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Tira e Molla

Scritto da Carlo Di Stanislao il 9 ottobre 2012
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Diavolo di un Berlusconi, sempre pronto a sorprendere e scompaginare.

L’ultima novità è la sua “non candidatura” per favorire l’unità dei moderati, uno schieramento, ha detto durante una telefonata a Mattino Cinque,  che va “dall’Udc a Italia Futura di Montezemolo, da Sgarbi a Tremonti,  sino alla Lega”.

“Io posso lavorare – ha concluso – nell’ambito del movimento che ho creato dal 94 per dare un supporto, per formare i giovani. Vorrei dire che queste cose che ho sentito nei giorni scorsi come la “rottamazione dei vecchi” non esiste. Quello che ieri ha detto Alfano non è una notizia, lo avevo detto io in diverse occasioni. Eravamo al telefono ed io gli ho detto di insistere sull’ unione dei moderati e sulla possibilità che io per consentire ciò facessi un passo indietro”.

L’annuncio, come ricordato da lui stesso, era stato dato ieri dall’ex ministro della giustizia, ora segretario e, a giorni alterni, delfino,  Angiolino Alfano, con la Santanché di rinforzo che aveva dichiarato “Ora Casini deve dire da che parte sta”.

Ma Pierferdinando non cade nella rete e replica: “Accetto le sfide, ma non sono disposto a cadere negli inganni”, facendo chiaramente intendere che, anche accettando il progetto di riunire i moderati, lui non ha alcuna intenzione di andarlo a fare a destra, soprattutto non con tutto il Pdl e tanto per essere ancora più precisi, fa dire al fido  Roberto Rao, “unire i moderati è la nostra mission e abbiamo già realizzato il governo dei moderati pur partendo dall’opposizione. Adesso non sarebbe strategicamente sensato andare a destra per guidare un’armata divisa”.

Non si fida Casini (e con lui tanti altri) dei “tira e molla” del Cav e nell’attesa di scoprire la verità, pone condizioni ben oltre l’eventuale eclissi di Berlusconi: “In politica i problemi dei nomi vengono dopo i contenuti. Qui c’è un problema di sostanza, non di persone”.

La sostanza è che Casini con la sua Lista per l’Italia punta su “Monti dopo Monti”, tanto da dirlo forte e chiara al segretario del Pdl: “Caro Angelino devi capire che il governo Monti non è né un espediente né un incidente di percorso. Io so benissimo che non appartiene a nessuno, né all’Udc né agli altri partiti, ma non è un espediente”.

E in serata, a Otto e mezzo, ripete il concetto: “Il futuro del centrodestra è Monti. Per me i moderati italiani hanno un banco di prova che è il governo del professore. Ci sono tre principi: la Costituzione, l’Europa e l’agenda Monti. In rispetto di questi principi il lavoro di Monti va continuato. Al momento in Italia non c’è nessuno migliore di lui”.

Come nota su Il Messaggero Alberto Gentili,  il leader centrista sta ben attento a mischiarsi con un partito travolto dagli scandali, a cominciare dal Lazio-gate. E non ha alcuna intenzione, come dice Rocco Buttiglione, di “imbarcare gente come la Santanché o La Russa”.

Ora in casa Udc si gode allo spettacolo di un Pdl frantumato e si fa capire che un conto è cooperare con gente come Frattini o Alfano, altra con personaggi che si ritengono neanche presentabili.

Quanto al Pd, risolto lo spinoso problema delle regole alle primarie, si guarda allo sfascio del Pdl con soddisfazione, con gli ultrà di Berlusconi che lottano perché sia ancora lui a guidare il partito e i moderati che puntano ad altre ipotesi,  con lui fuori dai giochi.

“Per noi non cambia nulla, il Cavaliere è già un capitolo chiuso, un brutto ricordo del passato”, dicono nell’entourage di Pier Luigi Bersani, pur temendo, in fondo, che Casini possa allearsi davvero con la destra.

Anche perché i rischi di spaccatura anche fra le loro non sono risolti  con il doppio turno, albo degli elettori e patto di coalizione tra le forze che partecipano, con, in pratica,  chi perde che si impegna a sostenere il  vincitore.

In effetti, come ha commentato Veltroni, se Renzi tira dalla sua parte e i giovani turchi dalla loro,  c’è rischio di esiziali tensioni identitarie, per non parlare poi delle nuove polemiche fra Vendola e il giovane sindaco di Firenze, accusato da Fassina di copiare le proposte del primo e  che,  a “Che tempo che fa”, replica, parlando del leader di Sel, dicendo: “”Non so se si e’ candidato alle primarie per parlare di sé o per parlare male di me. E’ tutto il giorno che dice: Matteo qui, Matteo là. Se il liberismo che attacca Vendola e’ la finanza che invade la politica, la colpa e’ della politica. Certe leggi sono state fatte quando io ero ancora al liceo, mentre Bersani e Vendola erano già in Parlamento”.

