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Il giallo si infittisce

Scritto da Carlo Di Stanislao il 1 agosto 2013
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Del Kazatistan la più parte non sapeva nulla fino a poche settimane fa, né la precisa collocazione geografica (a Nord Est della Russia e ad Ovest  della Cina, a cavallo fra Europa ed Asia) né la storia,  caratterizzata da un’assenza di fonti scritte sino al XV secolo, con, nel 1470, i sultani i Janibek e Girei che riuscirono a unificare stirpi diverse di popolazioni seminomadi in un’unica etnia nella parte sud occidentale dell’attuale regione. Appartenente al’ex blocco sovietico,  negli ultimi 23 anni il paese, che è il più grande al mondo senza sbocchio sul mare, ha conosciuto una vera e propria impennata economica, dovuta in larga parte ai ricchissimi giacimenti di gas naturale del sottosuolo:.

Ma il benessere non ha portato affato ad un affermazione della democrazia che, se possibile, è ancor meno garantita che non durante la cortina di ferro.

Vero dittatore dal 24 aprile 1990 è Nursultan Äbişulı Nazarbaev, classe 1940, ex membro del Partito Comunista Kazako, direttore generale del Consiglio dei ministri della Repubblica Socialista Sovietica del Kazakistan sotto il governo di Dinmuchamed Kunaev (che dominava le steppe con il beneplacito di Mosca), la cui  prima mossa vincente nel 1986, fu quando, durante la sedicesima sessione del Partito Comunista,  criticò pesantemente Askar Kunaev, fratello Dinmuchamed Kunaev, colpevole secondo lui di non aver intrapreso la riforma dell’Accademia delle scienze, il che  creò una profonda spaccatura nel Partito: da un lato Kunaev, che per la collera volò a Mosca e chiese l’abiura e la rinuncia ad ogni aspirazione al potere di Nazarbaev, il quale rimasto in patria raccoglieva consensi dentro e fuori il Partito.

Solo due mesi dopo cadde il muro di Berlino e il castello di carte e propaganda dell’ex Unione Sovietiva; la carica di Presidente venne creata ad hoc il 24 aprile 1990 ed ebbe così inizio la storia della Repubblica del Kazakistan, dichiarata definitivamente indipendente dall’URSS il 16 dicembre 1991.

E quella carica se l’è tenuta anche dopo elezioni (bulgare e sospette) nel 1998 e nel 2005, queste ultime con forti sospetti da parte dell’OCSE, che parlò  di una vera e propria autocensura dei media e di pochissimo spazio lasciato agli ispettori internazionali.

Berlusconi, nel 2010, andò in visita ufficiale e rivolse le seguenti parole al dittatore: ““Ho visto i sondaggi fatti da una autorità indipendente che ti hanno assegnato, Nursultan, il 92% di stima e amore del tuo popolo. E’ un consenso che non può non basarsi sui fatti.”

Parole che ancora dovrebbero far discutere invece che occuparsi di fango nato da intrusioni nella vita privata dell’ex premier.

Come dovebbero far riflettere alcune onorificenze attruibuitigli dall’Italia e dal Vaticano: Cavaliere di Gran Croce decorato al Gran Cordone dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, la più alta onorificenza che la Repubblica di cui sono cittadino può concedere, conferitagli da Oscar Luigi Scalfaro nel 1997 e, nel  2001 anche Cavaliere di Collare per l’Ordine Piano della Santa Sede (il primo ordine cavalleresco attualmente conferito dalla Santa Sede apostolica). Va detto, comunque, che molti altri Paesi hanno conferito onorificenze al dittatore, che è anche Grande Stella dell’Ordine al Merito della Repubblica Austriaca (Austria, 2000), Gran Cordone dell’Ordine di Leopoldo (Belgio, 2006), Cavaliere di Gran Croce del Grand’Ordine del Re Tomislavo (Croazia, 2001), Comandante di Gran Croce con Collare dell’Ordine della Rosa Bianca (Finlandia, 2009), Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Legion d’Onore (Francia, 2008), Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine del Salvatore (Grecia, 2001), Cavaliere di Gran Croce della Corona di Quercia (Lussemburgo, 2008), Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine dei Santi Michele e Giorgio (Regno Unito, 2000).

