www.faronotizie.it - Anno XIX - n. 215 - Marzo

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Nonostante la diversa impostazione teologica, nonché filosofica, ho sempre ritenuto il Don un amico con il quale poter discutere dialetticamente, a volte anche con punte polemiche, e pur tollerando certe sue uscite da Dioceneliberi, visibilmente di parte (alla Comunione e Liberazione), ho sempre pensato che fosse in buona fede e quindi intellettualmente onesto.

Ahimè, forse mi ero sbagliato!

La sua ultima sparata (siccome non gradisce il mio linguaggio sboccato, altrimenti avrei usato “cazzata”) veramente mostra una grettitudine che non ha pari e che probabilmente in nessun’altra parrocchia italiana si sarebbe consumata. (Parentesi: il termine “grettitudine” non esiste, lo uso per definire non tanto la grettezza come ristrettezza mentale o povertà d’animo [vedi Sabatini-Coletti, Dizionario della Lingua Italiana], ma come modus vivendi).

Il vietare dopo il funerale la lettura di un omaggio poetico come saluto ad un amico, che sta per andare in un’altra dimensione a noi sconosciuta, è alquanto sgarbato, oltre che irriverente nei confronti, sia di chi sta per lasciarci, sia di chi resta.

Uno potrebbe dire: “a casa mia faccio quello che voglio”; ma è a casa sua? Dal momento che la chiesa-edificio non appartiene propriamente alla Chiesa-comunità (visto che gode di contributi statali e quant’altro); non può ostentare la spocchia di dire: “qui comando io!”

No, proprio no! La sicumera non è dei giusti.

Anche la presunzione di dire: “il linguaggio poetico non si addice ai funerali” mette in evidenza l’arroganza di stabilire come vanno dette certe cose. E chi è lui per poterlo dire? Chi gli dà questa autorità in materia linguistica?

Mi sovviene il tempo quando da giovane frequentavo il Circolo Cattolico dove si svolgevano riunioni di carattere religioso e di impegno sociale. Il mio cuore e di qualcun altro batteva a sinistra; in periodo elettorale il Don chiudeva il Circolo per riaprirlo solo dopo le elezioni (sic!).

Ricordo quella volta che dovevamo fare una Marcia della Pace e, sempre il Don, la trasformò in una processione con tanto di santini e rosari in mano, e non permise che sulla gradinata della chiesa venissero bruciate, simbolicamente, armi di cartone per non urtare la suscettibilità dei bigotti anticomunisti. (sic!)

È proprio vero che si è sempre prodigato per il quieto vivere!

Più che i comunisti e gli anarchici al Don hanno fatto sempre paura i giovani credenti sensibili alle problematiche sociali che guardavano un po’ più in là del Pater, Ave e Gloria. Viceversa i bravi ragazzi, quelli di C.L., gli scudocrociati dal maneggio facile, capaci di strumentalizzare la Chiesa per il proprio tornaconto; quelli invasati come il Celeste di Lombardia; quelli che si danno da fare per il presepe e organizzano le processioni in onore di Padre Pio (pardon: San Pio). Quelli che non si indignano per il conferimento di un cippo a Escrivà de Balaguer sul Pollino; quelli dell’Opus Dei o della Compagnia delle Opere che si annidano nelle corti delle diocesi e gestiscono strutture dismesse e uffici tecnici capaci di procurare finanziamenti per attività spiritual-commerciali. Quelli, per il Don vanno bene! Perché quelli: non gli rompono i coglioni! (Bontà sua!)

Mettendo da parte i miei primi vent’anni di vita, nei restanti quaranta l’avessi mai sentito prendere una posizione su qualcosa. I suoi discorsi, le sue conferenze, le sue prediche, i suoi scritti fumosi (vedi il suo ultimo intervento sulla droga pubblicato da faronotizie), non approdano a nulla e la sua sicumera gli impedisce di porsi la domanda: “ma di che cosa sto parlando!?”

Una mia giovane e dolcissima amica, senz’altro più misericordiosa di me, mi dice: “forse è l’età!”

Io di rimando le rispondo: “no, quarant’anni fa era già così”. Lei non può saperlo, non era ancora nata!

Oggi per grazia di Dio siamo su sponde diverse, quel che gli contesto sono queste manifestazioni anticonciliari, basta guardare la TV per vedere che il dialogo interreligioso, l’ecumenismo, l’incontro fra culture diverse sono una realtà. Non ci si può arroccare su posizioni stantie e retrive, su privilegi feudali e cardinalizi: i vari Ruini, Bertone, Bagnasco, Crociata, Fisichella ecc. non sono più credibili, come non è più credibile una chiesa il cui interesse è soltanto la difesa dei privilegi acquisiti.

Qualche anno fa chiesi al Don se mi prestava il cine-teatro parrocchiale per una conferenza della locale Chiesa Evangelica; naturalmente la risposta fu negativa. Eppure nei Vangeli è scritto: “Allora Giovanni disse: ‹‹Maestro, noi abbiamo visto un tale che scacciava i demòni nel tuo nome, e glielo abbiamo vietato perché non ti segue con noi››. Ma Gesù gli disse: ‹‹Non glielo vietate, perché chi non è contro di voi è per voi››.  (Confronta il Vangelo di Luca, cap.9, versi 49-50).

Evidentemente per il Don non è importante che si parli di Cristo; l’importante è che si parli di cattolicesimo: così è se vi pare!

Non so chi siano, oltre il Celeste lombardo e lo spam de Balaguer, i modelli a cui si ispira il Nostro, vorrei consigliargli la lettura di Hans Küng, del Card. Martini, di Don Ciotti, di Don Gallo e altri (tutti cattolici), ho poi un lungo elenco di autori protestanti che a richiesta posso fornire (anche le loro opere), così scoprirà che oltre l’Avena esiste un altro orizzonte, di sicuro più ampio.

Ah! Se ci si preoccupasse di essere “luce del mondo” e “ sale della terra” di certo non finiremmo “gettati via e calpestati dagli uomini”. (Vangelo di Matteo 5, 13-15).

Se le parole che si predicano o che si studiano fossero applicate alla vita, allora bisognerebbe affidarsi alla guida dello Spirito Santo, il quale identificandosi con la fede, ci dà l’intelligenza per un corretto approccio con la Scrittura tanto da orientare il nostro comportamento etico. Infatti per i Padri della Chiesa lo Spirito Santo si identificava con l’orizzonte intellegibile del mistero cristiano come mistero di salvezza, e nella chiesa primitiva (quella degli Atti degli Apostoli), lo Spirito Santo era proprio il costruttore della nascente chiesa (implantatio ecclesiae), colui che illuminava i primi passi di un cammino di evangelizzazione di cui oggi, forse, si sono perse le tracce. Non sarebbe male provare a tornare alla Chiesa delle origini ricorrendo alla guida dello Spirito Santo: Lo Spirito è perciò una realtà dinamica, innovatrice, creatrice, è simbolo di giovinezza, vivacità, rinnovamento”.

(Dizionario Teologico Piemme, Casale Monferrato 1993).

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