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Occuparsi di occupare

Scritto da Carlo Di Stanislao il 1 settembre 2012
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I dati sono allarmanti, soprattutto quelli sulla disoccupazione giovanile, che a luglio ha raggiunto la cifra record del 35,5%, sicché, in termini bruti, le persone fra i 15 e i 24 anni che cercano (inutilmente) lavoro sono 618.000, con l’aggravante di un picco del 48% (una su due) per le giovani donne del sud, in crescita di 2,7 punti rispetto al 2011, mentre l’inflazione sale al 3,2%, mentre le retribuzioni crescono solo dell’1,5%.
Non crescono, invece, gli occupati stabili con, secondo l’Istat, un calo della componente maschile e un aumento di quella femminile ed tasso totale pari al solo 57,1%.
Osservando, poi, il numero di inattivi tra i giovani, alla fine del secondo trimestre di quest’anno, in Italia se ne contavano quasi sei milioni e mezzo, di cui più della metà al Sud.
Le differenze tra i valori assoluti mostrano rispetto ai primi tre mesi dell’anno un aumento complessivo di oltre 70 mila unità: a livello territoriale il Nord ha visto aumentare il numero di inattivi di quasi 109 mila unità (di cui circa 77 mila nel Nordovest), mentre il Mezzogiorno ha registrato una diminuzione pari quasi a 49 mila.

E’ tempo di risposte serie e concrete e non solo di tagli e promesse. Lo vuole l’Europa, sempre più preoccupata per la ripresa in Italia e gli italiani, che ormai sono stanchi di discorsi e paroloni sulla macroeconomia e gli spread.
Così Mario Monti accelera l’agenda per la crescita e, dopo una serie fittissima di riunioni con i suoi ministri, convoca le parti sociali, con l’obiettivo di portare le nuove misure entro un paio di settimane in Consiglio dei Ministri.
Già a quello previsto per il 5 settembre si potrebbe arrivare con un assaggio del cronoprogramma per dare attuazione alle misure già varate: decreti legislativi e regolamenti ancora da varare.
Ma il principale obiettivo è quello di sollecitare la ripresa del dialogo tra sindacati e aziende, per arrivare dalla via dei contratti di lavoro all’aumento della produttività.
Un’accelerazione, spiegano fonti di governo, che risponde a due esigenze: sul piano interno, dare segnali incoraggianti in vista di un autunno che rischia di essere fin troppo caldo; e, sul piano europeo, rassicurare i partner che l’Italia non ha intenzione di rallentare l’impegno sulle riforme.

Per mercoledì 5, alle 12, a Palazzo Chigi il governo incontrerà le associazioni datoriali: ABI, Ania, Alleanza delle cooperative, Confindustria, Rete imprese Italia, per la presentazione del documento “L`Italia e il futuro dell’euro e dell’Unione europea, le proposte delle imprese italiane”.
Invece i sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Ugl), che insistono su patto per l’occupazione e un intervento per la riduzione del peso fiscale sul lavoro ma anche sulle pensioni, “ saranno ricevuti a martedì 11, alle 16,30.
Quello che L’Europa si attende è la ripresa di un dialogo tra sindacati e imprese per migliorare la produttività delle aziende, con l’obiettivo di aumentare la competitività attraverso gli accordi sindacali, unica strada possibile in un momento di scarse disponibilità finanziarie.
Proprio per questo Monti ha trascorso l’intera giornata di ieri a palazzo Chigi, impegnato in tre diverse riunioni interministeriali, la prima delle quali per coordinare con i Ministri interessati “le modalità per sollecitare un dialogo che conduca a miglioramenti della produttività nelle imprese, nell`ambito del quadro predisposto dal Governo con le nuove iniziative per la crescita e le riforme strutturali volte al miglioramento della competitività“.

Come abbiamo più volte scritto, sarà, credo, necessario guardare ad altri esempi in Europa, come, ad esempio, a quello che sta già facendo (e non solo promettendo), Hollande in Francia: spingere le aziende ad assumere i giovani, con incentivi che arrivano fino al 75% dello stipendio, con un piano da 2,3 miliardi di euro, che dovrebbe garantire, entro il 2014, un impiego a 150mila disoccupati francesi di età inferiore ai 26 anni.
Questa la risposta francese al principale dei problemi attuali, che conta una percentuale di giovani non occupati preoccupante (23%), ma molto al di sotto di quella italiana.
Quello francese, comunque, non è l’unico modello esistente in Europa per spingere i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro.
Appena al di là del Reno c’è infatti anche il modello tedesco, basato principalmente su un utilizzo virtuoso dell’apprendistato e incentrato su stage o tirocini nelle aziende, che iniziano quando gli studenti tedeschi sono ancora minorenni.
E’ il cosiddetto Sistema Duale, basato sull’alternanza tra scuola e lavoro e sulla stretta collaborazione tra le imprese e il ministero dell’istruzione.
A giudicare dai numeri, si tratta di un modello che funziona abbastanza bene, visto che in Germania la disoccupazione giovanile è attorno all’8%, quasi un terzo della media europea e più o meno lo stesso livello che si registra in Austria, un’altra nazione che ha sposato pienamente il sistema duale.
Ma, come scrive su Panorama Andrea Telara, in un articolo molto più serio delle inutili trascrizioni delle intercettazioni a Napolitano, non sarà facile scegliere per il nostro governo, anche perché il modello francese è per le nostre casse troppo oneroso e l’idea di abbassare le tasse e i contributi sui salari dei giovani, avanzata la scorsa settimana dal ministro del welfare Elsa Fornero, è stata subito bocciata dal presidente del consiglio in persona, perché incompatibile con le politiche di rigore del governo.

Sembrerebbe quindi in pole-position il modello tedesco, che piace alla stessa Fornero, ma anche a Michele Tiraboschi, giuslavorista dell’Università di Modena ed ex-allievo di Marco Biagi.
Nell’ultima legge sul lavoro, infatti, è stata inserita dalla Fornero anche una riforma dell’apprendistato (già iniziata da Maurizio Sacconi, ministro del welfare nel governo Berlusconi), che si basa proprio su percorsi di formazione per i giovani.
Peccato, però, che il sistema tedesco, a differenza dell’interventismo pubblico di Hollande, richieda un bel po’ di tempo per essere applicato e per entrare a regime.

E, purtroppo, di tempo l’Italia non ne ha molto.