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Abusare di un diritto o di un dovere?

Scritto da Antonio Masullo il 1 agosto 2013
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Anche il recente G8 in Irlanda ( massimo consesso internazionale fra le maggiori economie mondiali) si è dovuto occupare di evasione e di elusione fiscale ( l’evasione fiscale evoluta) perché i due fenomeni stanno assumendo una dimensione sempre più globale anche grazie alla concorrenza di stati con normative tributarie favorevoli verso multinazionali e super ricchi. Dell’evasione non ci occuperemo in questo articolo per evitare di annoiare ulteriormente i lettori che ne sentono parlare tutti i santi giorni e in tutte le minestre sia da quelli che cercano invano di combatterla  e sia da quelli che lo dichiarano solo a parole….è una delle classiche emergenze italiche ormai strutturali e pertanto non qualificabile come emergenza! Le stime parlano di un importo sottratto alle casse dello stato che può variare dai 100 a 150 miliardi di euro all’anno ( da quanti anni?..) e deriva da situazioni molto variegate : dall’evasione di necessità ( evocata persino dai partiti di sinistra…) a quella di soggetti insensibili ai valori civili e sociali sui quali si fonda una comunità. Certo è che l’attuale elevatissima pressione fiscale non aiuta le cose, fornendo alibi a coloro che non possono o non vogliono adempiere ai propri doveri fiscali, ma è meglio fermarsi qui altrimenti veniamo meno ai nostri intendimenti.

L’elusione ha la stessa finalità dell’evasione ( pagare meno tasse), ma è una tecnica ( più esattamente una serie di espedienti…) che solo i grandi patrimoni e le società di una certa dimensione sono in grado di utilizzare ricorrendo a specialisti superpagati e ai paradisi fiscali offshore. Chi elude rispetta formalmente la normativa tributaria, ma la lo fa, per così dire, in modo sleale, cioè ricorrendo a scappatoie – previste dal legislatore negligente o imprevidente…- che non hanno alcuna finalità produttiva o organizzativa concreta se non quella, per l’appunto, di ridurre in modo sostanzioso l’ammontare delle tasse dovute.

Il fenomeno come abbiamo anticipato è ormai talmente diffuso a livello internazionale che alcun paese ne è al riparo. Grazie all’elusione fiscale l’isola di Mauritius ( e non gli Usa o il Giappone…) sono oggi il principale investitore estero in India  semplicemente perché  un gran numero di facoltosi contribuenti indiani hanno dirottato parte delle loro attività presso l’accogliente isola ora divenuta paradiso fiscale emergente e, analogamente, Cipro ha il medesimo status per l’economia russa, nonostante sia membro della UE!

Apple, McDonalds, eBay, Starbucks, Amazon, Facebook, Google ( quest’ultima è riuscita “legalmente” a pagare solo 1,8 milioni di euro di tasse per il 2012 in Italia), alcuni dei principali nomi della “corporate America”, detengono depositati all’estero in regimi fiscali di vantaggio ( tipo Irlanda, qualche isola dei Caraibi…) circa 1000 miliardi di dollari di utili.
E’ la pratica del “profit shifting”, definita aulicamente ottimizzazione fiscale,  che sottrae alla IRS (l’Agenzia delle Entrate USA) centinaia di miliardi di dollari di tasse con un pesante impatto sul deficit federale USA, offrendo l’opportunità al partito repubblicano di richiedere ingenti tagli al welfare e alla spesa sociale!

Contemporaneamente i “lobbisti” di queste multinazionali si rivolgono soprattutto agli esponenti dello stesso partito per ottenere leggi che consentano sostanziosi sgravi fiscali  per il rimpatrio degli utili; ma finché queste agevolazioni non saranno approvate la partita resterà in sospeso alla faccia del contenimento del deficit del bilancio federale della prima e più democratica, per definizione, potenza economica del mondo.

Per la “corporate Italia” non esistono statistiche attendibili del fenomeno, ma possiamo solo presumerne l’entità considerando che negli ultimi anni il fisco ha recuperato a tassazione decine di miliardi di euro relativi a operazioni sull’estero effettuate dalle società italiane. Ignoriamo pertanto quanti utili made in Italy  siano depositati in Svizzera, a Hong Kong o in qualche altro paradiso fiscale, ma è ormai un dato di fatto che diverse società, grazie all’elusione fiscale, sono riuscite a ridurre in modo significativo il loro carico fiscale. Le indagini della GDF continuano a scuotere il mondo imprenditoriale italiano; sono ormai numerosi i casi di imprenditori nostrani e banche anche di grande dimensione accusati di utilizzo “disinvolto” di norme elusive per pagare meno tasse.

