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Dall’estero si rientra facendo bene i conti

Scritto da Antonio Masullo il 1 gennaio 2015
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Sembrerebbe un consiglio per emigranti o espatriati che, in preda alla nostalgia, sono in procinto di rientrare nei luoghi di origine. Siamo fuori tema!

E’, invece, il titolo di  un recente articolo del Sole 24 Ore, inserto “ Professionisti del Risparmio”,  dedicato alla “voluntary disclosure” italiana; l’occhiello dell’articolo  prosegue : “necessari diversi profili professionali per dare al cliente  consulenze che mettano al riparo da rischi penali”.

Quindi si tratta di patrimoni, soldi e ricchezze varie  che sono in procinto di “rientrare”
(più propriamente di emergere dalle nebbie estere…) e sembrerebbe che la missione dei cosiddetti professionisti del risparmio  sia quella di organizzare team di esperti per evitare conseguenze penali ai propri clienti per i reati tributari commessi, pecunia non olet!

Ma le cose non stanno proprio così; infatti la lettura di un titolo, fatto apposta per attrarre l’attenzione, può trasmettere messaggi  eticamente e professionalmente discutibili.

Innanzitutto cosa è la “voluntary disclosure”  o collaborazione volontaria?  E’ una legge approvata di recente per permettere la regolarizzazione dei beni e capitali detenuti all’estero non dichiarati,  ma anche di quelli nascosti al fisco  in Italia. Secondo l’opinione prevalente degli addetti ai lavori è l’ultima occasione per regolarizzare  la propria posizione fiscale senza rischiare la galera, a meno di non trasferirsi in località esotiche  e richiedere asilo fiscale…..

Perché il governo Renzi si è dato tanto da fare per ottenere l’approvazione di questo provvedimento entro la fine del 2014? Solo per ottenere, quanto prima, nuove entrate fiscali per le esauste casse dello Stato?

Non è proprio così! L’urgenza si spiega anche perché sull’onda della campagna contro i paradisi fiscali iniziata dagli Stati Uniti qualche anno fa, anche per motivi antiterroristici,  e adottata poi da tutti i paesi aderenti all’OCSE, le banche svizzere e quelle lussemburghesi (solo per citare quelle più frequentate dagli italiani) hanno imposto ai clienti di regolarizzare le proprie posizioni con i paesi di origine pena la chiusura dei conti.

Dal 2016 verrà attivato lo scambio automatico delle informazioni fra i sistemi bancari e fiscali di tutti i paesi europei, in tal modo finirà il segreto bancario;  inoltre c’è anche un aspetto  giudiziario nostrano che ha accelerato  l’iter  della “ collaborazione volontaria” : l’introduzione del reato di autoriciclaggio  che prevede pene molto severe per i trasgressori.

Rispetto agli “scudi” degli anni scorsi (dei veri e propri condoni, non certo costosi per i contribuenti infedeli!) la “collaborazione volontaria” non è anonima ed è molto più onerosa; per attivarla c’è bisogno di ricorrere a qualificati professionisti, capaci di analizzare le più svariate situazioni e di interfacciarsi efficacemente  con l’Agenzia delle Entrate e con gli intermediari bancari.

Si tratta di un ravvedimento operoso di tipo speciale  nel quale non solo bisogna dichiarare le consistenze detenute, ma si deve anche ricostruire in modo puntuale l’origine degli investimenti effettuati con tali risorse per consentire al fisco di recuperare tutte le imposte evase; i benefici previsti sono la riduzione delle sanzioni e la non punibilità penale.

Il paese dal quale si attende la maggior parte delle regolarizzazioni è, ovviamente, la Svizzera; diverse stime quantificano in circa 200 miliardi di euro il bottino detenuto presso le banche elvetiche sinora  sconosciuto all’Agenzia delle Entrate.

Se l’accordo per il rientro dei capitali con il governo di Berna sarà concluso a breve,  la Svizzera potrà uscire dalla  “black list”  dei paesi non collaborativi e questo consentirà di ridurre le sanzioni a carico di coloro che attiveranno la “voluntary disclosure”.

Una volta effettuata la regolarizzazione del patrimonio finanziario illecitamente detenuto all’estero, il titolare potrà optare fra il rimpatrio o il mantenimento presso le banche estere di origine.

Purtroppo i numerosi articoli giornalistici che si concentrano sul presunto rientro nel nostro paese  di svariate decine di miliardi di euro destinati ad essere investiti nella nostra economia peccano di superficialità per due motivi : primo perché una buona parte di queste ricchezze, una volta regolarizzata,  potrebbe rimanere là dove attualmente si trova e secondo perché, a parte la liquidità detenuta sui conti a vista, in genere  residuale, la quota più consistente di questi capitali è sicuramente già investita sui mercati azionari ed obbligazionari internazionali.

Comunque le imposte recuperate e le sanzioni inflitte rappresenteranno certamente una boccata d’ossigeno per il bilancio dello Stato, anche se  “una tantum”; negli anni successivi, invece, verranno incassati importi  inferiori corrispondenti alla tassazione dei rendimenti correnti delle attività regolarizzate che non potranno più essere celate al fisco!

Le stime sugli incassi attesi dal fisco sono molto aleatorie, ma una sola cosa è certa: anche se il conto alla fine risulterà salato per i contribuenti interessati, chi decide di non approfittare di quest’ultima opportunità rischia molto di più di quanto presume di risparmiare ( giudizi etici a parte…)!