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Lussemburgo: una meta imperdibile

Scritto da Raffaele Miraglia il 1 novembre 2015
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Caro lettore, rispondi con sincerità a questa domanda.
Ti è mai capitato di esclamare “Voglio andare nella capitale del Lussemburgo. Dev’essere una città meravigliosa!”?

Non ti è mai successo? Allora non ha mai letto un giallo di Thomas Hillenbrand, che descrive quella capitale come un piccolo, inestimabile, gioiello, da percorrere e ammirare gioiosamente.

Precisato, ad onore del giallista, che il vecchio quartiere e le fortificazioni di Lussemburgo, la capitale del Lussemburgo, sono inclusi tra i siti “Patrimonio Universale dell’Umanità dell’Unesco”, è pur vero che se sei quel lettore di gialli che esige una trama impeccabile, fatti altamente verosimili e scioglimento dell’intrigo a prova di bomba, allora Hillendrand non fa per te. Potrà mai amare il verosimile uno scrittore che elegge a proprio detective uno chef che, dopo aver lavorato in ristoranti stellati, si è votato alla cucina tradizionale del Lussemburgo e che, nei ritagli di tempo concessigli dagli orari infernali di un ristorante, risolve omicidi inesplicabili? Certo che no, ma quello scrittore può avere il dono di una scrittura fluida e scorrevole e di un sanissimo senso dell’umorismo. E già questo dono, anzi, queste doti sono merce, non dico rara, ma non comune.

Ha un altro pregio Hillendrand. Di gialli in cui il cibo è parte, se non essenziale, certamente molto importante, sono pieni gli scaffali delle librerie. Da Nero Wolfe a Pepe Carvalho, per finire dalle parti di Montalbano, sempre più numerose pillole di una vera e propria enciclopedia gastronomica si sono insinuate nei gialli, che prima vivevano solo di whisky e di hamburger ingoiati in fretta al bancone di un bar-ristorante (per tacere del chili tanto caro al tenente Colombo). Di libri in cui il cibo è lo strumento usato dall’assassino ce ne sono un po’ meno e, in genere, si ritrovano nelle collane dei classici. Come dimenticare la polvere d’edera de Il verdetto dei tredici di Postgate e l’avvertenza scritta dall’autore “I tossicologi noteranno un errore a metà della Parte Seconda. Si tratta, per ovvi motivi, di una scelta intenzionale; non desidero pubblicizzare un facile modo di sbarazzarsi dei bambini indesiderati”? I gialli che avvolgono tutta la loro trama attorno al cibo sono veramente rari. Quelli di Hillenbrand sono tra queste rarità.

Si diverte lo scrittore a snocciolarci, mano a mano, i nomi dei piatti tipici lussemburghesi, come se tutti noi li conoscessimo bene. Questa però è solo una delle tecniche per un’impeccabile mise en place. Sia Frutto del diavolo sia Oro rosso, i due gialli per ora disponibili in italiano (ma certamente giungeranno le traduzioni di Letze Ernte e di Todliche Oliven), ruotano attorno al cibo e all’industria del cibo. E, non dimentichiamolo, il Lussemburgo è una delle tre sedi delle istituzioni europee e gli alimenti sono uno degli oggetti più attenzionati, per usare un gergo poliziesco, dall’Europa. Così succede che il funzionario europeo Pekka Vatanen, cliente assiduo del ristorante Deux Eglises, a tal punto da essere diventato un amico dello chef-investigatore Xavier Kieffer, diventi una presenza costante. Inutile dire che personale Eu, specializzato nel settore alimentare, fornirà utili e indispensabili notizie per la soluzione dei casi.

E’ così che Hillenbrand ci fa passeggiare attraverso le bellezze di Lussemburgo (con una particolare attenzione alle casematte) e ci conduce attraverso i misteri e gli intrighi dell’industria alimentare. Nel secondo romanzo troveranno posto anche la mafia siciliana e la pesca del tonno rosso.

Qualche anno fa suggerii al lettore amante dei gialli di mettersi A tavola con Chen Cao ( http://www.faronotizie.it/pdf/2007/2007_04/A%20TAVOLA%20CON%20CHEN%20CAO.pdf). Ora non suggerisco certo di provare le gromperekichelcher, il piatto tipico lussemburghese preferito dal nostro chef-investigatore, specie a chi ha un tasso di colesterolo alto, ma, anche a lui, mi permetto di segnalare questi piacevoli libri gialli.

Magari, caro lettore, verrà anche a te, alla fine, voglia di visitare il Lussemburgo, provare l’housenziwwi e, al tempo stesso, caro lettore, alzerai la tua soglia di diffidenza nei confronti di chi attorno al cibo costruisce fortune industriali o artigianali, magari utilizzando parole/frasi-mantra come genuino e a chilometro zero.