Negli anni  Nazarbaev è stato capace di tessere relazioni commerciali, economiche, finanziarie e di amicizia degne di un ente internazionale di prima fascia. Per questo, dal 1990 ad oggi, ha stretto accordi importanti, in particolare sullo sfruttamento del gas kazako, anche con il colosso italiano Eni (con l’entusiasmo anche del ministro degli esteri Emma Bonino: leggi http://www.eni.com/it_IT/attachments/media/monografie/monografia-kazakhstan.pdf.)

Nel frattempo la dittatura si è rafforzata, il controllo sui media si è fatto sempre più pressante e l’informazione, storicamente blanda, è divenuta sempre più strumento di propaganda.

Suo ex amico ed allerato ed oggi principale oppositore, l’oligarca Mukhtar Ablyazov, delfino designato e modello di una nuova generazione di politici-businessmen kazaki in grado di portare il paese ad affrontare le sfide del XXI secolo, nato nel sud del Kazakistan, laureato in fisica teorica e che,  nel 1992, era entrato nel mondo imprenditoriale fondando la Astana Holding e sei anni dopo, assieme a una cordata di imprenditori, aveva acquistato  la TuranAlem Bank appena privatizzata, poi nota come BTA Bank, con un capitale di 72 milioni di dollari e, sempre nel 1998, dopo essere stato nominato capo della compagnia elettrica kazaka, venne scelto da Nazarbaev come ministro dell’Energia e dell’Industria, ruolo di primo piano nell’esecutivo del Kazakistan, ricco di risorse energetiche.

Ma l’idillio si interrompre nel 2001, perché Ablyazov, assieme ad altri favoriti del regime, fonda il movimento DCK (Scelta Democratica per il Kazakistan) e passa all’opposizione lasciando il governo. Da quel momento viene considerato un dissidente e la vendetta del dittatore non tarda ad arrivare: nel 2002 Ablyazov viene accusato di abuso di potere, arrestato e condannato a sei anni di carcere. In carcere pare che Ablyazov sia stato sottoposto a torture e pestaggi, fatto che ha portato Amnesty International e il Parlamento europeo a fare pressioni per la sua liberazione, avvenuta nel 2003 con l’obbligo di lasciare il paese e rinunciare all’attività politica. Ablyazov si trasferì a Mosca mentre il compagno di partito Altynbek Sarsenbaev, anch’egli rilasciato, continuò a fare politica e venne assassinato nel 2006.

Tutta questa vicenda sarebbe rimasta onfinatoa nei report di chi si occupa di diritti umani e di politica estera, se non fosse scoppiato il caso, (o guaio tutto italiano), della deportazione forzata di Alma Shalabayeva e della figlioletta Alua, caso non ancora risolto e completamente chiarito, che ora ha uno strascico più grave ed un coinvolgimento della Francia, con l’arrresto, ieri a Cannes, di Mukhtar Ablyazov, in una vicenda che si è subito tinta di giallo, con le prime agenzie che l’arresto era avvenuto da parte delle forze speciali francesi, che in principio hanno negato, poi, in un susseguirsi di precisazioni e smentite, si è giunti alla conferma da parte della Gendarmeria di Marsiglia.

