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Elogio dell’e-book

Scritto da Raffaele Miraglia il 1 settembre 2012
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Nell’ottobre del 1999 io e Rosella ci trovammo di fronte a un dilemma nel fare i nostri zaini.

Dovevano contenere tutto il necessario per un viaggio che sarebbe durato cinque mesi e dovevano essere leggeri e facilmente trasportabili.

Quanti e quali libri portare?

Avremmo girovagato per luoghi dove molto difficilmente trovavi in vendita un libro in italiano. E cinque mesi sono lunghi. Quante sarebbero state le ore in cui stavi ad aspettare un autobus o ti facevi trasportare da un treno lentissimo?

La prima decisione fu quella di portare libri che tutti e due avremmo avuto piacere di leggere. Si sa, i gusti sono molto soggettivi e non necessariamente coincidono, anche in una coppia.

La seconda decisione fu quella di portare libri che avremmo abbandonato lungo il cammino.

La terza decisione fu quella di fissare in dodici i libri necessari. Un volume e un peso accettabile.

Tamel è un quartiere di Kathmandu falso come l’ottone.

I nepalesi ci lavorano, i turisti ci vivono. Tutto è fatto a misura dei secondi.
Compreso, lo confesso, quella splendida terrazza dove facevamo colazione con cappuccino e croissant. Il miglior bar francese di Kathmandu.
E non potevano mancare negozi dove si vendevano libri usati in tutte o quasi le lingue.

Con una rapida contrattazione svendetti i libri che avevamo già letto e acquistai a caro prezzi dei libri che in Italia, probabilmente, mai mi sarebbe punta vaghezza di sfogliare.

Era passato un mese e mezzo dalla nostra partenza.

Nei primi giorni del 2000, dopo che il mondo aveva attraversato indenne il tanto sbandierato pericolo del millennium bug (scommetto che molti hanno dimenticato cos’era), entrai in uno negozio di Tangalla dove, nel buio quasi totale, ti aggiravi tra scaffali ricolmi di libri usati e un pò ammuffiti. Trovai i tipici libri da spiaggia e tra essi, però, un piccolo gioiello: La vigna di Salomone di Jonathan Latimer. Quando, dopo pochi minuti di lettura, scoprii cosa la fortuna mi aveva riservato non credetti ai miei occhi. E ancora mi si stringe il cuore al pensiero che quel negozio è certamente stato distrutto dallo tsunami.

Un mesetto dopo regalai due o tre vecchissimi gialli Mondadori, recuperati lì a Tangalla, ad una coppia italiana. Stavamo, in beata solitudine, godendoci la spiaggia di Chaungta Beach in Birmania. Lui, scherzando, mi disse “Letture impegnate, vedo”. “Di meglio non si trovava in Sri Lanka” gli spiegai.

Alla fine, nonostante un rifornimento in quel di Bangkok, io e Rosella ci piegammo a leggere libri in una lingua straniera.

E’ passato più di un decennio da allora e, come all’epoca scoprimmo le e-mail, ora, in vista di un nuovo – ma più breve, ahimè – viaggio, abbiamo scoperto gli e-books e quel piccolo aggeggio creato apposta per leggerli.

Niente più pesi, niente più necessità di scegliere libri strettamente condivisibili, e, addirittura, risparmio. Ora di libri te ne puoi portare dietro quanti ne vuoi.

Se non l’avessi già letto in versione cartacea, mi sarei scaricato, per ricordare i vecchi tempi, La dama della morgue di Jonathan Latimer.

Ai puristi del “Un libro può essere solo di carta” ricordo che anche le lettere erano solo di carta e, ora, anche loro le scrivono quasi esclusivamente di byte.