E continua difendendosi con vigore dall’osservazione malevola che piace molto al centrodestra: ”Dopo Dell’Utri, la Zanicchi e la Minetti, che hanno parlato bene di me, manca solo Jack lo Squartatore. Se Pisapia non avesse preso i voti dei delusi della Moratti, non avrebbe mai vinto. E’ naturale sperare che qualcuno cambi idea. Se nelle primarie del centrosinistra ci sono stati dei caos, non sono stati per gli infiltrati della destra ma per i capipopolo della sinistra di Napoli. E non dico con chi stanno ora”.

A chi lo paragona a Tony Blair, il leader che ha rivoluzionato la storia del Labour party in Gran Bretagna, risponde: ”E’ l’unico dirigente della sinistra europea che ha vinto delle elezioni. A chi mi dice che somiglio a Blair io gli pago la pizza o la cena”. Per Renzi, essere di sinistra significa non guardare al futuro come minaccia e non creare ”casi su casi”.

E non basta circa gli screzi e le divisioni in casa Pd, dov’è anche polemica a distanza tra la maggioranza partito  e Vendola, che dichiara: ”L’agenda Monti e’ il passato. Non c’e’ una grande differenza tra l’agenda Monti e l’agenda Berlusconi. Penso che abbiamo bisogno di altro: abbiamo bisogno di giustizia sociale, perché l’Italia e’ un paese che sta morendo soffocato dalle politiche di austerity. Non potrò mai essere in una coalizione con Pier Ferdinando Casini, che rappresenta un’idea conservatrice che guarda al privilegio della cultura dominante”.

E’ una posizione che all’interno del Pd non piace a chi aveva chiesto a Bersani – Beppe Fioroni in testa ma anche Walter Veltroni – di lasciare la porta aperta al centro moderato per un eventuale accordo di programma.

Naturalmente, fra tira e molla ed infinite beghe, dell’unica cosa che gli italiani aspettano, i programmi, nessuno parla.

E allora non bisogna meravigliarsi se Grillo avanza e Celentano piace, nonostante le sue noiose e banali tirate, sia da San Remo che, ieri sera, dall’Arena di Verona, con Rock Economy, che fatto più di 9 milioni di spettatori.

Perché i suoi concioni incidono sulla pancia degli italiani delusi,  quando riguardano le tasse eccessive, la cancellazione del debito, la politica corrotta, assente e distratta.
L’indignazione e lo sconforto di noi italiani è tale che nessuno fa notare l’incongruenza di tirate moralistiche in uno show commerciale su una tv commerciale, dove si arriva ad incastonare l’economia,  in una scenografia da bar,  che appiattisce il discorso, impedisce la complessità, rende tutto alla stregua di osservazioni da uomo qualunque.

Ieri, attorno ad un tavolaccio di legno, Celentano,  i giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo e l’economista francese Jean Paul Fitoussi, erano davvero l’immagine di questa Italia.

Applauso mesto, perplessità del pubblico di fronte a un nome poco televisivo. “In Europa abbiamo un sistema di governance – dice Fitoussi – che non risponde ai cittadini e abbiamo dei governi nazionali che non hanno più potere. I popoli europei hanno perso il futuro. Per i nostri figli questo non va bene. Se lasciamo la società in questo stato di diseguaglianza la democrazia sarà finita”. Celentano fa i complimenti all’economista: “Tu parli chiaro”. E poi chiude: “Come si fa a dire agli operai ‘voi dovete spendere!’ quando invece non ci sono i soldi per arrivare a fine mese e aumentano le tasse?”.

La lezione di Fitoussi la interrompe Gianni Morandi. Entra in scena sulle note di Scende la pioggia, poi si accomoda al tavolo pure lui.

Il dibattito dura a fatica più di mezz’ora e poi la coppia Celentano-Morandi si ricongiunge, mentre gli italiani, all’Arena o davanti alla tv, sono ancora più arrabbiati e confusi., ma tutti dalla parte (senza sapere bene quale) del “molleggiato”.

Preferisco di gran lunga la commozione di Napolitano all’inaugurazione del “cubo” di Renzo Piano, quando dice che bisogno “ricostruire” ricordandoci di dignità e di passato.