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La Torre di Babele al tempo di internet

Scritto da Emanuela Medoro il 1 dicembre 2015
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Un gruppetto di insegnanti volontari di italiano, lingua straniera, cercano di muoversi in una babelica confusione per tentare di dare un po’ d’Italiano, quello necessario per la sopravvivenza nel nostro paese, ad un gruppo di richiedenti asilo politico, in fuga dall’Africa e dall’India, attualmente ospitati presso la Casa di Celestino, in San Bernardino Nuova.

Gruppo di stranieri estremamente disomogeneo per età, provenienza geografica e cultura di base. Cultura in senso ampio, tradizioni, credenze, fedi, ma in questo caso contano soprattutto scolarizzazione ed alfabetizzazione. Finora è chiaro che solo alcuni riescono a capire il nostro alfabeto per leggere e scrivere, sono quelli che hanno studiato in scuole di paesi dove si usa l’Inglese come seconda lingua. Altri stentano anche a copiare l’Italiano.

E allora come comunicare qualcosa? Esempio: come far capire le parole ed il significato delle nostre quattro stagioni a gente che conosce la stagione delle piogge e quella della siccità?   Oppure, veramente riteniamo utili e necessarie le funzioni comunicative tradizionalmente studiate fino a tempi recenti su tutti i libri di lingue straniere? Le parole lettera, francobollo, vaglia postale, lettera raccomandata etc. servono ancora nel mondo dei telefonini miracolosi che trasmettono tutto? Del tutto inutile, oggi, ed anche difficilissimo, il modo di esprimere l’ora in italiano, le dodici e dieci, l’una meno venti e simili. Tutti i telefonini dicono che giorno è e che ora è. Sparisce anche l’unità didattica in cui si imparava a chiedere e dare indicazioni nello spazio, es: cammina dritto, svolta a destra e poi a sinistra. Ci pensa il GPS, il sistema che dà indicazioni stradali in qualunque punto del pianeta. Al ristorante oggi trovi la fotografia dei piatti e puoi fare un ordine semplicemente indicando un numero; al super mercato puoi comprare tutto senza dire o capire una parola, neppure i numeri, il conto compare scritto sullo schermo della cassa.

In breve, insieme e al di sopra della babele delle tantissime lingue europee ed extraeuropee  he oggi  sentiamo  parlare in Italia, c’è un particolare tipo di linguaggio unificante, figlio della scienza e della tecnologia che ha diffuso l’uso di strumenti elettronici che forniscono le informazioni necessarie a soddisfare ogni tipo di curiosità per mezzo di immagini, numeri e simboli comprensibili da tutti, soprattutto dai giovani, di qualunque provenienza e cultura.

E allora, che fare? Quali argomenti di comunicazione saranno necessari per i nostri studenti, futuri lavoratori in Italia? Qualche suggerimento viene proprio da loro. I più volenterosi, evidentemente abituati a studiare sui libri, spontaneamente hanno scritto sui loro quaderni liste di frasi scegliendole dal libro di testo, hanno trovato la traduzione nelle loro lingue sul traduttore universale di Google, e l’hanno copiata. Chiedono a noi il suono e la pronuncia in italiano, e qualche generica spiegazione sul significato e l’uso. Oppure fanno delle domande: “Io sono lo studente, devi rispondere alle mie domande!” Ok, difficile allora organizzare una lezione con un principio ed una fine, questa diventa un insieme di informazioni scollegate fra di loro, anzi collegate solo dalle richieste degli studenti.

Come può cavarsela oggi un insegnante di italiano per stranieri che opera per gente che sogna di trovare lavoro in Italia, un lavoro qualsiasi purché retribuito? E’ quello che sto cercando di capire. Finora di una cosa sono certa, che bisogna gettare dei semi, senza pensare che la pianta debba spuntare in tempi brevi, con immensa fiducia nelle capacità espressive della mente umana, che non disperde nulla e rielabora tutto, secondo tempi e modi individuali.