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Il whiskey irlandese

Scritto da Piero Valdiserra il 1 novembre 2014
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Da sempre gli irlandesi contendono ai cugini di Scozia la primogenitura della produzione di whiskey (scritto con la “e”, per distinguerlo anche graficamente dal distillato scozzese). La rivendicazione degli abitanti dell’isola di smeraldo trae origine dalle imprese degli antichi monaci irlandesi, che nei primi secoli dopo Cristo percorsero l’Europa in lungo e in largo per diffondere la loro fede e che appresero l’arte della distillazione, pare, in Oriente, dove la si usava per la preparazione dei profumi. Una leggenda vuole che lo stesso San Patrizio, patrono d’Irlanda, nel quinto secolo abbia portato con sé dall’Egitto uno strano macchinario, l’alambicco, subito riconvertito dai suoi confratelli con l’obiettivo di distillare l’antenato del whiskey di oggi.

Comunque sia andata, nel Medioevo il whiskey irlandese si diffuse grazie soprattutto alle sue asserite virtù  medicinali. La sua menzione apparve per la prima volta in alcuni documenti scritti del XVI secolo, quando i re Tudor cominciarono a consolidare il controllo inglese sull’Irlanda. Nel 1661 l’imposizione di un dazio ebbe lo stesso effetto sia in Irlanda sia in Scozia, vale a dire l’immediato avvio di una produzione clandestina; ciò tuttavia non valse a frenare il diffondersi della distillazione, al punto che alla fine del Settecento si contavano più di duemila alambicchi operanti su tutta l’isola.

Sul finire dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento, il whiskey irlandese poteva considerarsi il distillato più importante non solo entro i suoi confini domestici, ma anche in Inghilterra, vantando inoltre vendite molto consistenti pure negli Stati Uniti. Quando però il Proibizionismo nordamericano negò l’accesso al più grande mercato all’esportazione del whiskey irlandese, molte delle distillerie più piccole chiusero i battenti. Non appena il Proibizionismo fu revocato, gli irlandesi ancora in attività non furono pronti a riprendere immediatamente le loro forniture oltre Atlantico, e vennero scavalcati dalla maggiore intraprendenza degli scozzesi. La Grande Depressione degli anni trenta, il divieto di commercio fra la nuova Repubblica d’Irlanda e il Regno Unito e la Seconda Guerra Mondiale determinarono il tracollo definitivo del settore isolano della distillazione.

Le travagliate vicende storiche degli ultimi cento anni, ricche di fallimenti, fusioni e acquisizioni,  spiegano ampiamente l’attuale, fortissima concentrazione produttiva del whiskey irlandese, che oggi è distillato soltanto in tre grandi impianti multimarca, due al nord e uno all’estremo sud dell’isola. La materia prima di base che viene impiegata in questi stabilimenti è l’orzo, maltato o al naturale, che il clima irlandese – umido senza essere troppo freddo – consente di ottenere facilmente e in gran quantità; altri cereali che possono concorrere alla distillazione sono l’avena, il grano e la segale. A dispetto dei grandi giacimenti di torba presenti nell’isola, gli irlandesi di regola non se ne servono per alimentare i loro forni, e quindi il prodotto finito non denota, se non eccezionalmente, quel sentore di affumicato così comune in Scozia: per questo il whiskey irlandese al profumo e al sapore è generalmente gradevole e molto rotondo. La distillazione avviene in alambicchi di grandi dimensioni, e viene fatta tre volte (due in Scozia): il triplo processo non è esclusivo dell’Irlanda, ma è certamente piuttosto insolito nel resto del mondo, essendo più difficile da padroneggiare. L’invecchiamento in fusti di quercia è l’ultima fase della lavorazione, e la sua durata minima è di tre anni.

Al pari della birra, il whiskey è bevanda nazionale d’Irlanda. Come lo si degusta? Solitamente viene servito liscio, senza ghiaccio, accompagnato però da una piccola caraffa d’acqua naturale, in modo da poterlo diluire a piacere. Nel nord dell’isola si può bere l’hot whiskey: su due dita di distillato si versa acqua bollente, e si aggiungono quindi un chiodo di garofano, succo di limone e zucchero. Per chi ama il bere miscelato una ricetta classica è infine quella dell’irish coffee: whiskey irlandese, caffè caldo, crema di latte e un cucchiaio di zucchero di canna, per un after dinner davvero ineguagliabile!

Nel corso della sua storia il whiskey irlandese ha avuto grandissimi estimatori, come la Regina Elisabetta I, Sir Walter Raleigh e lo Zar di tutte le Russie Pietro il Grande. Oggi, pur se meno ricercato, mantiene una sua nicchia internazionale di fedelissimi appassionati. Qualche marca da annotare? Jameson, Bushmills, Tullamore Dew, Paddy, Connemara, Power, Tyrconnell, Teeling.