E’ di questi giorni la clamorosa serrata dei negozi milanesi Dolce & Gabbana in segno di protesta per alcune frasi pronunciate da un assessore che aveva stigmatizzato il comportamento fiscale non proprio esemplare dei famosi stilisti. Infatti i proprietari della famosa azienda di moda sono stati condannati ad una multa di 343 milioni per una presunta evasione fiscale di circa un miliardo effettuata utilizzando una società lussemburghese a cui arrivavano i proventi  derivanti dallo sfruttamento dei marchi del gruppo.

I Marzotto sono stati oggetto di una clamorosa indagine fiscale per la vendita avvenuta nel 2007 del 29% di Valentino Fashion Group al fondo Permira; l’evasione fiscale sui 199 milioni di utile derivante dalla vendita –  trasferiti nel paradiso fiscale delle isole Cayman – è stata resa possibile grazie all’utilizzo di una società lussemburghese costituita ad hoc.

I soci storici ed alcuni manager di Bulgari (oggi di proprietà francese) sono stati accusati di dichiarazione fraudolenta in quanto avrebbero sottratto alla tassazione in Italia dal 2006 ricavi per complessivi 3 miliardi di euro! Questa volta le società utilizzate per “eludere” sono basate in Svizzera, Olanda  e Irlanda. La GDF ha scoperto un giro vorticoso di passaggi societari per approfittare  della più favorevole imposta irlandese del 12,5%.  

Il contenzioso fra le banche italiane e l’Agenzia delle Entrate per “abuso di diritto” ha raggiunto cifre considerevoli, di diversi miliardi di euro!

Il caso più clamoroso è certamente quello concernente Unicredit; una maxi frode fiscale di 245 milioni di euro realizzata grazie ad una complessa operazione finanziaria denominata Brontos.

In pratica grazie all’intervento di una società lussemburghese (paese UE!!) del noto gruppo inglese Barclays, gli utili di alcune operazioni finanziarie sono stati “trasformati” in dividendi e pertanto assoggettati ad aliquota fiscale più bassa.

L’elenco potrebbe continuare con altre banche che, per operazioni analoghe, hanno già patteggiato con l’Agenzia delle Entrate multe per centinaia di milioni di euro (importi comunque notevolmente inferiori al danno fiscale subito dall’erario!!), come Intesa San Paolo, Monte dei Paschi di Siena, BPM, Credem, Carige.

Patteggiamenti con sconto, ma soprattutto con annesso condono tombale sul passato di queste banche che in tal modo hanno chiuso i conti con il fisco una volta e per tutte! Senza contare la responsabilità personale ( termine ormai in disuso nella nostra repubblica) dei massimi dirigenti di queste banche che se la cavano con qualche reprimenda. Proprio come capita ai poveri disgraziati ai quali viene pignorata la casa…….

Qui non si può parlare di elusione di necessità! Chi elude vuol fare il furbo, pagare di meno e basta! E se è l’amministratore o dirigente di una grande banca lo fa per realizzare più utili per gli azionisti e quindi per avere riconoscimenti e ottenere bonus ancora più elevati.

Il reato, ormai depenalizzato, appare ancora più odioso della stessa evasione. Ma tant’è!

Il contenimento del fenomeno a livello internazionale può derivare solo da una maggiore cooperazione fra i singoli stati, per coordinare meglio le rispettive legislazioni fiscali e l’attività dei rispettivi controllori, e soprattutto da una efficace azione di contrasto nei confronti dei paesi, soprattutto i paradisi fiscali, che fondano le rispettive economie sui capitali di provenienza estera.

Ma se non riusciamo a fare questo prima fra gli stessi paesi europei come pretendiamo di poter risolvere la questione con Mauritius, Hong Kong, Isole Cayman e tanti altri paradisi fiscali disseminati nel mondo che rendono vana anche la lotta al narcotraffico e al terrorismo?