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L’angostura

Scritto da Piero Valdiserra il 1 ottobre 2014
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Se siete al bar all’ora dell’aperitivo o dell’happy hour, date un’occhiata dietro al bancone, dove il barman tiene le sue bottiglie e tutti i suoi ferri del mestiere: accanto a bicchieri, coppette, cucchiai e colini vedrete senz’altro una bottiglietta piccola, scura, dall’incarto bianco e sovradimensionato. Non potete sbagliarvi: si tratta di Angostura.

Lasciateci fare un salto indietro nel tempo di circa due secoli. Siamo nel 1820. Un giovane medico prussiano di nome J.G.B. Siegert, che ha prestato servizio nelle guerre napoleoniche europee, si trasferisce in Venezuela e si pone sotto le bandiere dell’esercito liberatore di Simon Bolivar. Il giovanotto è acquartierato nella città fluviale di Angostura (letteralmente: “restringimento”), che prende il proprio nome dall’essere situata in uno dei luoghi in cui il grande fiume Orinoco si restringe. Uno dei problemi sanitari più urgenti per Siegert consiste nel trovare un valido rimedio per alleviare i disturbi di stomaco che angustiano i soldati. Il medico dedica quattro lunghi anni a ricercare e ad analizzare le virtù delle piante tropicali, e finalmente nel 1824 perfeziona il suo “bitter”, destinato a stimolare l’appetito e la digestione dei militari. In onore della città in cui ha condotto i suoi esperimenti, Siegert chiama Angostura il suo elisir; e dal centro fluviale sull’ Orinoco, già diventato porto commerciale importante e visitato da navi di tutto il mondo, i marinai cominciano a portare con sé nel loro viaggio di ritorno le brune bottigliette di amaro aromatico digestivo.

Nel 1850 Siegert si congeda dall’esercito venezuelano, e si dedica alla produzione e alla diffusione del suo Angostura. Il primo grande successo arriva nel 1862, dopo l’esposizione mondiale di Londra, dove per la prima volta il bitter aromatico viene impiegato nella preparazione di bevande miscelate: straordinario è soprattutto il successo del pink gin, il gin rosa, nel quale il tradizionale distillato di ginepro viene addizionato con una spruzzata di Angostura (da cui l’accattivante colore rosa).

Nel 1870 Siegert muore; i suoi familiari, per sfuggire all’instabilità politica del Venezuela, si trasferiscono nella vicina isola di Trinidad, dove proseguono la redditizia attività produttiva di famiglia che dura ancora oggi.

Che cosa contiene la piccola bottiglia di colore scuro chiamata Angostura, con quell’etichetta dall’aspetto un po’ rétro che la fa sembrare quasi una preparazione farmaceutica? Contiene una miscela di rare erbe e spezie tropicali, usata in piccolissime quantità per aromatizzare e per insaporire. La sua formula di produzione, che è ancora quella originale di Siegert, è tenuta segreta, ed è gelosamente custodita in una banca di New York. Solo quattro persone, si dice, ne sono a conoscenza. Sentite che cosa afferma Dom Costa, in un suo colorito testo sull’argomento: “Circa venti anni fa l’inchiostro dei documenti ufficiali cominciò a sbiadire, e dopo un’accurata trascrizione in un luogo segreto, il documento con la formula venne diviso in quattro, chiuso in buste separate, sigillate con ceralacca e inviate alla banca di New York, una dopo l’altra, solo dopo avvenuta conferma di ricevimento della precedente, e depositate in una cassetta di sicurezza senza essere state più aperte”. Una storia degna del miglior legal thriller, non c’è che dire.

Di colore fulvo scuro, dall’aroma composito di frutti, erbe e spezie, il bitter aromatico Angostura viene utilizzato sotto forma di gocce a causa del suo gusto molto forte, così deciso da non poter essere apprezzato liscio. In tutto il mondo Angostura è protagonista indiscusso del bere miscelato: moltissime sono le grandi ricette nel bicchiere che non possono fare a meno del suo tocco enfatizzante, dal Manhattan al Manhattan Dry, dallo Champagne Cocktail all’Old Fashioned, dal Mai Tai al Rob Roy. Anche i cocktail più alla moda possono avere uno sprint in più da un goccio di Angostura: per esempio il Cuba Libre, il Mojito o il Singapore Sling.

Non è finita. Potete usare Angostura anche in cucina, sugli arrosti di carne, sul pesce o sui crostacei; oppure potete centellinare il bitter aromatico come una specie di aceto balsamico centroamericano, ad esempio sulla frutta caramellata o sul gelato. Last but not least, un tocco di Angostura può dare un brio inconsueto anche al classico caffè di fine pasto.

Per concludere vi abbiamo tenuto in serbo l’angolo della serendipity, cioè della felice scoperta casuale. Un piccolo aneddoto curioso riguarda l’ampia etichetta chiara che ricopre interamente ogni bottiglietta di Angostura, per far sì che il prezioso contenuto non prenda luce. Sembra che per errore la prima tipografia avesse stampato uno stock di etichette più grandi del normale, le quali però vennero usate ugualmente, destando così l’interesse della clientela – che pensò si trattasse di una bizzarra trovata pubblicitaria. L’idea dell’etichetta di dimensioni eccessive piacque ai dirigenti della società, tanto che venne adottata come standard: e tale è stata mantenuta nel tempo, diventandone così una caratteristica inconfondibile del packaging.