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L’euro: l’amara realtà e la dolce illusione

Scritto da Antonio Masullo il 1 novembre 2013
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Con lo scoppio della crisi finanziaria internazionale nel 2008 è iniziato nella zona euro  un periodo di forte instabilità, oggi al suo apice, che ha ulteriormente amplificato nel tempo le significative  differenze economiche, strutturali, politico- sociali esistenti da sempre  fra i vari paesi membri dell’unione monetaria.

Nonostante ciò Eurolandia  - l’insieme dei 17 paesi dell’Unione Europea che utilizzano l’euro –  conserva ancora il primato fra le varie aree economiche del pianeta e l’euro in questi anni si è rafforzato nei confronti delle altre principali monete nonostante i timori relativi alla sua sopravvivenza!

Per decifrare le logiche perverse del mercato dei cambi bisogna essere un “addetto ai lavori”  mentre basta soltanto un po’  di buonsenso per analizzare  le  decisioni  e i compromessi  che sono alla base della nascita dell’euro  e che spiegano l’attuale profonda crisi di molti paesi membri di Eurolandia.

Il debutto dell’euro subì una forte   accelerazione  rispetto al sentiero tracciato  dai padri fondatori dell’Unione Europea a causa dell’implosione dell’URSS, della riunificazione tedesca e dei timori francesi relativi alla rinascita della Grande Germania.

Alcuni accademici di fama internazionale,  appartenenti a diverse correnti di pensiero, segnalarono  i rischi connessi alla nascita dell’euro, ma non fu dato loro molto ascolto anche perché provenienti per lo più dal mondo anglosassone che vedeva nell’euro un pericoloso concorrente  per il dollaro e la sterlina.

Era vero! Un trattato senza vie di uscita, come era quello di Maastricht, comportava significativi rischi economici e quindi anche politici, ma si decise comunque di andare avanti….

Se due paesi con diverse caratteristiche strutturali si mettono insieme  adottando un regime di cambi fissi, col tempo generano tassi di inflazione  divergenti che riflettono, per l’appunto, il diverso grado di efficienza delle due economie.

I beni del paese con l’inflazione  più elevata  diventano più costosi e quindi quel paese  perde competitività; i suoi cittadini man mano acquistano in maniera crescente i prodotti  del paese più efficiente,  e giocoforza si indebitano. Il paese con più inflazione  diventa importatore netto e debitore netto!

Ma prima o poi il paese creditore impone l’austerità al debitore perché è l’unico metodo per riportare  i conti esteri in pareggio. E’ proprio la situazione che stiamo vivendo oggi in Italia e  negli altri paesi “periferici” di Eurolandia.

Invece in una unione con regime di cambi variabili  la  valuta del paese indebitato  si svaluta per compensare  la sua minore competitività e in tal modo recupera  gradualmente  le posizioni di partenza ( è  quello che è accaduto alla lira a più riprese prima dell’ingresso nell’euro).

La svalutazione non è il demonio, ma non è neanche una benedizione! Nella prima fase l’inflazione può continuare a salire perché le materie prime importate costano di più e le classi sociali meno ambienti vedono il loro potere d’acquisto ridursi velocemente. Si tratta di un’austerità indotta e non decisa dall’alto, ma il sistema  ha la possibilità di ritornare faticosamente verso l’equilibrio!

Pertanto quando si decide, come con Maastricht, che le varie economie europee , strutturalmente ben differenti, devono convergere verso il medesimo tasso di inflazione si crea un sistema rigido che non può che sfociare nell’aumento dell’indebitamento e nella la riduzione dei salari reali  dei paesi meno efficienti,

dà luogo cioè alla cosi detta  “ svalutazione interna“  visto che quella classica verso l’estero  è di fatto inibita. Si può quindi  affermare che  l’euro  non è certamente di sinistra!.

Chi oggi  ribadisce queste ovvietà  rischia di essere accusato di populismo e di antieuropeismo  e di essere accumunato ai crescenti movimenti populistici europei che soffiano sul malcontento delle popolazioni in difficoltà.

Vero è che in un mondo sempre più globalizzato i singoli paesi europei ( compresa la potente Germania) non potrebbero reggere alla concorrenza sempre più agguerrita delle ex economie emergenti ( Cina in testa) e delle altre economie sviluppate e quindi il progetto di una Unione Europea più integrata ( dalla politica al fisco, dall’istruzione  alla difesa…..) va  perseguito e  difeso  per salvaguardare il benessere dei nostri figli, ma mettere il carro davanti ai buoi come purtroppo si è fatto con l’euro non è certo la strategia vincente.

Uscire dall’euro? Complicatissimo e non sarebbe indolore, anzi l’impatto iniziale potrebbe essere devastante! Non è razionale dare ascolto a chi gioca con questa eventualità evocando addirittura la possibilità di fare un referendum.

D’altra parte se non si riesce  ad invertire velocemente l’attuale  trend economico  aggravato da una disoccupazione intollerabile siamo destinati alla deindustrializzazione e all’impoverimento. In termini di PIL siamo tornati indietro ai livelli del 2000. E’ come se avessimo buttato al vento 13 anni di lavoro! Questo calo non lo abbiamo subito neanche durante la grande depressione del 1929! E la  situazione del nostro sistema bancario,  incastrato fra l’aumento delle sofferenze e il peso degli investimenti in titoli pubblici, e  del conseguente credit crunch  che sta asfissiando le imprese…

Al di là delle improcrastinabili “spending  review”  e lotta all’evasione fiscale  abbiamo bisogno di rilanciare subito la domanda interna con ingenti investimenti produttivi, ma non abbiamo la possibilità di finanziarli a causa del nostro enorme debito pubblico e  del patto di stabilità  e  del fiscal compact che ci sono stati imposti proprio a causa degli  squilibri delle nostre finanze pubbliche.

