La posizione della sua casa era magnifica,
si poteva vedere dal balcone
mezza città, stava al piano alto
d’uno dei grattacieli. A volte il vento
aveva risonanze sconfortanti
e insinuava brutte reminiscenze
torbidi momenti d’inappartenenza.
Tutto sommato però non doveva fare sforzi
per guardare come vivevano quelli di fronte:
una marea di abitudini buffe,
un indaffarato via vai di gente, e i salotti
le cucine i bagni: vite che si mischiavano alla sua
e qualche volta volevano confonderlo.
Da ABITARE LA CECITÀ – Edizioni Lepisma, Roma 2011