella città recintata da mura, lunghi controlli per entrare, camminare sempre  sui percorsi segnati, non invadere gli spazi  e le strade interne, larghissime e deserte. Mi ha meravigliato vedere dentro la fortezza cinque chiese, in piedi da secoli e funzionanti. Quindi oltre le torri merlate, tante  cupole a cipolla, dorate o azzurre con le stelle,  decorative, anche belle, simboliche di fede e riti. Ma infastidiscono parecchio il mio senso estetico formato sulla cupola del Brunelleschi di Firenze.    

Che stanchezza!, dicevo subito dopo il ritorno. La Russia ha distrutto gli eserciti invasori, ed oggi distrugge anche i turisti. Non mi sono mai sentita così stanca dopo un viaggio. Ed ammetto di aver preso male, come un’ arbitraria limitazione del mio diritto di muovermi oltre l’area Schengen, il fatto che il  passaporto mi sia stato trattenuto dall’ambasciata russa dal momento della prenotazione del viaggio, a luglio,  fino alla partenza il 7 settembre, e poi dalla nave/hotel fino al momento del ritorno.  Tutto questo per rilasciarmi un visto d’ ingresso e soggiorno rigorosamente limitato ai giorni previsti per il viaggio. Nessuna possibilità di passare anche un solo giorno in più a Mosca oltre il tempo programmato.