Rassegnarci a sperare nel miracolo del ripensamento dei tedeschi che diventano d’incanto più generosi  anche perché si rendono finalmente conto che il collasso dell’ euro comporta anche  la fine dell’unione europea  e  del loro benessere??? Tempo perso e pia illusione!

La Germania dovrebbe accettare di diventare la locomotiva dell’economia europea abbandonando il modello basato esclusivamente sull’export e consentire  alla Banca Centrale Europea di operare come le altre principali  banche centrali quali   la  FED, la Bank of Japan, la Bank of England  e così via… purtroppo  la storia degli ultimi secoli ci fornisce  solo esempi  della predisposizione  tedesca verso i  disastri…..

Anche il Fondo Monetario Internazionale ha dovuto ammettere  che la ricetta dell’austerità, tanto cara alla Germania, ha fallito i suoi obiettivi : il taglio della spesa pubblica e l’inasprimento fiscale hanno provocato una depressione economica che ha reso ancora più difficile la soluzione della crisi debitoria dei paesi periferici.

Con il trattato di Versailles del 1919 vennero imposti  alla Germania enormi sacrifici per ripagare i debiti di riparazione della prima guerra mondiale. I’ economista  J.M. Keynes accusò i paesi vincitori di aver esagerato con le sanzioni perché la Germania non sarebbe stata in grado di assolvere ai suoi impegni  e quindi  prima o poi si sarebbe  vendicata , cosa che è avvenuta con l’avvento del regime nazista!

Ciò che portò al potere Hitler non fu l’iperinflazione della repubblica di Weimar, ma la disoccupazione di massa seguita alle politiche di austerità.

Oggi a parti invertite si sta rischiando di commettere il medesimo errore.

Anche in casa nostra chi riteneva in buona fede che l’euro potesse costituire quel vincolo esterno capace di costringere il nostro paese  all’ammodernamento del sistema produttivo e della Pubblica Amministrazione, si è sbagliato di grosso.  Prodi, Ciampi, Padoa  Schioppa e numerosi altri appartengono a questa categoria. Abbiamo approfittato malissimo del forte calo dei tassi sul debito pubblico grazie all’euro e non abbiamo mantenuto  la promessa che il paese sarebbe stato ben gestito, anzi abbiamo fatto aumentare la spesa pubblica e  i salari perdendo competitività.

Secondo studi recenti anche superando le enormi difficoltà dell’uscita dall’euro la boccata d’ossigeno immediata, cioè la conseguente svalutazione  della nostra nuova moneta stimata in un minimo del 30%, non riuscirebbe da sola a risolvere i nostri problemi di inefficienza e di scarsa produttività i quali dipendono da fattori strutturali e dalla mancanza delle vere liberalizzazioni ( mercato del lavoro, delle professioni, mercato dell’energia etc.).

Siamo incastrati in una situazione che ha solo due vie di uscita : o dichiariamo default sul debito e ci facciamo carico delle ricadute catastrofiche di entità imprevedibile  e che comunque non risolvono automaticamente le nostre inefficienze, o diventiamo velocemente molto più produttivi e competitivi nella produzione di beni e servizi  con una spesa pubblica ragionevole  un’ equità fiscale concreta.

In realtà esisterebbe anche un terzo scenario “ quello idilliaco” nel quale noi iniziamo a fare seriamente  e velocemente  i compiti a casa e  l’Unione Europea, contemporaneamente, si trasforma da unione monetaria e burocratica in motore di sviluppo economico e sociale per tutti i paesi europei predisponendo le condizioni per la realizzazione di una vera federazione europea….E questo non è né un discorso di destra e né di sinistra…Ma se consideriamo le attuali convulsioni del nostro sistema politico-istituzionale e le comprensibili preoccupazioni dei nostri partner europei  allora la “mission” è davvero “impossible”.

Mark Twain per smentire il giornale che ne aveva prematuramente preannunciato la morte srisse  “ i rumors sono stati gravemente esagerati”, nel caso dell’euro, in crisi ormai irreversibile per buona parte del mondo accademico, si può affermare il contrario : i rumors sono esageratamente sottostimati!!!

 

 

 

2 Responses so far.

  1. Il Libano infatti, a differenza degli altri paesi arabi limitrofi, non ha dato l’autorizzazione per istituire dei campi formali nei quali oltre a fornire un riparo, a monitorare bisogni e provvedere ai servizi alla salute sarebbe stato possibile mettere in piedi delle strutture temporanee per l’educazione dei minori.

  2. Io no, e poi quale moneta, la moneta che fa comodo ad uno solo di loro e che come cavallo di Troia, pian piano ci mette nelle mani di quel paese? Come sta già accadendo per altri paesi? Sembra anzi è ormai la moneta di uno stato imperialista, che impone attraverso quel capestro, le sue volontà, i suoi interessi e pian piano le sue truppe di invasione per il controllo delle scelte del paese che se ne pone nelle mani. Attenzione gente a ciò che stiamo rischiando!