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Roma: la bellezza triste della nobiltá

Scritto da Emanuela Medoro il 1 giugno 2013
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Il film  di Paolo Sorrentino, La Grande Bellezza,  presentato a Cannes, applaudito e discusso, presenta un singolare segmento di vita romana. Non i vicoletti del centro secentesco animati da laboriosa attività, non i vivacissimi e colorati   mercati delle piazze, tipo quello di Campo de Fiori, non le zone ad alta concentrazione di istituzioni religiose,  piene di preti e monache dalle facce  sempre più diverse dalle nostre, ma  gli interni segreti e misteriosi delle residenze della nobiltà del sangue, della chiesa e del danaro.

Protagonista una terrazza da sogno,  ampia  e circondata da ricca vegetazione, affacciata direttamente sul Colosseo, arredata come  un salotto pregiato, unico al mondo,  frequentata da un ristretto gruppo di intellettuali ed eccentrici di varia provenienza. Tra questi spicca il protagonista. Jep Gambardella, interpretato da Tony Servillo,  è un uomo sulla sessantina, che vive della rendita fornita dal successo di un suo unico romanzo, che a suo tempo fu un successo, mai più ripetuto, assorbito l’autore dalla voluttà di una sorta di dolce vita romana dei nostri giorni, fatta di cinismo e saggezza, ma, soprattutto, di pigrizia, una pigrizia invincibile, nutrita dal clima mite ed assolato e dai tramonti spettacolari che tingono cupole e campanili.

Simile a lui un commediografo interpretato da Carlo Verdone, con i baffi questa volta, che deluso ed inaridito dalla sua  Roma superficiale e vuota, se ne torna al paesello natio, abbandonando teatri ed amici. Spicca tra i protagonisti anche un principe della chiesa, un cardinale vecchio e cinico, assiduo frequentatore di nobiltà ed intellettuali, dalla oscura fama di esorcista, esperto di riti per  scacciare Satana. Una donna ultracentenaria in fama di santità  rappresenta la chiesa di base, quella vicina ai più sventurati del mondo: “La povertà si vive, non si racconta”, sussurra lentamente a chi le chiede di narrare le sue esperienze.           

La folla è composta   da gente della più variegata provenienza sociale,  spiccano uomini e donne di mezza età alla ricerca patetica dei piaceri e delle emozioni della giovinezza perduta. E’ rappresentata a lungo e lentamente durante gli sballi notturni, volti e trucchi disfatti,  corpi sudati si agitano senza posa.

Secondo me il film è da vedere non tanto per questi protagonisti, tutto sommato tristi e deprimenti,  lontani dalla quotidianità della buona borghesia romana professionale e laboriosa, quanto perché porta alla luce luoghi meravigliosi, interni ed esterni, chiusi, proibiti a visitatori e romani. Dimore principesche, parchi circondati da rovine di epoca imperiale, piscine, statue, pitture, ornamenti, architetture contemporanee sovrapposte a quelle classiche, tutto abilmente celato dietro mura insuperabili.

Vengono delle domande a proposito dei pochi abitanti di queste favolose dimore, ora che i comunisti non ci sono più e che in parallelo non esiste più neppure la unità politica dei cattolici, che potere hanno? Politico, finanziario, economico? Che fanno? Che valori sostengono? Dove trovano la loro ragione di vita?  Misteri oscuri di Roma. Bellissima ed eterna.