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L’amarone

Scritto da Piero Valdiserra il 1 dicembre 2015
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La vulgata ormai corrente vuole che l’Amarone, come lo conosciamo oggi, sia un frutto meraviglioso e insperato della serendipità, cioè della felice scoperta accidentale. Pare infatti che, a metà degli anni Trenta del secolo scorso, un capo cantiniere veronese di nome Adelino abbia trovato in un seminterrato una botte dimenticata. Le altre erano state tutte travasate, ma questa, polverosa e panciuta, rivelava dal suono di essere ancora piena. Adelino pensò quindi che fosse vino da buttare, ma all’assaggio si rivelò un elisir maschio, possente…amaro, anzi amarone!

Di “vino amaro”, sulle coline veronesi, si era parlato in realtà fin dai tempi di Catullo (primo secolo avanti Cristo), e molti documenti ne diedero testimonianza copiosa nelle epoche successive. Fino a pochi decenni fa, tuttavia, la decisa secchezza del vino era considerata un difetto, e il prodotto veniva conseguentemente scartato, risultando al gusto medio una bevanda non gratificante, buona tutt’al più per marinature e preparazioni gastronomiche.

La prima commercializzazione dell’Amarone per scelta, e non per fortuna, avvenne così soltanto a partire dal 1953: il vino ottenne subito un grande successo, anche se presso un pubblico relativamente ristretto di appassionati. Bisognava attendere l’ultimo decennio del XX secolo, e la generale rivalutazione del consumo dei vini rossi, per assistere a una vera e propria esplosione delle vendite, in Italia e soprattutto sui mercati internazionali. È del 1996 la celebre definizione che dell’Amarone diede “The Wine Spectator”, la bibbia enologica mondiale, quando si riferì al campione dei vini scaligeri chiamandolo “il gigante gentile”.

E l’ossimoro di gigante gentile è la sintesi forse ideale di questo nettare straordinario: ottenuto dalle migliori uve rosse della Valpolicella veronese (Corvina, Rondinella, Molinara, a volte Negrara), fatte appassire durante un periodo di parecchie settimane, l’Amarone ha colore intenso ma generoso, profumo speziato ma ancora vibrante, corpo pieno e possente senza rinunciare alla suadenza e al velluto. Un vino sicuramente imponente, ma privo dell’ aggressività dei normali pesi massimi enologici; al contrario è morbido, intrigante, persuasivo.

L’importanza espressiva e strutturale dell’Amarone è tale che non è facile abbinarvi dei piatti che non siano cacciagione o formaggi erborinati, correndo il rischio che il vino prevalga sul cibo se quest’ultimo non ha un impatto gustativo equivalente. Si può però degustarlo tranquillamente anche a fine pasto, come se fosse un vino da meditazione, alla stregua di un Porto o di uno Sherry.

Queste caratteristiche, sostenute da un’attenta valorizzazione del territorio e da una strenua, incrollabile dedizione di tutti i vitivinicoltori veronesi, hanno condotto l’Amarone alla conquista della prestigiosa D.O.C.G., e lo hanno progressivamente lanciato sui mercati di tutto il mondo. Le cifre parlano chiaro: solo fra il 2005 e il 2010 – anni di congiuntura non particolarmente brillante – i volumi prodotti sono cresciuti ben oltre il 20%. A conferma del fatto che il gigante gentile ha oggi un passo spedito e regolare!