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La sfida per l’eguaglianza

Scritto da Emanuela Medoro il 17 ottobre 2012
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GLI STATI UNITI D’AMERICA VISTI DALL’ITALIA

Una volta realizzate tutte le libertà possibili nel Nuovo Mondo, libertà di parola, pensiero, culto religioso, e, soprattutto, d’impresa, pare ora possibile discutere del secondo dei principi della rivoluzione borghese francese, l’eguaglianza, senza incorrere nell’ accusa di essere comunisti. Lasciamo perdere il terzo, la fraternità, per ora non è di questo mondo.

Una battaglia per l’eguaglianza si può definire  la sfida Obama – Romney che ha avuto luogo  il 16 ottobre 2012, a Hempstead, 50  km da New York, presso la Hofstra University, seguita da 70 milioni di americani.

I temi principali, occupazione, tasse, immigrazione e politica estera, sanità ed energia giravano tutti intorno all’assunto principale dei due contendenti: la visione “roosveltiana” dell’America democratica e solidale  difesa dal Presidente Barack Obama, questa volta in modo vivace ed appassionato, e quella conservatrice ed iper liberista di Mitt Romney,  secondo cui l’amministrazione ha distrutto posti di lavoro, ma, secondo lui, la riduzione delle tasse ai grandi ricchi e la piena libertà di movimento ne creerebbero miracolosamente 12 milioni. Teniamo presente che durante il primo dibattito Mitt Romney si allontanò parecchio dalle posizioni di estrema destra del Tea Party, a lungo sostenute precedentemente, spostandosi su posizioni più moderate a favore della classe media. Ricordiamo inoltre che la precedente presidenza repubblicana quella di George W. Bush si chiuse con i fallimenti delle banche e con la difficile situazione della General Motors, che fu  superata solo grazie ai generosi interventi dello stato federale.

Dunque ora la questione principale è  la distribuzione del carico fiscale: far pagare di più i ricchi, per dare alla classe media, oppure sgravare il carico fiscale dei grandi ricchi aggravando quello della classe media? Quale dei due sistemi sarebbe più utile per far crescere posti di lavoro  ed uscire definitivamente dalle secche della crisi incominciata alla fine del secondo periodo di presidenza di G. W. Bush?                

A distanza di tre settimane dal voto forse è utile ricordare il sistema di voto per quanto riguarda i candidati  e gli elettori. Per vincere la corsa alla Casa Bianca sono necessari 270 voti elettorali. I sondaggisti finora ne attribuiscono 237 ad Obama e 191 a Romney. Quindi il dibattito di oggi ed il terzo che avrà luogo fra una settimana,  si configurano come la battaglia per  gli incerti, che  ora sono il 3 o 4% degli elettori. 

I cittadini americani per diventare  elettori devono essere iscritti nelle liste elettorali. I Democratici comunicano di aver superato i Repubblicani nell’iscrizione dei nuovi votanti, e di aver aperto 798 nuovi uffici in tutti gli stati, almeno uno per stato,  più dei Repubblicani con soli 295 nuovi uffici.

La creazione di questo numerosissimo movimento di base è stato un grande sforzo di tutti gli americani democratici. In una lettera che aggiorna sui progressi compiuti per l’organizzazione dell’elettorato siamo informati su chi sono questi  elettori: fotografi, baristi, camerieri, controllori del traffico aereo, autisti, allevatori di api ed anche dog walkers, quelli che portano a spasso i cani.  Anche questo un bel quadro dell’America che lavora e produce, lontano anni luce da quello proposto da Mitt Romney, ricchissimo, con  capitali propri nelle isole Caymane.

E’ una sfida all’ultimo voto, sapremo presto cosa decideranno gli americani.