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Atleta o oggetto di marketing?

Scritto da Domenico Mattiaccia il 6 gennaio 2012
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Nel 1931, nel pieno della Grande Depressione, Babe Ruth, il miglior giocatore di Baseball di quell’epoca, guadagnava 80.000 dollari l’anno. Uno stipendio da capogiro, perfino per un fuoriclasse dello sport più popolare degli Stati Uniti. Si narra che un giornalista chiese a Babe Ruth se pensava fosse giusto essere pagato più del Presidente Herbert Hoover, che aveva uno stipendio di 75.000 dollari; la risposta dell’atleta fu: “ Evidentemente ho avuto una stagione migliore della sua”.

Nel 1931 con 10 cent si comprava un gelato e con 25 cent un biglietto per il cinema; poiché i prezzi di allora erano molto bassi, non si può capire se il tenore di vita del campione di un tempo sia molto diverso dai campioni di oggi e nemmeno quanto era sfruttato nel marketing sportivo.

Il 1931 è due anni dopo il crollo di Wallstreet e gli USA non se la passavano bene. Quindi il mondo non se la passava bene. Ma evidentemente lo sportivo non era in crisi. Anche oggi siamo in recessione; la crisi si fa sempre più dura. Ma anche oggi, lo sportivo non sembra essere in crisi. Se Babe Ruth fosse oggi uno dei giocatori di una squadra di MLB, allegato al contratto con la franchigia, avrebbe anche una lunga fila di aziende pronte a mettere la sua faccia su scatole di cereali o sull’etichetta di una bevanda.

I Babe Ruth di oggi, sono prima marchi, poi atleti. Il primo ad aprire questa nuova corrente fu Michael Jordan. Non gioca più da anni, ma il logo di lui che vola a canestro è ancora simbolo di uno sport e di una nota marca di abbigliamento sportivo. Sull’onda Jordan, i migliori atleti di oggi sono diventati interi cartelloni pubblicitari viventi; le due case di abbigliamento sportivo si dividono Cristiano Ronaldo e Messi i campioni del calcio. Allo stesso tempo, lottano per assicurarsi Kobe Bryant e LeBron James. Per non parlare delle stelle della NFL e MLB, sport americani per eccellenza, dove i contratti di sponsor sono tra i più redditizi per gli atleti.

Ma se andiamo ad analizzare i pagamenti incassati dagli sportivi dai rispettivi sponsor, in cima alla classifica c’è Tiger Woods. Già, proprio lui, quello dello scandalo sessuale in un’America eticamente corretta, dove un Presidente si dimise per un tradimento coniugale.

E Tiger Woods cosa fece dopo essere beccato con le mani nella marmellata?! Anzi, cosa perse a livello d’immagine?!

Il golfista più famoso al mondo, non vince una gara da oltre due anni ed è precipitato 50esimo nel ranking mondiale dei golfisti. Però, nelle classifiche degli sportivi più pagati è sempre in testa. Stacca di molto i vari Federer, Beckham, Kobe Bryant, LeBron James, C.Ronaldo e Messi. E nonostante lo scandalo ha ricominciato a firmare contratti di sponsorizzazione. Quindi Tiger è tornato la macchina da soldi che era.

Trovare una logica nel comportamento del marketing sportivo non è scontato; “Se fanno qualcosa che va contro la loro immagine, la loro capacità di monetizzare sul brand diminuisce. Non è così difficile”, disse il general manager di una nota agenzia di sponsorizzazione sportiva.

In realtà non è così semplice. Quando Tiger si schiantò contro un idrante, dal quale, oltre all’acqua, uscì una lunga lista di amanti, egli perse cinque degli sponsor più redditizi, oltre alla moglie. Da li la rovinosa caduta nei risultati sportivi e la perdita di altri sponsor che facevano dell’atleta il simbolo del campione imbattibile, come lo era il prodotto pubblicizzato.

Oggi, a distanza di anni dal fattaccio, è tornato in testa alla classifica degli atleti più pagati. Ma il danno subito fu grosso.

A smentire la tesi che l’immagine sia direttamente proporzionale alla perdita di sponsor c’è il caso Phelps: il nuotatore americano, prima delle Olimpiadi di Pechino, fu fotografato mentre fumava da una pipa normalmente usata per la marijuana. La sua immagine non perse colpi aiutata dalle numerose medaglie d’oro conquistate a Pechino. Il nuotatore mantenne immutata la sua lista di sponsor personali.

Risulta difficile spiegare il comportamento del marketing sportivo, ma probabilmente, ancora oggi, abbiamo Tiger Woods che guadagna più di Obama ed entrambi non stanno avendo gli stessi rendimenti dei primi tempi.