In un recente articolo de “la Gazzetta di Mantova”, ad infittire infittisce ancora di più l’intricata videnda, si dice che Ablyazov quando si trovava alla guida della Bta, la più grande banca del Kazakistan, avrebbe creato un buco da 10 miliardi di dollari e truffato il Monte dei Paschi di Suiena ed altri istituti di credito italiano. L’accusa di truffa nei confronti di Ablyazov  è emersa nei mesi successivi al febbraio 2009, quando si scoprì il buco nei conti dell’istituto bancario e che, da presidente, Ablyazov aveva concesso ‘ingenti prestiti a enti impossibili da individuare, spesso senza garanzie’. Il sospetto è che questi enti fossero di proprietà di Ablyazov stesso. Sarebbero proprio gli atti raccolti a rivelare che tra i creditori che a livello internazionale erano state vittime delle frodi sarebbero presenti Unicredito italiano, Banca popolare di Vicenza, Banca Mps, Mediobanca, Bam, Bnl, Antonveneta e Banca Ubae che, tutte insieme, hanno ottenuto il sequestro dei beni di Ablyazov.

Comunque ora, la patata bollente passa in mano ai francesi e vedremo se i nostri critici cugini sapranno nei fatti smentire quanto affermava nel 1993 il filosofo statunitense Gene Sharp, secondo cui i paesi intervengono contro le dittature solo: “per ottenere il controllo economico, politico e milatare dello stato in questione”.

Intanto, l’Italiavolley femminile nel  quadrangolare in programma da venerdì a domenica a Montichiari, incontrerà prima l’Argentina e poi con il Kazakistan e magari, anche in questo caso, saremo molto cortesi con chi potrtebbe chiuderci i rubinetti del gas.

Si dirà che sono il solito qualunquista, esponente del nutrito gruppi di italiani delusi dalle istituzioni, perché furbi, cialtroni, evasori, senza valori, senza tenere conto del fatto che sono state  le istituzioni a non riuscire a ricucire il rapporto di fiducia con gli italiani stanchi, come il Silone di “Uscita di sicurezza”, di Ignazio Silone di essere colpiti da una mancata corrispondenza tra la moralità familiare,  personale e quella pubblica.

Stasera il verdetto Mediaset, dopo che i due avvocati di Berlusconi Franco Coppi e Niccolò Ghedini, hanno cercato di smontare le accuse di aver organizzato un sistema truffaldino che gonfiava i costi dei film acquistati da Mediaset con un giro fittizio di intermediazioni che finivano negli ammortamenti delle dichiarazioni dei redditi ed hanno chiesto l’assoluzione del leader del Pdl e hanno contestato l’esistenza stessa del reato, cercando  di smontare il filone della continuità che finora ha contribuito a bloccare la prescrizione.

Invece per il sostituto Pg della Cassazione, Antonello Mura, la richiesta è semplice: confermare in toto le condanne di I e II grado per tutti gli imputati, salvo abbassare, da 5 a 3 anni, la pena accessoria di interdizione dei pubblici uffici, quantificata in eccesso dai giudici della Corte d’appello per una errata lettura della normativa in materia.

Due le strade per giungere all’ardua sentenza, diametralmente opposte ed entrambe difficili. Da quella scelta e dalle motivazioni,  dipenderà anche se riuscirò a cambiare idea.

Tornando al Kazakistan, debbo ricordare che noi aquilani un qualche senso di riconoscenza pure lo dobbiamo al Kazakistan che è stato fra i pochi paesi a tener fede alle promesse e donare 1,7 milioni di euro per il restauro della’oratorio di S. Giuseppe dei minimi, a poca dfistanza da piazza Duomo e dalla cattedrale di San Massimo, distrutto dal  sisma del 6 aprile 2009.

La fine dei lavori è coinciso proprio con l’espulsione della Shalabayeva e di sua figlia e forse è stato il segno di una gratitudine allargata a livello nazionale.

E siccome dobbiamo (attraverso i loro interventi su L’Aquila), un grazie anche ai Russi (che hanno tirato fuori 7.2 milioni di euro per il restauro di Palazzo Ardinghelli, ai francesi, che hanno sborsato  6,5 milio per  la chiesa di Santa Maria del Suffragio e ai tedeschi, che hanno adottato per 3.5 milioni di euro la chiesa di San Pietro Apostolo ad Onna, forse dovremo prepararci ad altri “riconoscenti regali”.